Da Edoardo Leo ad Alberto Angela: la grande notte delle stelle del “Flaiano” a Pescara. «Arrivederci al 2026» / VIDEO

7 Luglio 2025

Festa in piazza della Rinascita. Applausi all’attore abruzzese Lino Guanciale. La soddisfazione di Carla Tiboni (nella foto, un selfie con l’attore Edoardo Leo)

PESCARA. Una piazza della Rinascita gremita ha fatto da cornice all’appuntamento conclusivo dei 52esimi Premi Internazionali Flaiano, presieduti da Carla Tiboni. Protagonisti, anche quest’anno, grandi nomi del cinema, del teatro, della televisione, del giornalismo e della fotografia, che hanno ritirato a Piazza Salotto il Pegaso d’Oro. Ad accogliere gli ospiti sul palco, Martina Riva.

Il Premio Internazionale Flaiano alla Carriera è andato al regista e sceneggiatore Gianni Amelio, per la sua capacità di affrontare temi sociali con sensibilità. Tra i film da lui diretti, ci sono il pluripremiato ‘Il ladro di bambini’ (1992), ‘Hammamet’ (2020), ‘Il signore delle formiche’ (2022) e il recente 'Campo di battaglia' (2024). Quest’ultimo, ambientato sul finire del primo conflitto mondiale, ha visto tra i protagonisti Alessandro Borghi nelle vesti di un ufficiale medico militare.

La serata si è aperta con il teatro: il riconoscimento internazionale per la migliore regia teatrale è andato a Peter Stein, per lo spettacolo ‘Crisi di nervi: tre atti unici di Anton Cechov’, autore ricorrente nei lavori del regista. «Cechov», ha infatti rivelato, ritirando il Pegaso d’Oro, «richiede un grande mix di immedesimazione nei ruoli, che nessun altro autore richiede». Premio alla Carriera per l’attore e regista teatrale Franco Branciaroli, che sul palco ha ricordato le sue origini abruzzesi.

È stata poi la volta di Sara Bertelà, miglior attrice per ‘Sei personaggi in cerca d’autore’ di Luigi Pirandello, che ha spiegato: «La mia madre, il personaggio che interpreto, è una leonessa ferita, non è la madre statica vista in alcune messe in scena. Lei ha sempre vicino i suoi due figli. Diceva Pirandello che lei è pura natura. Lei è sempre in azione. Non è ancorata alla sua vita passata». «Un ruolo molto potente», ha concluso, condividendo il Premio con tutta la compagnia e il pubblico.

Un’ovazione del pubblico ha poi accolto il più amato dagli abruzzesi, l’avezzanese Lino Guanciale, al suo secondo Pegaso (dopo dieci anni), per la sua interpretazione in Ho paura torero. Guanciale, che ha lavorato allo spettacolo anche come drammaturgo, ha spiegato la scommessa affrontata per portare lo spettacolo in scena. «Quello a cui il pubblico assisteva era un costante “dentro e fuori” quando parlavamo dei personaggi in questione. Portare in scena il romanzo, con tutta la sua potenza sintattica è stata una sfida». «L'autore», ha proseguito Guanciale, «è un'icona della lotta contro Pinochet, non ha mai rinunciato ai suoi vestiti da donna, e questo invece di renderlo inviso alla popolazione, l’ha reso amatissimo». L’attore ha poi rilevato che lo spettacolo è stato invitato a Santiago del Cile. «La sfida vera è portare la gente a vedere spettacoli che non si aspetta di amare», ha concluso, commentando il suo vecchio ruolo di direttore artistico al Teatro dei Marsi. Ozpetek per ‘Diamanti’, tornato l'anno dopo essere stato tra i protagonisti del Flaiano di Narrativa, occasione in cui annunciò proprio la lavorazione del nuovo film. Un film spartiacque per la sua carriera: «È stato un film importante per tante cose. È stato molto importante anche il film di Paola Cortellesi che mi ha dato molto coraggio. Da dieci anni pensavo di fare un film tutto al femminile e il suo film mi ha dato coraggio». È proprio Ozpetek ad annunciare la clip di presentazione di Vanessa Scalera: un ritorno il suo dopo aver vinto il Flaiano per Imma Tataranni. «Parlare di se stessi è sempre difficile. È un viaggio che ho fatto attraverso i personaggi. Ad alcuni ho donato caratteristiche che possiedo. Non riesco a parlare di quello che faccio, io quella magia non la riesco ancora a definire. Ma vorrei ringraziarvi perché questo è un premio importantissimo per me, lo considero un viaggio più che un approdo. Questo premio ha il nome di un viaggiatore enorme, che ha fatto un viaggio dentro e fuori di sé, di un uomo che non ha mai messo un punto ma sempre virgole».

