Piazza Valignani, «Pozzo» di corso Marrucino
Scrigno di tesori archeologici, sede del teatro e delle dimore nobiliari teatine
CHIETI. Uno spazio prospettico sull’asse monumentale di corso Marrucino che richiama antichi fasti e s’apre a una nuova lettura socio-culturale del centro storico. Potrebbe essere questa la definizione più appropriata di piazza Valignani che apre la rassegna di fotografie di ieri e di oggi del Centro dedicata al capoluogo teatino. LA STORIA. La piazza, già largo del Teatro, rende omaggio a una delle famiglie più nobili della città e raccoglie, nella toponomastica, uno dei due riferimenti verticali, quello della torre quattrocentesca inglobata nell’arcivescovado, riportati dal cosmografo Egnazio Danti nell’affresco “Aprutium“ (Vaticano, 1580, Galleria delle Carte). La torre merlata, per l’appunto eretta nel 1470 da Colantonio Valignani sull’asse della più imponente torre della cattedrale, è ricompresa nell’area della piazza e ne costituisce un unicum architettonico poi modificato dai successivi interventi sulla viabilità cittadina che nel 1885 inducono monsignor Luigi Ruffo-Scilla a ridisegnare la fisionomia del sito. Infatti, a partire dal 1864, la dorsale collinare è interessata da un monumentale progetto neoclassico di rilettura dei luoghi della città antica. Dal proseguimento di corso Galiani nasce lo spunto per la riunificazione, lungo la stessa direttrice viaria, dei rioni Civitella-San Gaetano-Cavallerizza e Santa Maria. La caduta del diaframma tra i palazzi che ostruivano la visuale dell’imponente cupola della chiesa di San Francesco e il “taglio” della chiesa di San Domenico per far posto all’edificio della Provincia, ultimato nel 1926, conferiscono così respiro alla nuova vocazione di corso Marrucino che da strada strozzata a beneficio di un commercio concentrato e settoriale riacquista il ruolo preminente rivestito duemila anni prima dalla strada consolare Claudia-Valeria. In questo contesto, piazza Valignani assume una funzione di filtro che comporterà il mutamento delle abitudini dei teatini. Si apre una nuova prospettiva che traghetta arti, commerci e mestieri verso via Toppi e via Arniense ma c’è un sacrificio da pagare: la progressiva emarginazione di piazza San Giustino. «L’allungamento del corso», spiega lo storico Camillo Gasbarri, «e, quindi, la costituzione in piazza Valignani di un tridente viario che si snoda a destra nell’allora via dello Zingaro (ora via Cesare De Lollis, ndc) e a sinistra in via Pollione rendono ancora più opzionale il transito dalla futura piazza Vittorio Emanuele che così perde il proprio ruolo di centralità». Insomma, siamo al decentramento di Colle San Gallo in cui si erano aqquartierate intere generazioni di famiglie nobiliari, dai Mezzanotte agli Obletter, agli Spinelli. «L’apertura in piazza Valignani della prosecuzione di corso Marrucino», aggiunge il professor Gasbarri, «comporterà la rivisitazione delle facciate di edifici di rilevante pregio storico-artitettonico come i palazzi Turri, Paini, Pignatelli, De Horatiis e il manufatto che ospita il seminario diocesano». Anche il complesso di edifici riuniti nel 1517 da Giulio Valignani e acquistato nel 1870 dall’amministrazione comunale per sistemare gli uffici del municipio subisce un energico maquillage estetico. IL POZZO. Su piazza Valignani affacciano, oltre al già citato palazzo arcivescovile, l’edificio che ospita la Banca d’Italia e il Teatro Marrucino. Al di sotto del primo, e dell’attiguo palazzo del governo, si estendono i poderosi ambienti ipogei (fine II secolo-inizi III secolo d.C.) che accreditano, nell’area, un radicato culto delle acque. Piazza Valignani, detta anche “il Pozzo“ (da non confondere con il “pozzo” votivo italico rinvenuto nelle favisse dei Templi romani), è dunque anche snodo di un ampio sistema di captazione idrica in alcuni tratti ancora efficiente. All’imbocco di via De Lollis l’armonioso stabile neoclassico del Teatro Marrucino, già Real Teatro San Ferdinando, costruito tra il 1813 e il 1818 sui resti della chiesa di Santo Stefano, chiusa al culto per decreto di Gioacchino Murat. Nell’atrio si notano due paggi in terracotta di Costantino Barbella mentre l’interno del teatro, deliziosa bomboniera della lirica e della prosa, è arricchito da stucchi del Samoggia. Di rilevante pregio artistico e storico il sipario dello scenografo napoletano Giovanni Ponticelli (1875) raffigurante il trionfo di Caio Asinio Pollione dopo la conquista della città dalmata di Solona (39 a.C.). Tra le sue pagine più note il Marrucino annovera una delle prime (1904) della “Figlia di Iorio” di Gabriele D’Annunzio, in occasione della quale il poeta pescarese è insignito della cittadinanza onoraria teatina. Nel sottosuolo di piazza Valignani, oltre ai resti del sistema idrico della città romana e medioevale, anche le testimonianze del foro imperiale di età giulio-claudia con il magnifico mosaico scoperto nel settembre del 2004, poiprotetto da un bunker in cemento armato che di fatto non ne consente la fruibilità, di probabile appartenenza a un edificio annonario. |