«Aiutiamo i giovani a capire il passato e ad amare la pace»

Franco Marini presiede il Comitato celebrazioni «Tappa a Pescara per ricordare il ruolo del Vate»

di Andrea Bene

PESCARA

È . stata scelta Pescara come seconda tappa nazionale per celebrare il centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale. Venerdì e sabato prossimi all’Aurum si svolgeranno dei convegni con illustri storici, giornalisti e politici, con un filo conduttore: «Conoscere la guerra per amare la pace». È questo anche il titolo della due giorni di manifestazioni, che si concluderanno sabato. Venerdì è prevista anche una performance teatrale. Ieri mattina, il presidente emerito del Senato Franco Marini era a Pescara per presentare l’evento in qualità di presidente del Comitato tecnico scientifico per gli anniversari di interesse nazionale. Comitato istituito dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Marini ha rilasciato un’intervista al Centro in cui ha parlato della due giorni all’Aurum, del dramma della guerra, di che cosa hanno rappresentato per l’Italia gli anni dal 1914 al 1918. E, rispondendo alle domande del cronista, Marini ha anche affrontato un tema attuale, quello degli attentati di Parigi e Mali. Il presidente ha detto che servono un’Europa unita e segnali forti per sconfiggere il terrorismo.

Senatore, parliamo innanzitutto del primo conflitto mondiale. Come si può spiegare ai giovani una guerra di cento anni fa?

«Nelle famiglie italiane esiste una grande sensibilità su questi argomenti. Nella Grande guerra ci sono stati 10 milioni di morti e tante famiglie hanno avuto parenti deceduti nel conflitto. Le famiglie devono trasmettere questi ricordi. Ricordando il passato si possono evitare altre guerre».

Perché è stata scelta Pescara come seconda tappa italiana per le celebrazioni?

«Pescara ha avuto un grande protagonista, anche se discusso, Gabriele d’Annunzio. Dallo scoppio del conflitto, a fine luglio 2014, fino all’ingresso dell’Italia nel maggio 2015, il Paese si divise tra neutralisti e interventisti e le divisioni attraversarono ogni schieramento culturale e politico. Non si assistette solo ad accesi dibattiti sugli organi di informazione o nelle aule parlamentari, ma anche a vere e proprie manifestazioni di piazza, come le famose “radiose giornate di maggio”, in cui si è soliti ricordare il ruolo di protagonista di d’Annunzio e la sua accesa polemica con Giolitti, l’ex presidente del Consiglio, convinto sostenitore della neutralità italiana».

Si può fare un accostamento tra la Grande guerra e gli ultimi attentati a Parigi e Mali?

«In un certo senso si può fare. La situazione è grave. Il nostro legame con l’Europa è fuori discussione. C’è bisogno di un’Europa unita che assieme ad altri Paesi, contro questo terrorismo che rischia di paralizzare, sia disposta a dare qualche segnale forte, un segnale di tenuta, secondo me indispensabile. Il presidente del Consiglio Renzi lo vedo molto attento. Questo è un momento molto delicato e lui lo sta affrontando molto seriamente. Lunedì (domani, ndr) ci sarà la direzione nazionale del Pd e in quella sede si parlerà anche di questo».

Qual è l’obiettivo di queste celebrazioni?

«Il convegno, oltre che di sicuro interesse, sarà l’occasione per ascoltare gli aggiornamenti degli studi storici su questa fase della vita italiana. Un’ultima considerazione sulla frase che abbiamo accostato al titolo del convegno: «Conoscere la guerra per amare la pace». Esso rappresenta il lavoro del Comitato, che non ha il compito di celebrare la guerra, bensì ampliare e diffondere la conoscenza di quanto accadde in passato».

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