Sanità e appalti, 4 arresti: «Sistema di corruzione» 

Ai domiciliari il primario Di Giammarco, due imprenditori e un rappresentante

CHIETI. «Gli unici interessi del primario Gabriele Di Giammarco sono stati quello di alimentare il proprio prestigio personale e gli interessi economici dell’impresa amica, anche a costo di mandare a morte un paziente». È racchiuso in questa frase del giudice Luca De Ninis il fulcro dell’inchiesta sfociata in quattro arresti e due misure interdittive che sconvolge il mondo della sanità teatina e svela un fenomeno di «corruzione sistemica» nel reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale Santissima Annunziata, dove le valvole cardiache venivano comprate senza bando e a un prezzo doppio rispetto a quello di mercato e i dispositivi medici erano dissipati di proposito per fare lievitare i guadagni delle imprese fornitrici. In cambio, dice l’accusa, Di Giammarco ha ricevuto l’arredo del proprio studio in ospedale per un valore di oltre 27mila euro, un soggiorno a Cuba di 13 giorni, il pagamento di cene in ristoranti rinomati, l’utilizzo gratuito di un posto barca al porto di Pescara e un viaggio a Lisbona di 4 giorni. «Un intreccio di relazioni opache» andato avanti otto anni, scrive il sostituto procuratore Giancarlo Ciani che ha coordinato le indagini della guardia di finanza di Chieti, diretta dal colonnello Serafino Fiore.
I NOMI Ai domiciliari, oltre a Di Giammarco, già sospeso per un anno dalla cattedra universitaria per una storia di false presenze in ateneo, sono finiti gli imprenditori Maurizio Mosca e Antonio Pellecchia e il suo dipendente Andrea Mancini: per tutti il pm aveva chiesto il carcere. Il giudice ha inoltre disposto nei confronti di Tomaso Bottio il divieto temporaneo di esercitare la professione di medico chirurgo per 12 mesi e per Daniele Marinelli, in servizio a Cardiochirurgia, la sospensione dall’ufficio pubblico di medico ospedaliero per un anno. Indagata anche l’attuale direttore amministrativo della Asl Lanciano Vasto Chieti Giulietta Capocasa, all’epoca dei fatti direttore generale facente funzioni, accusata di abuso d’ufficio in relazione all’acquisto di un’apparecchiatura da 95mila euro in assenza di preventivo, attestazione in ordine all’unicità del prodotto e di una delibera a contrarre della pubblica amministrazione. Il pm ha chiesto per la Capocasa – nei cui confronti ieri è scattata la perquisizione di abitazione e studio – l’interdizione dai pubblici uffici per 6 mesi: il giudice si esprimerà dopo l’interrogatorio di garanzia. Per gli altri indagati le accuse sono, a vario titolo, di corruzione, falso, turbativa d’asta e omicidio colposo.
LE ACCUSE Le indagini dei finanzieri, coordinati dal tenente colonnello Emiliano Sessa e dal capitano Giuseppe Laganà, dimostrano, come spiega il gip De Ninis, «a quali drammatiche conseguenze può condurre la scelta, anche da parte di soggetti dotati di formazione culturale e professionale elevata o addirittura apicale (come il prof Di Giammarco), di considerare il rispetto delle regole e delle procedure poste a tutela della corretta esplicazione della funzione pubblica come un inutile ostacolo verso il raggiungimento dei propri interessi e obiettivi, fino al punto di perdere completamente la considerazione degli interessi pubblici posti a loro fondamento e persino il senso della propria missione professionale».
IL MECCANISMO È svelato dal gip: «Il sistema di approvvigionamento dei prodotti con l’abuso del regime di acquisto senza gara, messo a punto per una molteplicità di prodotti e avvalendosi della sostanziale adesione degli organi amministrativi della Asl deputati al controllo dei requisiti, si è sviluppato per oltre un decennio». Come raccontano le carte dell’accusa, «nel processo di approvvigionamento di materiali e apparati medicali è stato accertato il ricorso ingiustificato, incontrollato e protratto per anni alla cosiddetta infungibilità, che ha consentito di acquistare prodotti e apparati con la semplice attestazione della mancanza di un’alternativa diagnostica, terapeutica o tecnica, per lo specifico caso clinico, così generando una serie di acquisti incontrollati nei confronti di aziende amiche». Per ricostruire il complesso quadro contabile-amministrativo, come sottolineato dalla Finanza, è stato importante il «contributo fattivo» di Thomas Schael, attuale direttore generale della Asl.
PAZIENTE MORTO Dall’inchiesta emerge anche la morte di un 59enne di Atri sul quale, nel 2019, fu eseguito all’ospedale di Chieti un intervento di impianto di assistenza ventricolare sinistra della tipologia Heart Mate 3, apparecchio costato 95mila euro. Secondo l’accusa l’intervento fu eseguito da Di Giammarco e Bottio nonostante l’erronea valutazione del tipo di intervento da eseguire e senza inviarlo a un centro trapianti per una valutazione. Ai due medici è contestato l’omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente. Per il gip, che definisce Di Giammarco la figura di maggiore rilievo, la vicenda del paziente deceduto «che, salvo approfondimenti tecnici, appare poter fondare la contestazione di omicidio volontario con dolo eventuale, è il punto culminante dell’abuso della propria funzione e dell’asservimento a interessi personali incompatibili con la stessa funzione medica».
PERCHÉ L’ARRESTO Secondo il gip, Di Giammarco, sospeso anche dalla Asl dopo l’inchiesta che ha riguardato le sue presenze in ateneo, deve andare agli arresti domiciliari perché un’altra misura «non garantisce la tutela dell’esigenza di preservazione delle fonti di prova». Il motivo? «La sua inclinazione alla mistificazione e al condizionamento è emersa con nettezza e la qualità dei rapporti intessuti con una pluralità di dirigenti della Asl, a partire da quelli che potrebbero assumere la veste di coindagati, induce a ritenere che certamente, se lasciato in libertà, tenterà di condizionare i testimoni, precostituire giustificazioni pretestuose e versioni di comodo, ottenendo prevedibile adesione dai soggetti interni all’amministrazione». E ancora: «Il metodo illecito è stato evidentemente suggerito, se non anche imposto, agli altri medici, tra i quali spicca la figura del giovane Marinelli, che ha immediatamente aderito alla filosofia del moltiplicare il fatturato dell’impresa Pellecchia, intrattenendo rapporti amicali e confidenziali con il dipendente Mancini. Questi si estendono a tal punto che Mancini può permettersi di suggerire quali e quanti prodotti da lui forniti debbano essere usati nei singoli interventi ed entrambi commentano con sarcasmo la scelta del chirurgo di dissipare confezioni che costano centinaia di euro. «Metto a litrate, a litrate», diceva Marinelli, senza sapere di essere intercettato, «con un entusiasmo avvilente».