Pugni in testa alla compagna: «Ti uccido, poi mi ammazzo». Il giudice lo allontana da casa

Ortona. Un’ordinanza del giudice tracciato una linea invalicabile tra lei e il suo compagno di 50 anni: un confine di 500 metri per proteggere la vita della donna
CHIETI. Esiste una violenza che non si consuma in un singolo scatto d’ira, ma avvelena l’aria, giorno dopo giorno. Un’ossessione domestica consumata a Ortona, dove le mura di casa erano diventate una prigione. Un’escalation di minacce e botte, alimentata dall’alcol e dalla dipendenza dal gioco, a cui una donna ha messo fine con il coraggio di una denuncia. Ora un’ordinanza del giudice ha tracciato una linea invalicabile tra lei e il suo compagno di 50 anni: un confine di 500 metri per proteggere la sua vita.
La spirale di terrore ha raggiunto il suo culmine in due giorni di fine agosto. «La sera del 23 agosto era ubriaco e mi ha aggredita, strattonandomi per un braccio e provocandomi un grosso livido», è il senso del racconto della donna, che ha chiesto aiuto ai carabinieri del maggiore Alfonso Venturi. «Mi diceva che ero una p... e una pazza, il tutto perché gli avevo chiesto di smetterla di bere perché dovevamo uscire».
Il giorno dopo, la rabbia è esplosa con ancora più ferocia. «Lui», prosegue la denuncia, «ha ricominciato a bere sin dal mattino. Nel pomeriggio, mentre eravamo in automobile, si è arrabbiato perché mi sono rifiutata di dargli i soldi per comprare caffè e sigarette, visto che il giorno prima aveva speso in alcolici 140 euro. Mi ha iniziato a prendere a pugni in testa. Quando siamo tornati a casa, mi ha strattonata con violenza per un braccio e mi ha minacciata di morte». Una minaccia secca, definitiva: «Ti uccido e poi mi ammazzo».
A quel punto la donna ha composto il numero dei carabinieri. I militari sono intervenuti, hanno allontanato l’uomo e lei è stata trasportata in ospedale, dove i medici le hanno diagnosticato un trauma cranico con una prognosi di 15 giorni. Ma l’incubo non era finito. Rientrata a casa, ha trovato di nuovo il compagno nell’appartamento. E ancora una volta ha dovuto chiedere aiuto al 112. Nemmeno questo è bastato. Dopo la mezzanotte, il cinquantenne si è ripresentato, forzando la porta d’ingresso prima di decidere di trascorrere la notte in macchina. Il mattino seguente, le minacce sono riprese, questa volta via Whatsapp.
La violenza fisica era solo l’ultimo atto di un abuso che, secondo la denuncia, era anche economico e psicologico. «Il mio compagno non partecipa più da tempo alle spese familiari», ha aggiunto la donna, «consuma il suo stipendio in alcolici e gioco d’azzardo. Anche qualche mese fa, a marzo, mi ha tirato uno schiaffo e mi ha afferrata per un braccio, sempre durante una lite dovuta al suo continuo abuso di alcol». Un quadro che il giudice Maurizio Sacco, accogliendo la richiesta della procura di Chieti, ha ritenuto allarmante. Le dichiarazioni della donna, è scritto sull’ordinanza, «sono lineari, prive di elementi di contraddittorietà, di apparenti moventi calunniatori o intenti di strumentalizzazione». Per il giudice, esistono «gravi indizi di colpevolezza» e un concreto rischio di nuove aggressioni, data l’«incapacità di autocontrollo» dell’indagato e il «rapporto di convivenza unilateralmente violento e prevaricatore».
L’uomo, difeso dall’avvocato Antonello D’Aloisio, ha negato le accuse durante l'interrogatorio di garanzia, parlando di una semplice discussione. Ora dovrà restare ad almeno 500 metri dalla sua ex compagna, con un braccialetto elettronico a vigilare su quel confine. Lui ha forzato una porta. Lei ha aperto quella dei carabinieri.