Truffatore ferito con una bottigliata dalla vittima: arrestati lui e il complice

Un sarto cinese, raggirato con una chat romantica, consegna 32mila euro ai malviventi mandati dalla finta fidanzata. Ma il commerciante si accorge di essere stato ingannato, si scaglia contro l’impostore e lo colpisce alla testa
CHIETI. La bottiglia di vetro si schianta contro la testa dell’uomo un attimo prima che la polizia possa intervenire. Non è un film: è il pomeriggio di shopping in via Arniense, nel cuore del centro storico di Chieti. I passanti si fermano, increduli, mentre un sarto cinese, che lavora con vista su corso Marrucino, scarica la sua rabbia contro il truffatore che è appena entrato nel suo negozio per incassare l’ultima rata di un sogno inesistente. È l’epilogo di un’indagine che la squadra mobile teatina, coordinata dal pubblico ministero Giancarlo Ciani e diretta dal commissario capo Francesco D’Antonio, sta chiudendo proprio in quel momento. Ma è soprattutto la fine di un incubo per la vittima, che decide di farsi giustizia da sola un istante prima di essere salvata dallo Stato con l’arresto di quel truffatore (ferito) di 38 anni e del complice di 44, il primo ancora in ospedale e l’altro rinchiuso in carcere.
La storia che porta a questo scontro in pieno centro si dipana nei mesi precedenti e ha tutti i tratti della moderna commedia degli inganni, crudele e digitale. Il sarto vive le sue giornate tra stoffe e riparazioni fino a quando lo schermo del suo telefono non si illumina. È una richiesta di contatto sui social. La foto profilo mostra una giovane donna cinese, bella, gentile. Lui accetta. Iniziano a scriversi. Le chat diventano il centro delle sue giornate: si scambiano i numeri, si mandano foto, costruiscono un’intimità fatta di pixel e parole. Lui si innamora. Lei, o chi per lei, alimenta questo sentimento con maestria, arrivando a promettergli il matrimonio. Non si sono mai visti, ma per il sarto quella donna è reale, è il suo futuro.
Ed è qui, sul terreno fertile dei sentimenti, che la trappola scatta. La fidanzata virtuale gli parla di un affare, un progetto da costruire: aprire un negozio di bigiotteria online. Serve un capitale iniziale, spiega. E aggiunge un dettaglio fondamentale: lei non può ritirare i soldi di persona, ma manderà dei collaboratori fidati. Il sarto, accecato dalla prospettiva di una vita insieme, non esita. Apre la cassa, prende i risparmi. In due occasioni diverse, due uomini si presentano alla sua porta. Lui consegna le banconote: 32.000 euro in totale. I soldi spariscono nelle tasche dei sedicenti collaboratori, che si dileguano tra i vicoli di Chieti.
Il tempo passa e le crepe nella narrazione si allargano. Il sarto chiede di vederla, di incontrarla finalmente. Lei trova sempre una scusa. Il negozio online non vede mai la luce. Il dubbio, lento ma inesorabile, inizia a farsi strada nella mente dell’uomo. Rilegge i messaggi, guarda quelle foto che forse sono state rubate da chissà quale profilo, e capisce. Quella donna non esiste. O, se esiste, è solo un’esca, un fantasma digitale manovrato da una batteria di truffatori che lo sta prosciugando.
La conferma arriva con l’ennesima richiesta: servono altri 7.000 euro. Questa volta il sarto non paga. Chiude il telefono e va in questura. Racconta tutto agli investigatori. La polizia decide di tendergli una trappola: il sarto deve presentarsi regolarmente all’appuntamento di sabato sera. Gli agenti della squadra mobile di Chieti, intanto, si mescolano alla gente e diventano ombre in via Arniense, pronti a chiudere la rete.
Arriva il momento dell’incontro. Un uomo di 38 anni, cinese, entra nel negozio. È uno dei collaboratori, è venuto a prendere i 7.000 euro. Ma quando il sarto se lo trova davanti, qualcosa si rompe. Non vede più l’operazione di polizia, non vede la legge che sta per fare il suo corso: vede solo la faccia di chi lo ha umiliato, di chi ha giocato con la sua solitudine. L’istinto prende il sopravvento sulla ragione. Afferra una bottiglia e colpisce. Il truffatore barcolla, ferito. Gli agenti, che erano pronti a far scattare le manette, devono intervenire in corsa per bloccare il sarto e soccorrere il ferito, evitando che la situazione degeneri ulteriormente davanti ai testimoni attoniti.
Mentre l’ambulanza del 118 porta via il trentottenne – che finirà ricoverato, ma non è in pericolo di vita – i poliziotti chiudono il cerchio anche sul complice. Un altro uomo, 44 anni, è rimasto in auto poco distante, il motore forse ancora caldo, in attesa di dividere il bottino. Finisce in manette anche lui, destinazione carcere di Madonna del Freddo. L’accusa per entrambi è truffa aggravata. Per il sarto, la fine dell’incubo ha il sapore amaro della disillusione e il rumore di una bottigliata in un pomeriggio prenatalizio.

