Dall’acquedotto delle Luci aiuti all’emergenza idrica 

L’antica conduttura che va da Sant’Antonio all’Amblingh è lunga due chilometri  Laudazi (Il Nuovo Faro): «Impianto utile, usiamolo per scopi non potabili»

VASTO. L’acquedotto romano delle Luci può essere ripristinato non solo per sopperire a una parte del fabbisogno idrico della popolazione, ma anche ai fini turistico-archeologici. Ne è convinta non solo la sezione locale di Italia Nostra, che nelle scorse settimane ha lanciato una raccolta di fondi, ma anche l’opposizione consiliare. La volontà di recuperare l’opera idraulica sotterranea lunga due chilometri, che da Sant’Antonio Abate arriva fino alla Loggia Amblingh, è supportata ora da una mozione presentata da Edmondo Laudazi, capogruppo della lista civica “Il Nuovo Faro”.
In tempi di grave crisi idrica, a causa della vetustà delle reti attraverso le quali si disperde il 70% del prezioso liquido, l’Acquedotto delle Luci potrebbe rappresentare il classico uovo di Colombo. Il consigliere comunale propone una serie di interventi a sostegno delle indagini per lo studio dell’opera di ingegneria idraulica, per la formulazione di una ipotesi di recupero funzionale, anche ai fini turistico-archeologici, igienico sanitari e irrigui e la previsione, esaurita la fase di studio e di rilievo, di un apposito stanziamento, a valere sul bilancio comunale, della somma di 20mila euro.
«L’imponente crisi idrica che ha caratterizzato negli ultimi anni il nostro territorio e i notevoli disagi patiti dalla nostra popolazione, hanno reso urgente destinare una rinnovata e maggiore attenzione alla valorizzazione degli acquedotti minori, ricadenti sul territorio comunale, anche nella ottica di un parziale riutilizzo a fini non potabili», è la premessa di Laudazi, «l’Acquedotto delle Luci parrebbe essere addirittura collegato idrogeologicamente ad un più ampio bacino imbrifero territoriale che si origina nel Medio Vastese», nelle vallate del Monte Sorbo, del Colle delle Mandorle, del Monte Pallano, e che storicamente è stato utilizzato anche per l’alimentazione di alcuni laghetti irrigui e di mulini ad acqua, oltre che per la macinazione delle sementi. La recente mostra, promossa da Italia Nostra e dalla cooperativa Parsifal», aggiunge il consigliere della lisa civica “Il Nuovo Faro”, «ha incontrato un grande interesse e la convinta partecipazione di molti cittadini che hanno finalmente riscoperto la presenza di un monumento storico, da valorizzare con urgenza, tramite l’utilizzo di una dotazione finanziaria di limitata consistenza».
Secondo il consigliere di minoranza bisognerebbe avviare «una ulteriore fase di studio e di approfondimento tecnico-archeologico, da promuovere con il supporto della Soprintendenza, anche per la formulazione di un’ipotesi di recupero funzionale ai fini idraulici e culturali, su cui coinvolgere l’intero consiglio comunale».
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