“D’Annunzio e la Velocità” l’audacia del Vate e di un Paese 

Francesco Nuvolari chiude la trilogia dedicata alle passioni del Poeta pescarese Nel volume anche trionfi e tragedie di donne spericolate che sfidarono i pregiudizi

L’audacia, ovvero quella forza istintiva in cui al coraggio si unisce la noncuranza o lo sprezzo del pericolo o del rischio – che sia fisico o sentimentale poco importa – era un tratto caratterizzante di Gabriele D’Annunzio, sostantivo ricorrente nel suo descriversi o nella descrizione di lui fatta dai suoi contemporanei. Il Poeta pescarese si tuffava , con audacia dunque, in ogni impresa: amorosa, guerresca, inedita. Ed ecco allora che le automobili prima, gli aerei poi diventano passioni del Vate, vissute e trasferite nei suoi romanzi. E scandagliate in una trilogia di cui la raffinata casa editrice napoletana Grimaldi & C. Editori, ha pubblicato di recente l’ultimo volume, “Gabriele d’Annunzio e la Velocità” di Francesco Nuvolari, iniziata con “D’Annunzio Nuvolari, Il poeta, il pilota e la tartaruga”, (Byblos, 2003) e proseguita con “Tazio Nuvolari e la Coppa Acerbo” (Effe G Enne 2011).
Era necessario scrivere un altro libro su D’Annunzio? Questa è la domanda che l’autore racconta di essersi posto prima di scrivere, e la risposta evidentemente è stata sì, «perché sinora nessuno aveva compiutamente legato il Poeta di Pescara alla Velocità, un amore che lo accompagnò per tutta la vita», spiega Nuvolari, nome con la velocità nel Dna (è nipote del pilota).
Ma il libro è stato anche l’occasione per parlare di molti italiani e di venti donne, dimenticate oggi, ma che in quegli anni spesso con le loro gesta “umiliarono” l’uomo. La velocità è così descritta nelle sue diverse declinazioni e il periodo trattato, anche dal punto di vista storico, va dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta. Un’epoca in cui gli esseri umani (donne e uomini) non avevano paura di morire, anzi, «affrontarono spesso la morte con il sorriso, beffardo, di chi credeva di essere immortale», si legge nelle note al volume. E molti di questi erano italiani, figli di una piccola nazione, ma che in pochi anni riuscì a sorprendere l’opinione pubblica mondiale. Era l’Italia che stupiva, affascinava, che si faceva amare per le sue imprese e per le sue invenzioni. E Gabriele D’Annunzio fu uno dei suoi figli. Il mondo cambiava velocemente, il progresso sembrava inarrestabile, viverlo da protagonisti era la parola d’ordine, viverlo per non subirlo. In tutti i settori però l’Italia si trovò impreparata, inadatta a ricoprire un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale.
«Impreparata ma non sconfitta, e accettò la sfida». L’aria, la terra e il mare, mondi sconosciuti da percorrere, attraversare, superare, ma non c’erano industrie, non c’era una moderna classe dirigente, e non c’era una cultura dinamica e intraprendente, c’era solo un profondo senso di smarrimento e di inadeguatezza nei confronti di un grande passato solo in parte riscoperto. «Eppure, da quella condizione, nel giro di pochi anni l’Italia si risvegliò dal lungo sonno e con lei si risvegliarono molti dei suoi figli per sfidare l’aria, la terra e il mare», sostiene ancora l’autore. Le industrie iniziarono a produrre aerei, auto, navi e per ogni settore si realizzarono imprese mai tentate prima da nazioni più potenti e industrializzate. Se D’Annunzio fu il cantore di tutto questo, molti altri furono i veri protagonisti che stupirono il mondo, oggi inspiegabilmente dimenticati. Ricordare un’epoca per ricordare attraverso gli occhi del Vate quelle donne, quegli uomini e le loro imprese è quello che Nuvolari ha tentato di fare scrivendo questo libro. Cancellare il loro ricordo significherebbe, per l’autore, cancellare il lavoro di migliaia di italiani, che umilmente fecero il loro dovere perdendo spesso la vita. Grazie al loro lavoro l’Italia in quegli anni fu da molti rispettata. Nel libro sono anche riportate le vicende di venti donne, i loro trionfi e le loro tragedie. Molte sono ancora famose, altre dimenticate. La loro storia narra le ingiustizie che subirono ma anche i trionfi e il consenso popolare che conquistarono. Per gli italiani di fine Ottocento e dei primi decenni del XX secolo il nostro passato non fu un peso ingombrante ma pura energia che li portò a scrivere, con le loro gesta, nuove pagine di Storia.