Gli ulivi si ammalano Il rischio esiste anche in Abruzzo

Intervista all’agronomo teatino Alessandro Bucciarelli: «L’insetto che ospita il batterio non è presente in regione»

CHIETI. Si chiama Xylella Fastidiosa. Il nome è buffo, ma il batterio che lo porta fa piangere lacrime amare agli olivicoltori del Salento. Un killer spietato che si insinua nel tronco degli alberi di ulivo e li fa morire. Una catastrofe per l’economia della Puglia, una minaccia che gli studiosi stanno tentando di tenere lontana da altre regioni d’Italia. Il batterio, svelano gli esperti, marcia deciso verso Nord nella saliva del suo ospite intermedio, un insetto. Anche lui dal nome bizzarro: la cicala sputacchina. L’infezione avanza, l’Italia trema, anche l’Abruzzo, regione vicina al focolaio della malattia, ha paura. Come difendersi? Lo abbiamo chiesto all’agronomo Alessandro Bucciarelli presidente dell’associazione Verde Abruzzo onlus e forte sostenitore dell’agricoltura biologica.

La Xylella si può fermare?

«Diciamo subito che si tratta di un batterio che andrebbe trattato con antibiotici, ma al momento non abbiamo a disposizione farmaci efficaci per metterlo ko. Non è il primo batterio che danneggia l’agricoltura, ma la sua virulenza è davvero allarmante. Questa è una delle poche certezze che abbiamo».

Da dove arriva il batterio?

«Forse è stato importato in Puglia attraverso piante ornamentali esotiche provenienti dal Centro America, dalla Costa Rica, per la precisione, qualcuno però ipotizza la sua entrata in scena attraverso esperimenti transgeneci sfuggiti al controllo in un centro di studio italiano».

L’Abruzzo è a rischio?

«Non è corretto creare allarmismo, ma per capire la gravità della situazione va chiarito il meccanismo attraverso il quale il batterio si moltiplica. Le piante di ulivo si ammalano per la puntura di un insetto. La specie elettiva si chiama philaenus spumarius sputacchina. La bavetta che lascia sulle foglie, se infettata dalla Xylella, è l’elemento che fa replicare velocemente il batterio».

Basterebbe dunque tenere lontano questo insetto dalle colture abruzzesi per evitare contagi?

«Fino ad ora la sputacchina che circola nella nostra regione è priva del batterio. Va detto, comunque, che un insetto è difficile da controllare. E spiego anche il perché. Un altro vettore del batterio è la pianta di oleandro che solitamente costeggia la nostra autostrada. Una corsia preferenziale per eventuali insetti contagiati...».

In che modo si sta facendo prevenzione in Abruzzo?

«Nel focolaio di origine, cioè in Puglia, è stato creato «un cordone sanitario vegetale» una fascia di rispetto tra zone contaminate e quelle indenni. Si stanno utilizzando, per esempio, insetticidi potentissimi. A mio avviso consiglierei di attivare anche tutte le misure agronomiche per evitare il contagio. I terreni vanno lavorati, curati e non soltanto diserbati. Altrimenti si creano le condizioni ideali per far crescere e moltiplicare la sputacchina. Per quanto riguarda la prevenzione in Abruzzo, specie nelle zone maggiormente vocate all’olivocultura come le province di Chieti e Pescara, a vigilare c’è l’Istituto fitosanitario regionale che sta monitorando attentamente sul territorio la presenza dell’insetto vettore, se ne analizza la saliva per capire se è infetta o no».

Gli ulivi abruzzesi godono di ottima salute per adesso?

«Sì, anche se quest’anno gli olivicoltori hanno dovuto combattere contro la mosca olearia che ha trovato condizioni climatiche favorevoli per svilupparsi. Il raccolto è stato scarso e i prezzi sono saliti alle stelle».