L’arbitro Scatena dopo la dismissione: «Sistema che ti esclude e poi ti compra»

L’arbitro di Capistrello, appartenente alla sezione Aia di Avezzano, passa all’attacco. Alla dismissione - un termine equivalente a bocciatura - decisa dall’organo tecnico - che fa capo al fiorentino Gianluca Rocchi - reagisce annunciando il ricorso e lancia accuse
Non ci sta Gabriele Scatena a passare per l’incapace di turno o la vittima sacrificale di un sistema che non l’accetta. Non ci sta, e l’arbitro di Capistrello, appartenente alla sezione Aia di Avezzano, passa all’attacco. Alla dismissione - un termine equivalente a bocciatura - decisa dall’organo tecnico - che fa capo al fiorentino Gianluca Rocchi - reagisce annunciando il ricorso. E, soprattutto con parole, affidate ai social, destinate a creare dibattito e qualche crepa nel mondo Aia.
Gabriele Scatena ha 36 anni, papà di una figlia con la seconda in arrivo, è un agente di commercio con l’hobby del fischietto. L’estate scorsa la gioia della promozione nella Can di A e B, adesso la rabbia e la delusione per una bocciatura che sa di beffa, ufficializzata martedì. In mezzo una stagione caratterizzata da un infortunio con uno stiramento al soleo. Che, ovviamente lo ha frenato. Appena otto partite di serie B e una di coppa. Va detto che la direzione di Salernitana-Cesena è stata negativa. Ma questo ci sta. Rocchi nega al “fischietto” marsicano l’esordio in serie A. Lo utilizza anche con il contagocce. E Scatena finisce in fondo alla classifica di merito e, pur non avendo le stesse partite degli altri arbitri, a fine stagione viene mandato a casa «per motivi tecnici». Un’onta difficile da digerire. Una stranezza considerato che ai primi anni viene sempre data un’altra opportunità.
Evidentemente, Scatena aveva annusato l’aria negativa, tant’è che sui social è un fiume in piena. «Non ho perso nulla», scrive riferendosi all’esclusione dal gruppo di arbitri a disposizione del designatore Rocchi. «Ho solo aperto gli occhi. Dopo 20 anni di chilometri, fischietti, sacrifici e passione, chiudo un capitolo intenso, autentico, difficile da spiegare in poche righe. È successo tutto in silenzio. Ma il silenzio non è mai vuoto. Dentro ci sono domande, scelte, parole mai dette. E la voglia, oggi più che mai, di trasformare tutto questo in qualcosa che resti. Ci sarà un seguito. E sarà solo l’inizio. Perché a volte si perde un ruolo, ma si trova una voce. E quando accade… non si torna indietro. Qualcosa nascerà da tutto questo. Ma oggi… serve solo silenzio, sguardo alto e memoria viva».
Sì, perché Scatena ha deciso di fare ricorso contro l’esclusione. Si affiderà alla giustizia sportiva attraverso la quale potrà avere accesso agli atti, ovvero vedere voti e giudizi relativi alla stagione appena terminata. E poi potrà andare al Tar, eventualmente. Non sarà il primo che sceglie questa strada. Era già accaduto a Ivan Robilotta che è stato riammesso per poi essere escluso l’anno successivo. Ma Scatena punta ad altro: «Non cerco vendetta. Cerco verità. In vent’anni di percorso arbitrale ho attraversato ogni categoria, ogni sacrificio, ogni sfida. E oggi, più che mai, so distinguere ciò che è un errore da ciò che è un disegno. Mi sono ritrovato a dover “giustificare” un infortunio muscolare, certificato da un medico dell’Asl, trattato con diffidenza, sottoposto a verifica in assenza di qualsiasi norma che lo consentisse. Nessuno prima di me, in Aia, era mai stato controllato in quel modo, senza base regolamentare, con modalità decise fuori dalle regole. Poi, dopo, le regole sono cambiate: dal 1° luglio 2025, sarà consentito al Nucleo Medico Aia di eseguire accertamenti su infortuni certificati esternamente; dal 1° luglio 2025, si potrà accedere al corso VAR anche dopo solo 1 anno alla Can (prima erano 2). Regole nate dopo», sostiene Scatena in un secondo post. «Ma nel mio caso… erano già state applicate prima».
Scatena non arbitrerà. E quindi perderà soldi, ma sfidando l’Aia si chiuderà la porta del Var. Che gli avrebbe potuto garantire un’altra stagione nel gruppo e introiti economici. E infatti spiega: «La verità è che la giostra non sarebbe nemmeno finita per me. Oggi potrei fare domanda per accedere al corso Var. Potrei accettare il compromesso, entrare in silenzio, fare finta di niente. Ma rinuncio. Perché quello che ho vissuto non lo dimentico. Perché non si può restare in un sistema che ti ha prima escluso e poi comprato. Sono rimasto in silenzio finché ho potuto. Ma a un certo punto, il silenzio diventa complicità. E io non ci sto. Pubblico questo per un solo motivo. Perché chi viene dopo di me non debba più subire tutto questo da solo. E allora, se la mia voce oggi potrà risparmiare anche solo un ragazzo, o una ragazza, che domani si troverà in una situazione simile, quella sarà la mia vera serie A».
Quel che traspare dalle parole di Scatena, che pur sollecitato non ha voluto aggiungere altro, è la delusione sul piano umano. Il sentirsi usato come una pedina del “sistema arbitri”. Tanto più che storicamente gli arbitri al primo anno nella Can di serie A e B non vengono mai dismessi. Tenendo conto della differenza di valori tra la serie C e la A e B ai direttori di gara si dà sempre un’altra possibilità. Tanto più che nell’ambiente il primo anno è considerato di ambientamento per poi giocarsi le proprie carte nel secondo. Le parole di Scatena sono frecce avvelenate. Non lo nomina mai, ma l’obiettivo - pardon - uno degli obiettivi - è il “sistema Rocchi”.
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