Il questore Montaruli saluta Chieti: «La città è sicura, ma servono più telecamere. Il lavoro è un’emergenza»

L’intervista al Centro: «L’attenzione va tenuta alta per respingere i tentativi di infiltrazioni criminali. La movida violenta dello Scalo sconfitta con provvedimenti tempestivi»
CHIETI. Sabato 3 maggio sarà il suo ultimo giorno a Chieti. È tempo di saluti per il questore Aurelio Montaruli, che si prepara al trasferimento a Brindisi. È durata un anno e mezzo l’esperienza abruzzese del dirigente superiore della polizia di Stato, nativo di Roma e cresciuto a Ruvo di Puglia (Bari). Diciotto mesi in cui – con equilibrio e rigore, senso delle istituzioni e competenza – ha portato avanti il suo ruolo di massima autorità provinciale di pubblica sicurezza in un territorio, quello teatino, che suscita gli appetiti anche della criminalità organizzata, come dimostrano recenti operazioni e sequestri.
Dottor Montaruli, un bilancio della sua prima esperienza da questore?
«È assolutamente soddisfacente. Ho avuto modo di apprezzare l’ambiente non solo lavorativo, ma dell’intera realtà provinciale: l’operosità dei cittadini mi ha sorpreso positivamente. Ecco perché ci tengo a fare alcuni ringraziamenti».
Prego.
«Anzitutto dico grazie alla gente, che ci è stata vicina, e alla mia squadra di lavoro, a partire dai vicari Laura Pratesi e Pierfrancesco Muriana e dai dirigenti di tutti gli uffici, senza dimenticare l’intero personale: se ci sono stati risultati positivi, questo lo devo a ogni singolo componente della questura e delle specialità della polizia».
Spesso si parla di squadra-Stato.
«La sintonia e la comunanza di intenti con tutte le istituzioni, a cominciare dalle altre forze dell’ordine, ci hanno consentito di seguire quella che dev’essere la stella polare della nostra azione: migliorare il più possibile il livello di sicurezza della cittadinanza, senza ostilità o gelosia tra di noi, sotto il coordinamento della magistratura e del prefetto, Mario Della Cioppa prima e Gaetano Cupello poi. Ringrazio loro, le autorità giudiziarie, i comandanti provinciali dei carabinieri e della guardia di finanza, la polizia locale, il presidente della Provincia, il sindaco di Chieti e gli altri primi cittadini».
La sicurezza percepita non coincide con quella reale. Qual è lo scenario a Chieti?
«Statistiche alla mano, nel corso dei vari comitati provinciali per l’ordine pubblico, abbiamo dimostrato che i reati sono in calo, compresi quelli predatori come furti e rapine. Purtroppo talvolta, all’esterno, si può avere la percezione che i fenomeni criminali siano in aumento. Ma, ripeto, obiettivamente non è così: Chieti rimane una provincia sicura e abbastanza sana. Fermo restando che il territorio risente inevitabilmente della vicinanza di regioni in cui è radicata la criminalità organizzata».
Come si può preservare il territorio teatino?
«È inutile girarci intorno: Chieti e la sua provincia, come d’altronde un po’ tutte le aree italiane, sono oggetto dell’attenzione della criminalità che, in tutti i modi possibili e immaginabili, cerca di inserirsi nel tessuto sociale. Ecco perché mantenere alta l’attenzione è l’unica strada per respingere tali tentativi. In questo senso, si collocano le interdittive antimafia emesse dalla prefettura a seguito della indagini di polizia, carabinieri e guardia di finanza».
Qual è il settore più a rischio di infiltrazioni?
«Quello imprenditoriale, ma anche quello commerciale. In questo anno e mezzo a Chieti, in ogni caso, ho focalizzato il nostro lavoro su determinati settori, a cominciare dalle misure di prevenzione: dai fogli di via obbligatori agli avvisi orali, dai Daspo agli ammonimenti. L’aumento è stato considerevole, in alcuni casi ha toccato il +230%».
Quanto è importante il controllo del territorio?
«È decisivo. Nell’ultimo anno è cresciuto del 60% il numero delle persone da noi controllate sul territorio provinciale. È un dato particolarmente significativo, perché in questo modo è possibile cristallizzare situazioni pericolose, scoprire relazioni, trovare spunti da approfondire con i nostri reparti investigativi. Determinanti sono anche i controlli negli esercizi pubblici, che abbiamo incrementato notevolmente insieme all’Ispettorato del lavoro e alla Asl».
