Palazzo Novecento, sì al ricorso «Ora risarcimenti per 2,8 milioni»

28 Settembre 2024

La controversia sull’edificio di via De Titta, realizzato a fine anni Novanta, torna al tribunale di Lanciano L’avvocato Troilo: «La ditta costruttrice ha rispettato le regole, c’è stata mala gestio del Comune»

LANCIANO. «Il modo di agire dell'amministrazione comunale ha indotto la società costruttrice a credere che fosse tutto legittimo». Tornerà davanti a un giudice del tribunale ordinario di Lanciano la vicenda, infinita, di Palazzo Novecento, l'edificio di via Cesare De Titta costruito prima degli anni 2000 in base a concessioni edilizie e permessi che, successivamente, sono stati dichiarati illegittimi. A farne le spese sono stati gli acquirenti dei dieci appartamenti e la società costruttrice che ha dovuto risarcirli e che da anni chiede i danni al Comune. La palazzina, destinata alla demolizione, è adesso acquisita al patrimonio comunale e adibita ad uffici pubblici.
La vicenda era ferma alla sentenza di quattro anni fa, dicembre 2020, quando il tribunale di Lanciano aveva dichiarato il difetto di giurisdizione, ritenendo l'oggetto del contendere di competenza del tribunale amministrativo, il quale sulla questione si era già pronunciato. Ma di recente la Corte d'appello dell'Aquila ha accolto il ricorso presentato, per conto della Dnd Immobiliare, dall'avvocato Alessandro Troilo, convinto della bontà della causa civile contro l'amministrazione comunale lancianese. «Le scelte amministrative del Comune e la negativa gestione del procedimento relativo all’intervento edilizio di Palazzo Novecento», spiega il legale che ha avuto il mandato per il ricorso dall'attuale amministratore della Dnd, Brunella Nasuti, sorella di Sebastiano, morto due anni fa, «hanno generato ingenti danni per l’affidamento incolpevole della società sulla legittimità delle concessioni edilizie. Anche le pubbliche amministrazioni si devono attenere alle regole della correttezza e della buona fede, e il Comune di Lanciano non lo ha fatto inducendo la Dnd a credere che era tutto legittimo».
Tra i comportamenti recriminati all'ente, c'è anche il rilascio del certificato di abitabilità, l'11 febbraio 2001, dopo che c'era già stata una sospensione dei lavori, con il Tar che nel 1999 aveva annullato la concessione edilizia, sentenza confermata poi dal Consiglio di Stato nel 2000. «Solo dopo l'abitabilità, quando è convinta che sia tutto a posto, la Dnd vende gli appartamenti», sottolinea l'avvocato Troilo che ha presentato una richiesta danni di 2,8 milioni di euro, «la responsabilità da cui tale danno deriva è costituita dal comportamento scorretto dell’amministrazione».
Conclusione a cui arriva, basandosi anche su una recente pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite, la Corte d'appello dell'Aquila, presieduta dal giudice Barbara Del Bono: «La controversia in esame non ha ad oggetto le modalità di esercizio del potere amministrativo, ma concerne il complessivo modo di agire dell’amministrazione. Pertanto deve essere affermata la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria». L'appello è stato accolto, disponendo la rimessione della causa al primo giudice: la nuova udienza è fissata al 16 gennaio 2025 (giudice Maria Rosaria Boncompagni). «Ritengo che questa sentenza, finalmente, metta un punto su una situazione che si trascina da tanti anni», commenta l'avvocato Troilo, «perché dice che la Dnd ha rispettato tutte le regole e che invece c'è stata una mala gestio da parte del Comune. Ed evidenzia, soprattutto, che il comportamento della società, dell'allora amministratore Nasuti che non c'è più e dei soci attuali è stato corretto, ristabilendo la loro onorabilità. Questo ci dà grosse speranze affinché il Comune possa essere finalmente chiamato a risarcire società e soci di una cifra che noi abbiamo quantificato in 2.8 milioni euro, tra perdite e mancati guadagni».
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