«Chiodi contro il teatro»

Il Pd accusa: fa soltanto gli interessi del Teramano.

CHIETI. Un attacco frontale in nome del teatro. Il Pd non le manda a dire al governatore Gianni Chiodi nell’ennesima puntata dell’aspro botta e risposta sul ritardo nel versamento dei fondi dovuti per legge al Marrucino. «Chiodi vuole far chiudere il teatro», è la sostanza dell’intervento del segretario cittadino e del capogruppo consiliare del Pd, Chiara Zappalorto e Tiziano Viani. «Il Partito democratico di Chieti è seriamente preoccupato per l’atteggiamento campanilistico della giunta regionale per i tagli dei trasferimenti al teatro Marrucino. E’ chiaro», accusano Zappalorto e Viani, «che, a parte la presenza dell’assessore alle politiche agricole Mauro Febbo, la città e i suoi interessi rischiano di non essere tutelati da una giunta composta per lo più da rappresentanti del Teramano e da un assessore alla cultura di Teramo, Mauro Di Dalmazio, che hanno tutto l’interesse a rafforzare il teatro nella loro città e da un assessore al bilancio di Pescara, Carlo Masci, città per la quale esiste un progetto di realizzazione di un teatro.

Ad accentuare questa preoccupazione concorrono anche le parole del presidente Chiodi del 13 maggio 2008, quando», ricordano, «da sindaco di Teramo, dichiarava alla stampa che il finanziamento del teatro teatino poteva considerarsi un “un atto di gravità assoluta” e invitava i consiglieri “a non dare la propria approvazione al provvedimento” di finanziamento a sostegno dell’ente lirico d’Abruzzo». In attesa della prossima puntata, ma intanto il teatro è paralizzato e migliaia di appassionati sono in attesa della programmazione, la querelle registra l’intervento dell’ex direttore artistico Sergio Rendine, autore di alcune delle iniziative più brillanti del teatro Marrucino, andato via pochi mesi dopo l’insediamento della nuova giunta comunale. Rendine replica al successore, il maestro Gabriele Di Iorio, che ha risposto per le rime alle accuse del centrodestra.

«Caro Di Iorio, sostieni che non sono andato via per motivi politici. E per quali motivi allora? Tu c’eri, in veste di mio aiutante e di “amico” (mi costano le virgolette, ma così è) e hai vissuto con animo allora indignato, gli ostacoli, i boicottaggi, le azioni per impedirci di lavorare...». Finanziamenti e produzioni. «Non ricordi più le lettere a firma del governatore Del Turco e del segretario Quarta, oltre il decreto del ministero, che ci garantivano i fondi per la “Rete dello spettacolo”, mentre il commissario straordinario e il Comune di Chieti non ci facevano partire la stagione a pochi giorni dall’inizio, volevano pretestuosamente i soldi in cassa? Come mai invece tu sei potuto partire a fare le stagioni», scrive Rendine nel suo lunghissimo intervento, «senza neanche gli stanziamenti deliberati dalla Regione... Rivendichi un aumento di produzioni grazie a qualcosa che ho ideato io, come tutto del resto», rivendica ingenerosamente Rendine che sorvola sul lavoro di squadra, «con la creazione della “rete dello spettacolo”.

Tu hai dovuto solo gestirla... Hai diminuito, dici, il personale. Vogliamo vedere l’entità degli stipendi... e compararli a quando c’ero io? Le mie stagioni duravano 5 mesi e mezzo circa, voi siete riusciti a lavorare, con l’Arci a conduzione “familiare”...». Rendine attacca sulla qualità della produzione, sui tanti ospiti importanti del Marrucino, «Tutto scomparso nel nulla...», come «i dischi con la Naxos con le opere in tutto il mondo, i passaggi Rai costanti a “Prima della prima” e su Canale 5 con “Loggione”, come fossimo la Scala, le tournée in Israele e Palestina con Marzio Conti...». Quanto al rapporto con «tutti i politici» Rendine ricorda che la legge sul “Teatro lirico d’Abruzzo” avrebbe dovuto sostituire la 40 «ora maldestramente rivendicata da chi l’ha combattuta...? Perché in questi anni non ci avete lavorato?».