Usura, altri imprenditori «strozzati»

Nuovi scenari sui 5 bancari e mediatori indagati per prestiti a tassi illegali. La procura pronta a chiedere ulteriori misure

CHIETI. I documenti sequestrati dalla terza sezione della squadra mobile di Chieti nella sede di Roma e nella filiale di Pescara della banca abruzzese, metterebbero in evidenza scenari interessanti per gli investigatori. Il meccanismo dei prestiti erogati e poi rinegoziati a tassi usurari, orchestrato dai cinque persone – bancari, mediatori e un direttore dell’antico istituto di credito – era stato messo in atto nei confronti dell’imprenditore agricolo della provincia di Chieti ma anche a danno di altri. Nuove e interessanti orizzonti che probabilmente porteranno la procura a chiedere di nuovo misure cautelari severe per gli indagati, per i quali il sostituto procuratore della repubblica Andrea dell’Orso aveva chiesto l’arresto. La misura fu rigettata dal Gip Paolo Di Geronimo. Il giudice aveva ritenuto che la vicenda non avesse più il carattere dell’attualità.

Le indagini condotte dalla III sezione della squadra mobile di Chieti e culminate con le perquisizioni dell’altro ieri a Pescara e a Roma, si arricchiscono dunque di nuovi scenari.

Gli investigatori attualmente sono in possesso anche di intercettazioni telefoniche e ambientali. Diverse le persone, presunte vittime, sentite. Anche se durante gli interrogatori è stata riscontrata una sorte di reticenza a chiarire i fatti. Alcuni, che hanno ottenuto i prestiti fuori dal circuito ufficiale, non hanno avuto difficoltà a dire che gli indagati in realtà sono stati dei benefattori, considerato che hanno aperto strade al credito ufficialmente negate. Atteggiamento di riconoscenza del resto assunto dallo stesso imprenditore suicida.

L’inchiesta è stata avviata un anno fa circa, quando moglie e figli del titolare di una azienda agricola che si impiccò perché finito sul lastrico, raccontarono alla polizia di come marito e padre finì nella trappola dell’usura.

L’imprenditore che si occupava anche di catering, ad un certo punto si trovò in cattive acque. Protestato e segnalato al Centro rischi della Banca d’Italia come impreditore inaffidabile, venne avvicinato da alcuni dipendenti di uno di quegli istituti di credito che ufficialmente gli aveva rifiutato i finanziamenti. Con la complicità anche del direttore e la connivenza di alcuni impiegati venne erogato un prestito a tassi piuttosto alti. Somma di denaro che in un primo momento si rivelò salutare per la ripresa dell’attività. Boccata di ossigeno che però durò ben poco.

Il mutuo così venne nuovamente rinegoziato a tassi maggiori. I mediatori che curavano i rapporti con le banche si fecero dare, per l’interessamento, anche il 10 per cento della somma ottenuta. E per garantire la buona riuscita dell’affare vennero coinvolte altre persone cosiddette «bancabili», i parenti dell’imprenditore che furono costrette con il loro patrimonio a garantire la restituzione del prestito.

Ma la spirale si rivelò senza via di uscita e l’imprenditore coperto di debiti decise di farla finita.

I vertici della banca abruzzese, che ha sede centrale a Roma, vennero avvertiti del presunto imbroglio da alcuni impiegati della sede di Pescara. Il direttore della filiale della città adriatica fu trasferito a Roma.

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