Palmoli

La famiglia nel bosco: «Felici di vivere come i nostri nonni. Qui i bambini sono sereni»

20 Novembre 2025

Stasera su Rete8 alle ore 23 il racconto di Nathan e Catherine, che hanno detto no alla vita moderna. Da Bali al Vastese, in mezzo l’incidente in taxi del padre: «Mi ha cambiato la vita»

PALMOLI. Una scelta netta, un rifiuto radicale, che affascina per il coraggio della decisione e allo stesso tempo interroga noi tutti. La domanda, esistenziale: «In questa società siamo davvero felici?». La famiglia di Palmoli che si è ritirata dalla vita in città per trasferirsi in una casa nel bosco nel Vastese, a due passi dal confine con il Molise, ha occupato per settimane le pagine dei principali quotidiani nazionali: sono diventati la notizia del mese. Su Zoom-storie del nostro tempo, in onda stasera alle 23 su Rete8, Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, i genitori protagonisti della vicenda, raccontano la loro storia. Dicono che i loro tre figli – una bambina di 8 anni e due gemellini, un maschio e una femmina, di 6 – sono «felici» di vivere nella natura, a contatto con gli animali e lontano dalla «fretta, lo stress e la violenza» della «vita moderna».

Sicuramente, nella loro abitazione non c’è spazio per la tecnologia. In questo angolo d’Abruzzo sperduto, a mezz’ora dalla A14 eppure così distante da sembrare un’isola di pace separata dal mondo, non c’è televisione o connessione internet. I telefonini, quelli sì, ci sono, ma non hanno altra funzione che fare e ricevere telefonate. «Qui viviamo come i nostri bisnonni» spiega la coppia. L’acqua si raccoglie dal pozzo, la maggior parte del cibo viene dall’orto e dal loro pollaio. Per il riscaldamento utilizzano il camino e l’elettricità è garantita dal panello fotovoltaico all’esterno della casa.

Certo, quando serve vanno a San Salvo, il paese più vicino, per acquistare generi alimentari e quant’altro, ma la loro è una vita semplice, a contatto con la natura e soprattutto gli animali, compagni di gioco dei loro tre figli. Ad accogliere gli ospiti all’ingresso ci sono due cani curiosi, pronti a fare amicizia. Poi i gatti, le galline, le papere, un asino e persino un cavallo. Una fattoria vera e propria, insomma, dove loro si sono costruiti uno stile di vita alternativo. «Viviamo come una famiglia e, anche se alcuni dicono che siamo isolati, in realtà siamo meno soli di chi vive in città, tra cemento, stress e violenza», dice Catherine. La loro storia ha fatto molto discutere, spaccando di fatto a metà l’opinione pubblica. C’è chi ha criticato questa famiglia, soprattutto perché i tre bambini non vanno a scuola. Sono Nathan e Catherine, infatti, a svolgere il doppio ruolo di genitori-insegnanti.

In termini tecnici si chiama “home schooling” ed è una pratica ammessa dallo Stato, ma per gli scettici in questo modo si sottrae ai figli quella parte «fondamentale» del percorso di crescita che è la socialità all’interno della scuola, la «seconda agenzia educativa dopo la famiglia», ha spiegato qualche giorno fa al Centro la psicopedagogista Maria Rita Parsi. Sono tantissimi, però, anche quelli che nelle ultime settimane hanno mostrato tutto il loro supporto a questa coppia. Centinaia di post di sostegno, dichiarazioni pubbliche, addirittura una raccolta fondi che ha superato i 10mila euro: tutti segnali dell’esistenza di una parte consistente della società abruzzese a favore della loro scelta. Secondo Nathan e Catherine, ciò non è altro che il «riflesso di un malessere diffuso» di cui loro rappresentano «la logica conseguenza».

È la loro storia a testimoniarlo. Hanno scelto di abbandonare la città e rifugiarsi in Abruzzo dopo una vita intera passata nello «stress quotidiano della modernità». Nathan è originario di Bristol, in Inghilterra. Ha vissuto in Spagna, in Germania ma soprattutto a Bali, in Indonesia, dove fino al 2016 vendeva mobili in legno. Racconta una quotidianità fatta di «telefonate, mail, incontri, sempre di fretta, sempre stressato. Non ero felice, ma ancora non lo capivo». Poi, d’improvviso, l’evento che gli cambia la vita: «Erano le cinque di mattina, stavo andando in aeroporto in taxi. L’autista si è addormentato al volante e ci siamo schiantati contro un camion. Ho rischiato grosso, sono stato due settimane in ospedale».

Ed è in questo stop forzato che, finalmente, Nathan ha la possibilità di fermarsi a riflettere. «Mi sono chiesto se fossi contento della mia vita: non lo ero», prosegue, «ho capito che non potevo più continuare in questo modo e che tutto ciò che volevo, in realtà, era mettere su famiglia e iniziare da capo». Poi l’incontro decisivo con Catherine, l’amore, i figli e la scelta di cambiare vita. Lei, che alle spalle ha una famiglia cattolica, aveva maturato da tempo questa decisione. «Nessun rimpianto», dice, «qui noi siamo felici. Non vogliamo costringere nessuno a fare la nostra stessa scelta. Ma a chi si sente sopraffatto dalla modernità do questo consiglio: guardati dentro e chiediti se sei davvero felice, se è questa la vita che veramente volevi. Si fa sempre in tempo a cambiare».

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