L’ex marò assolto dopo 10 anni di lotta dice grazie a Chieti 

Massimiliano Latorre racconta l’incubo vissuto in India In città erano state raccolte 500 firme per la sua liberazione

CHIETI. «Negli anni abbiamo ricevuto molta solidarietà e avevo promesso di venire presto a Chieti per ringraziare la città per il suo sostegno». Promessa mantenuta quella di Massimiliano Latorre, il marò che con il suo collega, Salvatore Girone, era stato accusato di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani, scambiandoli per pirati, durante una missione sulla petroliera italiana “Enrica Lexie”. Ieri, durante la presentazione del libro “Il sequestro del marò” scritto da Latorre e dall’ex politico Mario Capanna, l’ex fuciliere della Marina ha ringraziato la città per il sostegno mostrato a lui e al suo collega durante un limbo giudiziario di 10 anni. Nel 2014, il Comune di Chieti, su proposta dell’allora consigliere comunale Marco Di Paolo, raccolse 500 firme in soli due giorni per chiedere la liberazione dei due marò del “Battaglione San Marco”.
Una petizione consegnata a Roma nelle mani di Paola Moschetti, moglie di Latorre, e presente tra il pubblico. A presentare l’evento il giornalista del Centro Lorenzo Colantonio che, dialogando con gli ospiti, ha enfatizzato gli snodi più rilevanti della vicenda che per otto lunghi anni ha tenuto il fiato sospeso degli italiani e del resto del mondo. «È un libro che nasce dalla volontà di ottemperare una mia promessa verso l’opinione pubblica italiana e spiegare quello che è davvero accaduto in questi lunghi anni», ha spiegato Latorre.
La vicenda dei due marò è iniziata il 15 febbraio 2012. «Da quel momento nacque la netta sensazione di non esser più libero, di trovarmi dentro qualcosa di più grande di me», ha ricordato Latorre. Solo nel 2020, il caso ha ottenuto lo spostamento del processo dall’India in Italia. «Un rientro vissuto con grande speranza perché riuscivo a vedere una luce» e, nel 2022, il caso si è chiuso un decreto di archiviazione del gip di Roma.
«È stato un riscatto dalle infamie e dai torti subiti», ha detto l’ex marò, ricordando quel giorno «che chiuse un importante e difficile capitolo della mia vita. Da lì nacque il desiderio di raccontare la mia storia, di raccontare la verità». Anni di polemiche e battaglie legali sulla giurisdizione in cui «l’Italia non ha mai fatto una contro inchiesta», ha detto Capanna, ricordando il silenzio delle istituzioni italiane e verso le quali lo stesso Latorre ha avuto difficoltà a trovare le parole. «Si commenta da solo». Presente all’evento anche il presidente dell’Associazione culturale Fondazione Cantiere Abruzzo-Italia, promotrice della presentazione, l’ex senatore Fabrizio Di Stefano. «Chieti oggi ha la possibilità di conoscere un passaggio della nostra storia recente», ha detto, «il nostro ringraziamento a chi ha sofferto e pagato per una sola colpa: aver svolto il suo ruolo con ardore di vita». Tra la platea anche quattro marò che hanno condotto la missione Beirut (1982-84). Una testimonianza diretta e il racconto della vicenda giudiziaria, che ha lasciato spazio anche a un momento conclusivo di commozione, quando alcuni giovani studenti hanno mostrato il loro riconoscimento a Latorre. «Un sentito grazie per aver mostrato sempre fermezza in momenti in cui era difficile esserlo», ha detto il giovane Francesco Milozzi.