Alberto Angela, al terzo Flaiano, commenta dal palco: «La prima volta che sono venuto qui, dal vostro applauso ho capito che le cose erano cambiate, che i messaggi che mandavamo attraverso i nostri programmi erano arrivati a destinazione. Vengo sempre qui con affetto. Questo è un Paese dove la cultura c'è. L'idea di questa puntata era di unire dei generi, Meraviglie con il Commissario Montalbano». «Realizzare questo programma per noi è stata una scoperta. Il nostro è un Paese che ha delle bellezze incredibili. Realizzare Montalbano in quei luoghi è significato accenderli. Lo ha fatto Camilleri, lo abbiamo fatto noi con questo programma. Siamo tutti un po' orfani di Montalbano e Camilleri. Questo è un premio anche alla sua grande lungimiranza».

I PREMI Per la categoria “Televisione”, i riconoscimenti sono andati a Filippo Timi, premiato come miglior interprete maschile per la sua interpretazione nella miniserie televisiva Dostoevskij, scritta e diretta da Damiano e Fabio D’Innocenzo (trasmessa su Sky). Non è lì fisicamente, ma collegato da casa, in diretta, commenta il lavoro svolto sul personaggio: «La chiave di lettura era la poesia: la prima indicazione che ho ricevuto è stata di camminare “come se fossi un fiore”. Una cosa strana, ma fondamentale per me perché era impossibile reagire concretamente all’inferno che loro raccontano. È un personaggio estremo, nella narrativa contemporanea si lavora più su queste ambigue sfumature tra bene e male. Il premio? Prometto che verrò a prenderlo il prossimo anno (ride, ndr)». Poi la poliedrica Vanessa Scalera, migliore interprete femminile per il complesso dell’opera per i ruoli interpretati nelle serie La storia della mia famiglia (Netflix) e Avetrana - Qui non è Hollywood (Disney+) e nel film Diamanti di Ferzan Ozpetek (quest’ultimo, per il successo ottenuto dal film al botteghino, è stato premiato con il Flaiano Speciale del Pubblico e campione di incassi).

Ha ricevuto il Pegaso d’Oro per la regia Sergio Rubini, premiato per la miniserie ‘Leopardi - Il poeta dell’Infinito’ (Rai1), mentre il riconoscimento alla migliore sceneggiatura è stato assegnato a Stefano Bises, Davide Serino, Antonio Scurati per la serie “M. Il figlio del secolo” (Sky), interpretata da Luca Marinelli e tratta dall’omonimo romanzo vincitore scritto da Scurati, vincitore del Premio Strega, che ritirano il Pesago con «un grande senso di inadeguatezza», dicono scherzando ai microfoni del Premio. Scurati non è lì presente, unico assente dei tre. Il miglior programma televisivo è stato GialappaShow (TV8 e Sky Uno, premio ritirato da Giorgio Gherarducci). È andato, invece, ad Alberto Angela il Pegaso d’Oro per il miglior programma culturale Ulisse, la Sicilia di Montalbano (Rai1).

Per la categoria Giornalismo, ha ricevuto il premio Massimo Giannini, giornalista, saggista, opinionista, conduttore televisivo e radiofonico ed editorialista di La Repubblica: «Il cretino collettivo», dice citando Flaiano, «si nutre oggi di social. Il giornalismo oggi è fondamentale, è un lavoro anche se spesso delegittimato e difendendolo difendiamo la democrazia». E chiude con una battuta, sempre da Flaiano: «Spero che l’insuccesso non mi dia alla testa». Con l’arrivo sul palco del direttore artistico Riccardo Milani si alza il sipario sulla sezione cinematografica, molto nutrita con tanti nomi coinvolti: Gianni Aurelio riceve il Flaiano alla carriera dopo un breve filmato che ha ricordato alcuni momenti chiave dei suoi film: «Ma maestro no!», dice ridendo alla conduttrice che lo accoglie chiamandolo così. «Sono forse l’unico regista al mondo che ha vinto un premio alla carriera al terzo film, ex equo con Pontecorvo. Monicelli dalla platea del premio gridò: “Danno un premio alla carriera a uno che non l’ha mai fatta e a uno che non la farà mai”». E ringrazia per il premio prima di abbandonare frettolosamente il palco, lasciando il posto a Milani che tira le somme della stagione: «Il cinema è un’arte popolare e mi da soddisfazione sapere che così tante persone hanno scelto di partecipare ai nostri appuntamenti».

