ricorso al tar

Salvabanche, fondazione Carichieti contro Bankitalia

Ecco il ricorso al Tar Lazio contro l’esproprio del patrimonio degli azionisti: il 18 aprile la decisione sul decreto Salvabanche

CHIETI. Espropriati e tenuti all'oscuro dei reali bilanci di Carichieti alla fine del commissariamento. La Fondazione del presidente Pasquale Di Frischia va al contrattacco: ricorre al Tar Lazio per fare annullare il decreto Salvabanche ed i successivi atti di Bankitalia.

Il ricorso è firmato dall'avvocato Antonio Mastri di Ancona e sarà discusso il 18 aprile. Ma non è una sfida tra Davide e Golia perché, lo stesso giorno, il tribunale amministrativo dovrà decidere nel merito sui ricorsi presentati da altre tre Fondazioni, da creditori e obbligazionisti beffati. I ricorsi sono praticamente uguali. Basta leggerne uno per capire tutti gli altri. Mettono a nudo le “contraddizioni” del salvataggio e definiscono un "esproprio" il trasferimento patrimoniale ai danni degli azionisti e degli obbligazionisti. Cerchiamo di sintetizzarli.

La prima incongruenza messa in evidenza riguarda la fase di avvio e la risoluzione vera e propria che, nel caso del decreto Salvabanche, coincidono mentre la legge impone tempi diversi, rispettando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi una pubblicità ex ante. Nel ricorso quindi si sottolinea la mancanza di trasparenza che ha riguardato non solo Carichieti ma anche Carife, Banca Marche e Banca Etruria. Andiamo avanti.

Il secondo punto sostanziale del ricorso verte su “oscuramento delle perdite reali e dei risultati della gestione commissariale”. Nessun azionista né i creditori hanno potuto fare verifiche. Anche se la legge li garantisce in tal senso. E' probabile che questa parte del ricorso sortirà, il 18, l'effetto di costringere Bankitalia ad agire a carte scoperte, a mostrare cioè bilanci e sofferenze reali alla data del decreto Salvabanche. Ma il tema più importante del ricorso riguarda la «svalutazione irrazionale dei crediti», che ha portato all’azzeramento dei patrimoni delle Fondazioni che, nel caso di Carichieti, deteneva l’ottanta per cento delle azioni della Cassa di Risparmio.

«Non ci fosse stata una svalutazione illegittima ed eccessiva – si afferma nel ricorso –, al di fuori del 40% previsto dal sistema, tali crediti avrebbero prodotto un significativo impatto: impedire il dissesto; diminuire o addirittura rendere superfluo il sacrificio dei diritti di azionisti e obbligazionisti; fino a generare un credito di Carichieti nei confronti della Nuova Carichieti». E' questo il passaggio da cui deriva la definizione di “esproprio” attuato, sempre secondo chi ricorre, con un meccanismo complesso: «I crediti deteriorati vengono passati alla good bank a valore zero e poi fatti transitare alla bad bank al valore di 900 milioni di euro a favore della banca ponte». Ciò sortisce la nascita sul mercato in un nuovo istituto senza sofferenze ma con un ricco credito garantito da Bankitalia e appetibile per un possibile acquirente.

L'ultimo punto è un affondo nei confronti di Banca centrale definita “in conflitto di interessi” per i suoi molteplici ruoli di «debitore, creditore, garante, autorità di vigilanza, autorità di risoluzione, amministatore e aggiudicatore di una procedura ad evidenza pubblica». Il tutto si traduce in una ipotesi di incostituzionalità del decreto Salvabanche. Ma il verdetto spetta al Tar Lazio.