Baglioni in Abruzzo: il tour di fine carriera a Lanciano e all’Aquila

Aperte le prevendite per il concerto nella città frentana, ancora da definire i dettagli per il live nel capoluogo di regione. Quaranta le tappe: celebrano l’album italiano più venduto
LANCIANO. Farà tappa anche in Abruzzo La vita è adesso, l’ultimo grande tour di Claudio Baglioni, capitolo finale di una carriera strepitosa, per il cantante romano che ha annunciato tempo fa il ritiro definitivo dalle scene. Due gli appuntamenti, tra i quaranta concerti programmati per questo tour di addio. Il primo è previsto il prossimo 29 agosto a Lanciano, al Parco Villa delle Rose, organizzazione Elite Agency Group, il secondo all’Aquila, data e location ancora da determinare.
Per la data di Lanciano i biglietti sono disponibili già dalle 11 di questa mattina – per le prime ventiquattro ore in prevendita esclusiva per gli iscritti al Fan Club e dalle 11 di domani per 48 ore in esclusiva per i clienti Telepass. Dal 2 ottobre, la prevendita continua sul sito TicketOne.it e nei punti vendita e nelle prevendite abituali. Un appuntamento, quello con Claudio Baglioni, fortemente voluto dal comune di Lanciano. «Sono in contatto da mesi con i manager della Elite Agency Group per concretizzare questa data e ora che finalmente è diventata realtà, non posso che esserne felice», ha dichiarato il consigliere delegato ai grandi eventi e manifestazioni, Fernando De Rentiis.
Il tour dell’artista romano attraverserà la penisola da fine giugno fino a metà settembre. Quaranta le tappe previste, numero simbolico che celebra il quarantesimo anniversario di La vita è adesso, disco più venduto nella storia della musica italiana, in suggestivi scenari all’aperto come Pompei, Paestum e Taormina, più qualche altro evento unico nel 2027, compresi alcuni stadi, tra cui Milano. Il tour prenderà il via il prossimo 29 giugno da Venezia, per la prima volta di Baglioni in piazza San Marco, mentre il grande concerto di chiusura sarà probabilmente a Roma.
Ma l’ultimo giro di valzer non poteva che partire da Lampedusa. «Un luogo elettivo per me, il luogo del cuore. Mi ha dato tanto e spero in questo modo di poter restituire qualcosa», ha raccontato l’artista, che ieri ha debuttato proprio nell’isola del Mediterraneo con l’anteprima nazionale. «Cominciare da Lampedusa era quasi un obbligo morale», ha detto il cantautore all’Ansa, poco prima di salire sul palco, sabato sera, pass al collo con il suo nome, «l’unico rito scaramantico che mi concedo». Uno sforzo imponente per questo territorio «più vicino all’Africa che all’Italia», con centocinquanta persone coinvolte dietro le quinte e una ventina di artisti in scena.
Sul palco l’emozione è palpabile ed evidente: una commozione che sembra cogliere di sorpresa Baglioni appena sale sul palco e non lo abbandona per le tre ore e mezza di show. «Mi sono commosso in particolare su Avrai, forse pensando al mio nipotino. Invecchiando si peggiora», dice a luci ormai spente. «È stato il concerto più difficile della mia vita. Qui e Roma sono i due posti che mi emozionano di più, sono casa, e a casa non puoi fare il divo».
L’isola, presa d’assalto da una decina di migliaia di fan arrivati per un ultimo sussulto di estate, ha vissuto lo stesso fermento dei tempi di O’ Scià, la manifestazione che per dieci anni il cantautore – stregato dall’isola dopo esservi sbarcato quasi per caso nel 1998 – ha organizzato qui per sensibilizzare sull’immigrazione clandestina. «O Scià è un capitolo chiuso. Nasceva dal disagio di sapere che accanto a questi luoghi incantevoli si consumano storie tragiche. Gli artisti», aggiunge con amarezza, «servono a poco, tranne che a mettere la loro notorietà al servizio di qualche causa. E per dieci anni siamo riusciti a parlare di qualcosa di cui non parlava nessuno».
Il bilancio che ne fa oggi è però deludente: «Fu una grande esperienza, ma non ha portato a chissà quali risultati. Alla fine dei dieci anni mi sono sentito sconfitto. Artisti e personaggi pubblici sono trombettieri che non sanno fare nessuna guerra».
Lo sguardo sul mondo di oggi, sempre più sull’orlo del precipizio, è disincantato. «In questo momento ci sono sessanta guerre con cento Paesi coinvolti: Ucraina, Gaza, Yemen, Sudan... siamo inermi e impotenti. La bellezza dubito che possa salvare il mondo, ma se non riusciamo a far diminuire i fatti negativi, possiamo però far crescere quelli positivi». E c’è la difficoltà di «dire qualcosa, come fanno tutti. A volte per scegliere tra due preposizioni in un testo ci ho messo sei mesi, figuratevi a trovare le parole da dire su un genocidio o uno sterminio. A 74 anni non ho ancora capito niente. Se avessi una posizione, la porterei avanti». Quello in cui non vuole smettere di credere è però la possibilità di pace: «un sogno che non bisogna mai smettere di sognare perché è l’unico modo di evitare che il mondo precipiti nell’incubo».
Durante il live che omaggia La vita è adesso, più venduto di sempre in Italia con le sue 4,5 milioni di copie («quando l’ho fatto pensavo fosse un brutto disco, e invece...»), ha ricantato per intero i dieci brani dell’Lp. Ad anticiparli un preludio di quattro pezzi (Io sono qui, Dagli il via, Acqua dalla Luna, Poster) «che raccontano il mio modo di essere uomo e artista, mestiere per il quale non ero assolutamente fatto». Nella seconda parte quindici brani più tre medley, raccolti da varie epoche, «una sorta del meglio di».
A rovinare il ritorno tanto voluto a Lampedusa non sono bastate le polemiche delle settimane scorse sugli 800 mila euro di fondi comunali spesi per l’evento. «Mi dispiace sempre quando si mischiano soldi e musica, ma è una polemica nata e morta lì, malumori riconducibili a qualche voce isolata seppellita dai miei manifesti allo Mao Tse Tung sparsi un po’ ovunque, che non permettono il dissenso», dice tra il serio e il faceto»: si trattava di fondi europei che potevano essere utilizzati solo per eventi culturali». La metà di quei finanziamenti, ha sottolineato «sono rimasti all’isola, tra alberghi, ristoranti e un campo sportivo rinnovato. E gli artisti, me compreso, sono sul palco a titolo di amicizia».
Dopo l’anteprima di Lampedusa, il Grand Tour riprenderà la prossima estate da giugno a settembre (in mezzo la seconda parte del tour nei teatri fino a fine anno), in luoghi di valore storico, artistico e paesaggistico. «Era tanto che non facevo un tour all’aperto, lo consideravo distraente», confessa. Il nome scelto riporta ai tour degli intellettuali europei nel Settecento. «E l’obiettivo è quello: ricominciare a viaggiare, fare delle visite. Negli ultimi tempi mi sono solo trasferito da un posto all’altro, non ho imparato niente, non ho annusato. Stavolta vorrei godermela e vorrei che questo viaggio fosse documentato per immagini».
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