I pescaresi D’Anolfi e Parenti in gara a Venezia con Spira mirabilis

Sei minuti di applausi per il documentario della coppia di registi sull’immortalità «Il nostro film è un inno alla rinascita e alla ricerca del meglio di se stessi»

VENEZIA. Non si può dire che Alberto Barbera non abbia avuto coraggio a mettere in concorso al Festival di Venezia “Spira mirabilis”, l'urticante, ma poetico documentario sull'immortalità di Massimo D'Anolfi, 42 anni pescarese, e Martina Parenti, 42 anni milanese con radici a Pescara. Marito e moglie, D’Anolfi e Parenti, nel loro film, non fanno concessioni al pubblico, ma propongono solo immagini e tanto rumore di sottofondo, il fascino dei lavori manuali, nessuna voce fuori campo alla Terrence Malick, e, infine, l'ambizioso fil rouge del sogno umano di vivere per sempre. Punto di partenza: la Turritopsis, minuscola medusa immortale. Da qui un viaggio per questo film che uscirà il 22 settembre con I Wonder, tra i cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria e etere) a cui si aggiungono le meravigliose parole di Borges, lette da Marina Vlady tratte dal suo “L'immortale”. Il film è stato accolto da 6 minuti di applausi al termine della proiezione.

«Il pubblico», dicono i due registi, « non è un monolite ma sono persone, siamo noi tutti. Il cinema è vario, il cinema sono i film, che belli o brutti, sono lo specchio di quello che vogliamo guardare e cercare». Con Herzog, Tarkowski tra le fonti di ispirazioni, il film di D'Anolfi e Parenti «è un'esperienza emotiva» con al centro un tema fondamentale «l'immortalità», per raccontare la quale sono andati a pescare ai quattro angoli del mondo storie sconosciute originali, bislacche, simboliche ma verissime. «Volevamo cercare la parte migliore degli uomini proprio in un tempo come questo in cui sembriamo averla smarrita. Viviamo un momento in cui non c'è da essere ottimisti ma c'è una minoranza resistente e anche ciascuno di noi può esserlo se si guarda dentro e non la soffoca. Resistenza, rinascita, rigenerazione sono gli ambiti di questo film che non racconta eroi ma persone, comunità, che nella quotidianità tenacemente aspirano a lasciare se stessi nel tempo e qualcosa di migliore». La scintilla è stata la medusetta immortale - che lo scienziato giapponese oggi in un'ampolla ha portato a Venezia - oggetto di un articolo del New York Times, poi è arrivata la storia dello strumento magico oggetto di culto che i due musicisti/alchimisti realizzano a mano, pezzi unici con un suono ancestrale e poi le altre, come il cimitero delle statue del Duomo di Milano («Un piccolo purgatorio, o si restaurano o diventano calco per copie»).

Tutto insieme è un affresco, «un inno alla ricerca del meglio di se stessi», dicono D'Anolfi e Parenti e anche «all'etica del lavoro, quotidiano, appassionato, artigianale, fuori da logiche industriali, da standardizzazione». Un po’ come il loro cinema indipendente. «Il cinema come “prodotto” non ci interessa, non vogliamo compiacere lo spettatore, crediamo ad un pubblico spesso migliore di quello che si vuole far credere e l'indubbio appiattimento culturale che viviamo è dovuto anche a questo, per noi contano le persone». Essere in concorso con un film così? «È un segno di apertura e ne siamo felici».

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