Il trabocco di D’Annunzio è crollato, polemica sui lavori: dovevano cominciare a settembre / Foto

San Vito, l’ultima mareggiata lo travolge prima dei lavori. Il Vate lo descrisse nel poema “Il trionfo della morte”

SAN VITO. «Dal promontorio destro, sopra un gruppo di scogli si protendeva un trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simili ad un ragno colossale». Il trabocco del Turchino, l’ intreccio di antenne, assi di legno, reti da calare in mare descritto da Gabriele D’Annunzio nel “trionfo della morte” nel 1889, ha issato bandiera bianca. Fiaccato dalle mareggiate, sferzato dai venti e dall’incuria, dopo anni di mancata manutenzione da parte del Comune che è ne proprietario, si è accasciato la notte scorsa su se stesso.

In silenzio, avvolto dalle tenebre, il casotto da pesca e la piattaforma si sono spezzati e accasciati fino a sfiorare il mare. Ancora qualche ora e della “colossale macchina pescatoria” simbolo della costa dei trabocchi resteranno solo poche travi. Come accaduto nel settembre scorso al trabocco di punta Mucchiola, spazzato via dalla furia del mare. Una resa, quella del Turchino, a due mesi dall’avvio dei lavori di ricostruzione e dopo aver resistito a lungo con la passerella semidistrutta, senza l’ultimo tratto che la collega al casotto fortemente inclinato per il cedimento delle travi di sostegno, che sono sprofondate in mare.

«Purtroppo il trabocco ha ceduto», dice il sindaco Rocco Catenaro, «ma l’avevamo previsto visto che, come ricordato dal responsabile dei lavori che inizieranno a settembre, Mario Tenaglia, ormai le fondamenta erano rovinate. Le rotaie su cui poggiano i pali che reggono il casotto e la piattaforma, erano spezzate e l’unica cosa da fare era smantellarlo e ricostruirlo com’era. Abbiamo fatto il possibile».

Ma è stato fatto davvero il possibile? Se lo chiedono in tanti. L’ultimo intervento risale al 2004 ma fu solo una ristrutturazione, le fondamenta era dal 1987 che non venivano toccate. Un’eternità per una macchina da pesca tanto delicata. E poi dal 2004 sono trascorsi 10 anni senza manutenzione. Tanti gli appelli per un restauro naufragati in mare. La Regione a novembre ha concesso 40mila euro, a cui si dovranno aggiungere altri 80mila dai privati per ricostruire, com’era, il trabocco dannunziano. É trascorso quasi un anno dallo stanziamento dei fondi. E il legno di acacia si può raccogliere anche a gennaio, non solo a fine agosto.

«Abbiamo perso il nostro simbolo, il nostro Colosseo», dice Roberto Nardone del gruppo San Vito bene Comune «il sanvitese ha un rapporto personale, assolutamente intimo col trabocco del Turchino, per tutto quello che rappresenta, per la magnificenza dell'opera, per l'amore per il mare. Per questo motivo vederlo crollare significa perdere un pezzo di cuore. La conseguenza è la rabbia, l'impotenza che si trasforma in polemica contro la maggioranza che in questi quasi otto anni ha vegetato, pensando in grande, a porto e resort, tralasciando la normale gestione del Comune. Ed addirittura è diventata complice, colpevole del crollo del simbolo di San Vito».

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