Rapino, in duemila piangono madre e figlia morte

Ai funerali il dolore ha il volto di Lorenzo, il capofamiglia che nell'incidente ha perso moglie e figlia. E ascolta il parroco che piange mentre dice dall’altare che a volte è umano arrabbiarsi con Dio
RAPINO. Il dolore ha il volto di Lorenzo. Ha perso moglie e figlia ma trova duemila persone ad attenderlo. E ascolta il parroco che piange mentre dice dall’altare che a volte è umano arrabbiarsi con Dio. Sulla torre civica si legge “volat hora”. Ma il tempo a Rapino si ferma scandito dai rintocchi della campana di San Lorenzo Martire in attesa che le due bare compaiano all’inizio della strada.
Trascorre un’ora prima che dall’Aquila Lorenzo Medaglia, vigile urbano, padre e marito distrutto, torni in paese. Ha il braccio destro ingessato e lo sguardo di chi chiede aiuto perché, da solo, non ce la farà a sopportare tanto dolore. In duemila lo accolgono. Ed è come se ognuna di queste anime che riempiono all’inverosimile la chiesa, le scale e la via, voglia alleggerire Lorenzo, martire come il santo della parrocchia, di un pezzo di quel dolore. La prima bara ad entrare in chiesa è quella di Maria Concetta Della Valle. Aveva 51 anni la moglie di Lorenzo ed era riuscita a sfidare e a vincere la malattia. Aveva 24 anni, invece, Santa. E la sua bara più chiara sembra una bacheca di Facebook dove le amiche hanno scritto messaggi con pennarelli indelebili.
«Ti sento vivere. In tutto quello che faccio ci sei» c’è scritto con un rosso e spicca più delle altre frasi. Dietro alle bare c’è il volto del dolore, papà Lorenzo sorretto dal figlio Giuseppe. Ma c’è anche qualcosa che unisce, fino a renderli simili, il suo sguardo con tutti gli altri. E’ lo sguardo di chi non riesce a capire perché tanto accanimento del destino. Qualunque morte è impossibile da accettare. Ma se vedi morire tua moglie e tua figlia stupenda senza che tu possa far niente. Se le vedi agonizzare nell’auto che prende fuoco a Barisciano, mentre con loro torni in paese dopo una visita oncologica, e solo tu sopravvivi, allora ti chiedi perché è successo proprio a me. Perché io sono vivo e loro no? Ecco, ieri a Rapino è accaduto che tutti hanno voluto condividere con Lorenzo il suo immenso vuoto. E’ accaduto in un silenzio irreale, scandito da rintocchi e alleviato dalla musica, quella che piaceva a Santa, giovane infermiera. Senti Vasco Rossi che canta Angeli e dice “Quando ormai si vola non si può cadere più”, oppure gli 883 con “Nient’altro che noi”. Tutto può servire per alleggerire il peso enorme piombato all’improvviso, cinque giorni fa, su un padre e il figlio Giuseppe che gli è accanto. E’ un lutto collettivo che varca i confini del paese. In chiesa ritrovi, accanto al sindaco Rocco Micucci, altri sindaci e gente di Guardiagrele, Pretoro, San Martino sulla Marrucina, Fara Filiorum Petri, e ancora Villamagna, Roccamontepiano e Fara San Martino. Gente che applaude Simone, fidanzato di Marika, mentre legge in chiesa una lettera che stringe il cuore. E’ l’addio di Giuseppe Medaglia alla sorella Santa e alla mamma Concetta. Ogni perché, nella sua lettera, diventa una ricerca per elaborare il lutto che ha coinvolto tutti. Anche il parroco, don Claudio Cieri, piange dall’altare mentre dice che «Diventa umano arrabbiarsi con Dio». E poi: «Dio che parla di vita. Mi sapete però spiegare voi dov’è la vita qui?». Interpreta, don Claudio, un sentimento di rabbia collettiva per un’ingiustizia divina verso due persone buone, e verso chi rimane a soffrire per sempre. Ma Concetta e Santa sono morte come Cristo, cerca di dire il sacerdote. Perché spera di alleviare una piccola parte del dolore di Lorenzo e Giuseppe come le duemila persone che infine seguono le due bare accompagnate dalle note di Angeli.