Uccise la madre in casa con 34 coltellate Il perito: è capace di intendere e di volere

25 Settembre 2024

Lo psichiatra nominato dalla Corte d’assise: quando De Vincentiis colpì la donna, era consapevole di ciò che stava facendo L’assassino di 51 anni è anche in grado di stare in giudizio e partecipare al processo: lunedì la sentenza, rischia l’ergastolo

CHIETI. Cristiano De Vincentiis, quando ha ucciso la madre con 34 coltellate alla schiena, al collo e alla nuca, era pienamente capace di intendere e di volere. Non solo: attualmente è in grado di stare in giudizio e di partecipare al processo in modo consapevole. È l’esito della perizia disposta dalla Corte d’assise di Chieti sul cinquantunenne imputato dell’omicidio volontario aggravato di Paola De Vincentiis, 69 anni, originaria di Lanciano, trovata senza vita dai carabinieri il 19 ottobre 2022 in una piccola casa di Bucchianico, al civico 4 di via Cappellina San Camillo. Un reato che, per come è contestato dalla procura, può comportare l’ergastolo. Il contenuto della relazione di 29 pagine dello psichiatra Giovanni Battista Camerini sarà illustrato nell’udienza che il presidente Guido Campli (giudice a latere Maurizio Sacco) ha fissato per lunedì prossimo, quando è attesa anche la sentenza.
COSA DICE LA PERIZIA
Secondo il perito, «non vi sono motivi per dubitare che De Vincentiis fosse consapevole del significato e della portata antigiuridica delle azioni compiute, ovvero fosse in grado di rappresentarsi la correttezza del proprio operato e le sue conseguenze». Più nel dettaglio: «Non emergono elementi che segnalino una cancellazione della coscienza dell’Io e, quindi, un’incapacità di valutare il senso sociale e il significato morale dell’atto eseguito e di comportarsi di conseguenza». Per quanto riguarda la capacità «di autodeterminarsi liberamente e consapevolmente, non sussistono elementi sufficienti per affermare che le operazioni di valutazione, di progettazione e decisionali di De Vincentiis fossero alterate dalla tendenza ad attribuire riferimenti e interpretazioni abnormi alla realtà esterna».
«PUò AUTODETERMINARSI»
In altre parole: «Le condizioni psichiche di De Vincentiis al momento del fatto non erano tali da impedire, per ragioni patologiche, condotte diverse rispetto a quelle poste in essere». Quanto all’eventuale «pericolosità sociale», il perito ha ritenuto di non dover rispondere al quesito, perché «non è stata individuata alcuna patologia tale da poter incidere sulla capacità di De Vincentiis di autodeterminarsi», dunque questa valutazione rientra «nella competenza propria del magistrato».
LA RICOSTRUZIONE
Per l’accusa, quella mattina Cristiano De Vincentiis stava dormendo, disteso sul letto, all’interno della sua camera. All’improvviso, come ricostruito dal sostituto procuratore Giancarlo Ciani, «è stato aggredito dalla madre Paola che, entrata nella stanza, lo colpiva al capo con la punta di uno schiaccianoci e al petto, zona mammella, con un coltello da cucina della lama di circa 20 centimetri, procurandogli una lesione lacero contusa in regione pettorale destra di cinque centimetri». Subito dopo, Cristiano si è alzato dal letto e ha iniziato una colluttazione con la madre, «nel corso della quale riportava ferite alla mano destra per sfilare alla donna il coltello di cui si era munita». A quel punto, scrive il pubblico ministero, l’imputato avrebbe potuto difendersi, «neutralizzando» la donna e anche allontanandosi dall’abitazione «per chiedere aiuto». E invece ha deciso «di colpire a sua volta la madre, avvalendosi del medesimo coltello, con il quale sferrava all’indirizzo del genitore ben 34 coltellate» in più parti del corpo, soprattutto alla schiena, anche a livello polmonare, al collo e alla nuca. Cristiano, dunque, ha causato «volutamente la morte» di Paola.
LA DIFESA E LA PARTE CIVILE
L’imputato, difeso dall’avvocato Gian Luca Totani, ha invece scandito nel corso dell’ultima udienza, che si è celebrata lo scorso maggio: «Io sono in galera ingiustamente. Lei mi ha aggredito e io mi sono difeso: ho avuto paura, pensavo che mi avrebbe ucciso». Cristiano ha sostenuto di non aver avuto mai discussioni con la madre legate a motivi economici, affermando l’esatto contrario di ciò che aveva dichiarato nel corso dell’interrogatorio davanti al pm all’indomani delle pugnalate: «Ero in ospedale sotto l’effetto di farmaci: se ho detto quelle parole, erano stupidaggini. Piangevo per mia madre, mi avevano dato la morfina». Gabriella De Vincentiis, la sorella della vittima, si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Anna Olivieri: Paola le aveva confidato il timore che il figlio potesse farle del male. Quel figlio, diventato assassino, che ora rischia il carcere a vita.
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