Famiglia nel bosco, lo psicopedagogista: “Le misure più efficaci accompagnano, non separano”

Gian Luca Bellisario dice la sua sui tre bambini allontanati a novembre dai genitori e dalla casa in cui vivevano e messi dal Tribunale per i minorenni dell'Aquila in un centro protetto a Vasto
PALMOLI. "L'osservazione secondo cui una bambina di otto anni 'sa scrivere solo il proprio nome' è certamente un elemento che merita attenzione, ma non può essere letto in modo isolato. Lo sviluppo delle competenze di letto-scrittura è il risultato di una trama complessa che intreccia maturazione neurocognitiva, storia educativa, qualità delle relazioni, metodo di apprendimento ed eventuali fragilità evolutive. Un singolo dato può segnalare una difficoltà, ma non racconta da solo la storia di un bambino". Così all'Adnkronos lo psicopedagogista Gian Luca Bellisario, di Lanciano, in riferimento alle vicende della famiglia nel bosco di Palmoli, con i tre bambini allontanati a novembre dai genitori e dalla casa in cui vivevano e messi dal Tribunale per i minorenni dell'Aquila in un centro protetto a Vasto.
"C'è poi - continua - un aspetto che, come pedagogista clinico e giuridico, sento vicino. Per comprendere davvero un disagio educativo o evolutivo è fondamentale osservarlo nel contesto in cui prende forma. Il contesto familiare, con tutte le sue luci e le sue ombre, è parte integrante della lettura del disagio. Quando un bambino viene allontanato, ciò che emerge successivamente è, spesso, la reazione alla separazione, alla perdita dei riferimenti affettivi, al cambiamento improvviso di ambiente e, quindi, di per sé un disagio. Come noto, queste sono reazioni umane, comprensibili, che non sempre coincidono con il disagio originario e che vanno interpretate con grande cautela".
"Da osservatore esterno - prosegue - ritengo che le misure più efficaci sul piano educativo siano, quando possibile, quelle che accompagnano, sostengono e monitorano, più che quelle che separano. Il disagio educativo, infatti, per sua natura, non si risolve con un atto precauzionale o restrittivo ma si affronta attraverso un lavoro paziente, fatto di prescrizioni chiare, di sostegno alla genitorialità, di osservazione nel tempo - soprattutto nel luogo dove si presume che le criticità si evidenzino - e di interventi mirati che aiutino il bambino e la famiglia a crescere insieme".
"Anche il quadro normativo - rimarca Bellisario - va letto in questa chiave. Le norme attribuiscono al giudice poteri istruttori e strumenti che consentono di verificare le situazioni sul posto e nel tempo, avvalendosi dei servizi sociali e sanitari come risorse di osservazione e accompagnamento. L'allontanamento resta una possibilità prevista dall'ordinamento, ma come extrema ratio, quando ogni altra strada risulta impraticabile o quando vi è un pericolo grave e attuale che non consente alternative. Credo che le decisioni più giuste siano quelle che tengono insieme diritto, scienza dell'educazione e umanità. Quelle che non si limitano a proteggere nel presente, ma che provano a costruire, con equilibrio e responsabilità, il futuro emotivo ed educativo dei bambini coinvolti".
"So bene quanto sia difficile, per un giudice minorile - evidenzia ancora Bellisario - assumere decisioni in tempi rapidi quando è in gioco la tutela di bambini. Allo stesso tempo, tuttavia, l'esperienza mi ha insegnato che l'allontanamento di un bambino dalla propria famiglia rappresenta sempre una misura eccezionale, che richiede un equilibrio molto delicato tra protezione e rispetto dei legami affettivi. Il nostro ordinamento giuridico si muove proprio in questa direzione. Sui banchi dell'università abbiamo imparato che l'articolo 403 del codice civile, specie oggi nella sua formulazione riformata, consente interventi urgenti solo in presenza di situazioni di abbandono o di un pericolo grave e attuale per l'incolumità psico-fisica del minore. Quando, invece, ci si trova di fronte a difficoltà educative o genitoriali che non raggiungono quella soglia, il sistema offre strumenti più graduali, come quelli previsti dagli articoli 330 e 333 del Codice civile, che permettono al giudice di modulare gli interventi nell'interesse del minore, senza necessariamente arrivare alla separazione".
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