Catetere nel corpo per due anni

Così un'anziana ha vissuto nella casa di riposo lager

LANCIANO. Due anni con un catetere mai rimosso. Si era incarnito nel corpo di una signora di 85 anni che ieri è stata operata d'urgenza. Per l'urologo non era mai stato estratto né pulito. La "Casa dell'anziano" appare sempre di più per quello che era, un luogo di sofferenza.

La storia agghiacciante la racconta la nipote della protagonista, la signora Rosina, che dopo l'arresto della direttrice della casa di riposo, Eva Bucciarelli, e della figlia Arianna Di Tommaso, accusate di maltrattamenti, ha trasferito l'anziana zia in un'altra struttura.

«Sono state le suore ad accorgersi di questa cosa tremenda», spiega la donna, «provando a sfilare il tubicino del catetere hanno visto che non veniva via nemmeno tirando con forza, perché era diventato tutt'uno con la carne».

La signora Rosina era entrata nella casa di riposo di contrada Santa Giusta sulle sue gambe, nel luglio del 2008, e il suo unico problema di salute era una leggera gastroenterite. «Ma subito la la Bucciarelli diede disposizioni affinché le fosse applicato il catetere, e ora abbiamo scoperto che da allora non le è mai stato estratto dalla vescica».

L'operazione.
L'anziana è stata portata d'urgenza nell'ospedale Renzetti, dove ieri pomeriggio le hanno estratto il catetere che si era calcificato nella vescica. L'urologo ha detto ai familiari che quel tipo di strumentazione non era stato mai rimosso dal corpo della donna, per due anni. Mai sostituito. Con tutte le conseguenze che ne derivano, anche a livello di gravi infezioni.

Lo stupore.
Ora i familiari si chiedono in che modo siano stati effettuati in questi anni i controlli sanitari e chi ne sia responsabile.

«Mio fratello ed io andavamo a trovarla almeno tre volte a settimana, e solo ora ci rendiamo conto di quanto fosse assurdo che in due anni non ci abbiano mai permesso di entrare nella sua camera, né in nessun'altra area comune, come la mensa», continua la nipote, «la prelevavano e la portavano nella saletta deputata agli incontri, senza eccezione».

Lo stesso rito si ripeteva per gli altri ospiti, come nel caso di un uomo di 86 anni arrivato nella struttura molto malato, tanto da essere deceduto da lì a pochi giorni. «Anche nel nostro caso», racconta il figlio, «non ci hanno mai fatto andare nella stanza, prendevano mio padre, che non si reggeva in piedi, lo mettevano sulla carrozzina e lo spingevano fino all'atrio».

La fame.
«Nei brevi incontri con i parenti, mia zia chiedeva spesso qualcosa da mangiare, così le portavamo dei biscotti, fino a quando la direttrice ci ha affrontati a brutto muso, intimandoci di smettere altrimenti ci avrebbe denunciati». Angherie quotidiane che potevano sembrare attenzioni particolari, segno di scrupolosità, «ma che guardate col senno di poi fanno spavento».

La signora Rosina ha continuato ad avere fame, e a versare ogni mese alla Bucciarelli 1100 euro.

Il gomito gonfio.
Nemmeno un gomito in evidente stato contusivo ha raccolto la sperata credibilità. L'anziana infatti aveva detto ai nipoti di aver dormito per terra e di essersi fatta male sbattendo il braccio contro il muro. Una storia tanto assurda da non essere stata presa sul serio.

Gli stessi parenti che non le hanno creduto ora vogliono giustizia, e in attesa di ottenere tutti i referti, hanno incaricato l'avvocato Marco Di Domenico perché segua il caso.

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