‘I bambini di Gaza - Sulle onde della libertà’ di Loris Lai vince il premio Opera prima e seconda. Premiati Edward Berger (regista di Conclave, ha ricevuto il Premio Flaiano Internazionale), Edoardo Leo, migliore interprete maschile per il ruolo ricoperto nel film Follemente, diretto da Paolo Genovese, per la quarta volta vincitore della kermesse: «Il primo appuntamento è drammatico se ci vai nel giorno del derby», scherza Leo, «ma questo film davvero racconta una situazione che vivono tutti, tra i personaggi che ho fatto è quello che mi somiglia di più. Nuovi progetti? Il mio produttore è di Pescara, è iniziato tutto da qui con Stefano Francioni che ha creduto nel mio folle progetto teatrale. Quella è una cosa che non lascio mai, sono contento così».

Quindi è il turno di Romana Maggiora Vergano, migliore interprete femminile per Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini, a sua volta premiata per la migliore sceneggiatura: «Un premio alla sceneggiatura con il nome di Flaiano è un onore. Chi ama l’Italia ama il suo cinema, che è un faro per la nostra democrazia», ha detto la Comencini molto emozionata mentre riceveva il Pegaso d’Oro e alle sue spalle passavano le immagini del suo film. Quindi viene raggiunta dalla Vergano: «Questo ruolo è stato un bellissimo regalo», dice l’attrice, «avevo paura che lei non si riconoscesse nella mia interpretazione, invece mi ha permesso di agire in modo naturale e affine alla mia personalità».

Tocca a Gabriele Mainetti (per la regia de ‘La città proibita’), accolto come «il regista meno italiano tra gli italiani», racconta la fusione di genere nei suoi film: «Un’operazione funambolica, mi piace lavorare su più livelli e pensare che non si possa trovare un’armonia, poi alla fine lanciarmi in una sfida. C’è una possibilità di crescere come linguaggio, ad uscire dai protocolli». E anticipa un nuovo film: «siamo alla quinta stesura di sceneggiatura, spero di riuscire a farlo». Alessandra Celesia sal esul palco per il miglior documentario (The Flats) e da lì annuncia il nuovo documentario in lavorazione, Aliens, mentre il critico Morando Morandini consegna il premio e dice: «Che sia l’inizio di una straordinaria carriera». Una benedizione. Silvio Soldini vince per il miglior film (Le assaggiatrici, tratto dall’omonimo romanzo di Rosella Postorino): ha parlato di «sfida» pensando alla realizzazione (prima volta nella sua carriera) di un film in costume: «Volevo che fosse il più vero possibile, lo spettatore deve pensare di essere davvero lì. Volevo attori tedeschi, volevo che fosse reale. Con questo film ho esplorato personaggi complessi».

Premio Internazionale Flaiano Speciale a Caterina D’Amico e Francesco Piccolo per l’opera Suso Cecchi D’Amico – La fortuna di essere donna e altre storie per il Cinema (Einaudi): «Abbiamo cercato di fare un discorso sulla sceneggiatura come forma letteraria, ma anche sul cinema italiano, il modo in cui è cambiato mentre cambiava il contesto tutto intorno», spiega Caterina D’Amico ricevendo il premio direttamente dalla presidente Carla Tiboni. Il Premio Flaiano Speciale Cultura è andato a Paride Vitale: «Per me è come vincere l’Oscar. Quello che mi ha salvato in tutto il casino della mia vita è essere abruzzese», il suo D’amore e d’Abruzzo è alla sedicesima ristampa, tradotto anche in inglese. Ora diventa un programma tv.

Mentre il Premio di Fotografia alla carriera è stato assegnato ad Angelo Turetta: «L’anima di un film? La catturi lavorando sull’emozione, sulla meraviglia», ha commentato il fotografo ritirando il premio dalle mani di Romina Remigio. Ed è ovviamente Carla Tiboni a salire per i saluti finali: ringrazia il pubblico, Riccardo Milani, la Regione e il sindaco Masci. L’appuntamento è con la prossima edizione.

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