Palmoli

Famiglia nel bosco, Roma e Ancona in piazza: «Ridate i figli a chi li ama»

7 Dicembre 2025

Manifestazioni nelle due città per difendere la causa della famiglia di Palmoli. L’organizzatrice del corteo nella Capitale: «Qui per chiedere regole chiare»

PALMOLI. Roma e Ancona. Distanti tra loro trecento chilometri, ma unite ieri pomeriggio da un filo rosso che prende la forma delle due manifestazioni che si sono svolte contemporaneamente a sostegno della “famiglia del bosco”. Il messaggio finale che arriva dalle due piazze, così come il percorso seguito dai cortei, è identico: «Non si tolgono i figli ai genitori che li amano». Quello che cambia è il pensiero dietro questa idea. Al corteo organizzato a Roma c’è un po’ di tutto. Sono circa duecento i partecipanti (alla vigilia erano attesi in almeno 500), venuti da tutta Italia. Si sono dati appuntamento alle 14 a piazza Santi Apostoli per poi sfilare fino al tribunale per i minorenni della Capitale. In questo corteo si vedono cartelli dai contenuti più disparati.

«Rivogliamo i nostri bambini a casa», «i figli non sono dello Stato» e «giù le mani dai bimbi», sono quelli che si leggono più spesso, ma c’è spazio anche per il pensiero no-vax. «Stop vaccini, fermiamo l’autismo» c’è scritto su un manifesto tenuto in mano da una signora. Un’altra, che è arrivata da Modena per l’occasione, mostra un foglio dove si fa riferimento all’«avvelenamento» a cui il sistema sanitario obbligherebbe i minori. Insomma, sotto la grande bandiera della protezione dei più piccoli, si riunisce un ventaglio abbastanza ampio di italiani. Al di là dei casi più pittoreschi, però, si tratta di genitori che sono scesi in piazza per raccontare la propria storia, spesso segnata dalla separazione dai propri bimbi, come se la vicenda di Nathan, Catherine e i loro tre piccoli fosse stata soprattutto l’occasione per denunciare quello che qui definiscono un «sistema che non funziona».

Lo dice una mamma quando prende il microfono. Non vuole dire il suo nome, ma non teme di confessare la sua verità: «Sono sei anni che non vedo mio figlio»; un’altra madre l’ascolta, si commuove e aggiunge: «Le famiglie devono essere supportate dallo Stato». A essere messi sotto accusa, in questa piazza, sono soprattutto i servizi sociali. C’è chi contesta i meccanismi del sistema, chi guarda con diffidenza gli assistenti e chi, addirittura, arriva a fare insinuazioni su presunti guadagni spartiti con le case famiglia. La promotrice del presidio e referente del comitato, Arianna Fioravanti, prova a limare le frange più estreme della manifestazione: «Noi non diciamo che tutti gli assistenti sociali sono delle Ss, ma chiediamo chiarezza. Vogliamo regole chiare». Secondo Fioravanti, per alcuni allontanamenti che avvengono nell’effettiva tutela del minore, ce ne sono altri che sono decisi «senza un reale ascolto delle famiglie e con modalità illegittime».

La promotrice, quindi, spiega quale sia lo spirito della giornata: «Questa piazza esiste per dare voce a chi non ne ha. Continueremo finché ogni bambino allontanato ingiustamente non sarà tornato a casa. Le famiglie devono essere sostenute, non spezzate». Questa manifestazione è solo l’inizio, spiega Fioravanti: finché «non verrà fatta chiarezza sulle norme. Non andremo avanti». È il prossimo passo, già annunciato, è quello della conferenza alla Camera dei deputati per portare direttamente alle istituzioni le criticità denunciate dalle famiglie. Ad Ancona l’aria che si respira è simile, eppure diversa da Roma. La differenza più evidente: della vicenda di Nathan e Catherine si parla di più.

La manifestazione, promossa dalle associazioni culturali Anima Mundi e Marche Terre Libere, si dà appuntamento alle 14 a Largo XXIV maggio, davanti al Comune per arrivare al tribunale per i minorenni. Esattamente come il corteo romano. Cambia, invece, la lettura che dà la piazza marchigiana del fatto di cronaca: l’allontanamento dei figli è uno strumento di «disciplina sociale» che punta a eliminare «stili di vita alternativi» che esprimono «una forma di dissenso al modello neoliberista», dicono i partecipanti. Controcultura moderna.

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