In questo senso, cosa è emerso?
«Le sanzioni ammontano complessivamente a oltre 260.000 euro. Ma ci tengo a sottolineare come la nostra opera non sia stata solo repressiva, ma soprattutto preventiva. Lo dimostra il fatto che, in più occasioni, la questura ha organizzato incontri con le associazioni di categoria per far comprendere che la finalità dei controlli non è assolutamente punitiva: vogliamo evitare che avvengano tragedie sui luoghi di lavoro e abbiamo l’obiettivo di combattere piaghe come quella dell’impiego in nero. Nonostante questo, le successive verifiche hanno evidenziato violazioni e carenze in numerosi esercizi pubblici».
Quando traccerà al suo successore un quadro della provincia di Chieti, anche sul piano sociale, su quale aspetto porrà l’accento?
«Il lavoro è sicuramente un’emergenza. Nel settore dell’automotive, in particolare, ci sono aziende in crisi: tra casse integrazioni e posti a rischio, purtroppo molti lavoratori non vivono serenamente. Anche in questo campo, in un contesto di collaborazione con la prefettura e per quanto di nostra competenza, l’attenzione della polizia di Stato è massima, attraverso il lavoro della Digos».
Tornando al tema della sicurezza, è stata spesso rimarcata la carenza di impianti pubblici di videosorveglianza.
«Ci sono ancora forti criticità: le telecamere, a Chieti e in parecchi centri limitrofi, sono troppo poche. Vi dirò di più: purtroppo, nel corso di un recente comitato regionale tenuto all’Aquila, abbiamo riscontrato come quella teatina sia la provincia messa peggio sotto tale aspetto. Ormai la videosorveglianza è fondamentale: basti pensare che, in quei pochi casi in cui era presente, questa è stata decisiva per individuare i responsabili di episodi criminali. A partire da quelli più odiosi, come le truffe ai danni degli anziani e delle fasce più deboli della popolazione. Più volte, insieme al prefetto, abbiamo sollecitato il Comune di Chieti e anche altri centri a dotarsi di telecamere, avvalendosi pure di progetti e finanziamenti del ministero dell’Interno. Ripeto: un capoluogo di provincia, al giorno d’oggi, non può non avere un adeguato sistema di videosorveglianza».
Quali sono le operazioni di polizia giudiziaria di cui va più orgoglioso?
«L’indagine sull’assalto al caveau dell’istituto di vigilanza Ivri ha consentito di individuare i responsabili, basisti compresi, di un grave episodio che aveva notevolmente turbato la comunità con decine di colpi di Kalashnikov esplosi dai criminali, automobilisti rapinati e strade bloccate con camion in fiamme. Più di recente, è stata scoperta una vasta associazione per delinquere specializzata nelle frodi assicurative. A tal proposito, sono rimasto estremamente soddisfatto del livello qualitativo e della professionalità degli uomini e delle donne della squadra mobile, diretti fino a poche settimane fa dal commissario capo Nicoletta Giuliante. Con estremo spirito di sacrificio e grandissima disponibilità – non esistevano ore serali o giorni festivi – hanno lavorato senza sosta. E i risultati, concreti e importanti, sono arrivati. Ma voglio ricordare anche un’altra operazione».
Quale?
«Nella scorsa primavera, insieme ai carabinieri, abbiamo scoperto i responsabili di aggressioni estremamente violente, avvenute a Chieti Scalo, all’esterno dei locali della movida, frequentati principalmente da giovani e universitari. Attraverso misure di prevenzione come i Daspo, e provvedimenti emanati dall’autorità giudiziaria in maniera assolutamente veloce, siamo riusciti a bloccare e sconfiggere un fenomeno che avrebbe potuto avere una deriva pericolosa. La risposta dello Stato, dunque, è stata rigorosa e tempestiva. Lo dimostra il fatto che, sotto il piano della cosiddetta ‘malamovida’, gli episodi allarmanti sono drasticamente diminuiti. I violenti sono stati isolati e puniti: non è tollerabile che, per colpa di pochi, sia la collettività a pagarne le conseguenze in termini di tranquillità e sicurezza nei luoghi del divertimento serale e notturno».
Un’ultima domanda: cosa le mancherà di Chieti e, più in generale, dell’Abruzzo?
«Mi mancheranno la cordialità e la genuinità delle persone. Si tratta di qualità che ho potuto riscontrare in maniera concreta quando ho avuto l’opportunità di interloquire con ogni singolo cittadino di questo territorio, che resterà per sempre nel mio cuore».
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