«... Ci vediamo sotto i portici del Vittoria»

14 Ottobre 2007

Il Caffé sul corso più amato dai teatini punto di incontro per artisti e politici

CHIETI. «E’ piacevole incontrarsi in un luogo civile e elegante come questo». E’ la dedica apposta il 29 maggio 1999 da Giorgio Napolitano sull’album dei ricordi del Caffè Vittoria. L’attuale capo dello stato, alla vigilia della sua nomina a presidente della commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo (giugno 1999) esattamente sette anni prima della sua ascesa al Quirinale (10 maggio 2006), entra dunque a far parte della storia della città. Una firma illustre, allora apposta nel contesto di un appuntamento elettorale (elezioni europee del 13 giugno 1999), ma di fatto rivelatasi collante tra società civile del capoluogo teatino e istituzioni visto lo spessore politico dell’undicesimo presidente della repubblica italiana.

  • LUOGO DI RITROVO E CAFFE’ LETTERARIO  Dunque un luogo di ritrovo, insieme caffè letterario agli inizi del secolo scorso e vetrina dei costumi e delle tendenze della città fino ai nostri giorni, eletto a simbolo di trasformazioni sociali da filtrare con la chiave di lettura della tradizione. Si conclude con la foto d’epoca dei “portici del palazzo provinciale”, nel particolare dell’ex Gran Caffè Roma, la rassegna dedicata dal Centro ad alcuni degli angoli più suggestivi della città. “Chieti com’era” ci ha accompagnato per cinque appuntamenti: piazza Valignani, corso Marrucino, Seminario pontificio, cattedrale di San Giustino e ora “i portici”. Una chiusura che traghetta le ricognizioni storiche e artistico-archeologiche delle puntate precedenti in uno spaccato che più da vicino coinvolge i teatini nel loro modo di fare, di pensare e interagire.

  • I PORTICI DEL CORSO VISTI DAI TEATINI  La presenza dello storico esercizio nella porzione di porticato a destra dell’asse viario di corso Marrucino, a propria volta ricalcante il percorso urbano della strada consolare Tiburtina Valeria, direzione piazza Trento e Trieste - piazza Valignani, ha di fatto prodotto una limitazione territoriale del concetto di “portici”, laddove per i teatini quando si parla di tale struttura architettonica ci si riferisce unicamente a quelli, per l’appunto, del Caffè Vittoria. L’eventuale specifica (portici dell’ex Upim, del Banco di Napoli, dell’ex Caffè Colombo, della Camera di Commercio) è utile per individuare altri qualificati punti di ritrovo ma non ha il pathos della semplice espressione: “ci vediamo sotto i portici”. Se il teatino non precisa, i “portici” non possono che essere quelli del palazzo provinciale.

  • NEL 1914 IL PROGETTO DELLA PROVINCIA  Corre il 1914 quando cominciano i lavori dell’edificio, su progetto dell’ingegner Giulio Mammarella. L’amministrazione provinciale ha da poco portato a termine una lunga trattativa con l’arciconfraternita del Santissimo Rosario, proprietaria del convento che ingloba la chiesa in uso dal 1200 dai padri domenicani, per acquisire il vecchio stabile su cui edificare il nuovo immobile nell’ambito del progetto di riqualificazione viaria avviato dal Comune, con la previsione dell’allargamento del corso. L’arciconfraternita accetta la permuta della chiesa con quella degli Scolopi (attuale San Domenico) e così, nel 1928, viene formalmente inaugurato il palazzo della Provincia con i suoi portici neoclassici che assorbono in una prospettiva di raro impatto architettonico anche l’immobile della Banca d’Italia. Il riassetto urbano produce la valorizzazione della odierna piazzetta Martiri della Libertà, ove ha sede la succursale di città della Cassa di Risparmio, ingentilita dalla qualificata, attigua presenza dello splendido palazzo Majo (1760-1886) di proprietà della Fondazione Carichieti. Le fondamenta dell’intero complesso poggiano sui magnifici ambienti ipogei (IIIº secolo d.C.), principale espressione della città romana sotterranea, riconvertiti durante l’ultimo conflitto in rifugio antiaereo.

  • COMINCIA NEL 1920 LA STORIA COMMERCIALE  E torniamo alle vicende dell’ex Gran caffè Roma. Vincenzo Melocchi, commerciante di Pizzoferrato, con il socio Granchelli, inaugura nel 1920 l’omonimo caffè dopo aver aperto, un anno prima, il Caffè Colombo. Nel 1922 i teatini Romiti e Caniglia rilevano l’esercizio che fino al 1936 si chiamerà Gran caffè Roma. Con la proclamazione dell’impero fascista (9 maggio 1936) il locale viene ribattezzato Gran Caffè Vittoria. La concorrenza con altri famosi caffè (lo stesso Colombo, il Barattucci, l’Impero) è discreta e segue i ritmi concilianti dello “struscio” (la passeggiata) lungo corso Marrucino. Nel biennio 1936-1938 si concludono le intese per un altro passaggio di proprietà. Così Raffaele Del Grosso e Giuseppe Granata, parrucchiere per uomo e commerciante di mobili con botteghe nel prospiciente palazzo Lepri, abbattuto negli anni ‘60 per far posto al moderno (e dal traumatico impatto architettonico) palazzo ex Upim, avviano la tradizione contemporanea del caffè che, considerate anche le gestioni dei loro rispettivi figli, Giampiero (al quale nel 1983 subentreranno i fratelli Ricci) e Giustino, si protrarrà sino al 1988, anno in cui il Vittoria è rilevato dall’attuale proprietario, Roberto D’Orazio.
     «Fin da piccolo», dice il sessantunenne commerciante teatino, figlio d’arte (i genitori aprono nel dopoguerra la pasticceria storica D’Orazio di Vico San Ferdinando), «ho avuto il desiderio di gestire il Vittoria o, in alternativa, il Colombo, locali che mi affascinavano. Ora il sogno è divenuto realtà, scelta impegnativa che rifarei, sono orgoglioso di essere teatino e di proseguire una tradizione che si identifica con parte della storia di questa bella città».

  • UNA RISTRUTTURAZIONE IN STILE LIBERTY  Nel Vittoria, ristrutturato nel 1983 secondo i canoni dello stile liberty, sono state girate alcune scene del film di Luciano Odorisio, Sciopen (1982, con Michele Placido, Giuliana De Sio, Adalberto Maria Merli, Tino Schirinzi, Lino Troisi), in cui s’intrecciano storie, emozioni e limiti della provincia italiana. Oltre alla dedica di Giorgio Napolitano anche quelle di Antonio Di Pietro, in chiave elettorale, «alla vigilia della prova del fuoco, qui ho calmato la sete e ritrovato l’allegria» (29 maggio 1999); Gianfranco Fini, un generico ma sempre verde “con simpatia” (30 marzo 1996); Alessandra Mussolini con l’autoaugurio “al Caffè Vittoria, un nome profetico”. (10 marzo 2000). E poi tante altre firme: da Marco Pannella a Bobo Craxi, da Vittorio Sgarbi a Franco Marini e a Nino Sospiri, da Maria Rosaria Omaggio a Eleonora Brigliadori a Enrico Beruschi, Giorgio Albertazzi, Massimo Ghini, Alessandra Martinez, impossibile elencarle tutte. Al di là delle persone resta, da un secolo, la fragranza di un buon caffè (2 chicchi e 2 tazzine il lusinghiero giudizio espresso nelle guide del Gambero Rosso) e il piacere di un incontro: al Caffè Vittoria di Chieti, sotto i portici.