I polli e le galline di Crocetta dalla Biennale a Pechino 

Il progetto “Chicchiria-poultry” dell’artista di Loreto alla ribalta internazionale «Nei miei quadri esseri in mutazione con l’orgoglio di essere dominatori»

Una straripante energia. Trasmessa attraverso l’uso di colori forti ed intensi, comunque idonei ad esprimere un intenso desiderio di comunicare.
E’ il denominatore comune delle opere di Ester Crocetta, artista di Loreto Aprutino, che può vantare, in diversi anni di attività, la partecipazione ad appuntamenti di prestigio a Berlino e Barcellona, personali al World Art Museum di Pechino e a Venezia, nel circuito della Biennale, fino ad arrivare, nel novembre scorso, al Museo italo-americano di San Francisco. A caratterizzarne il percorso creativo, il singolare progetto “Chicchiria-poultry”, espressione della connessione tra la vita umana e quella animale. E così, uova e galline sono diventate una sorta di filo conduttore in parecchie recenti opere di Ester.
«In un pollaio tetro e polveroso di campagna fui improvvisamente colpita dal bianco soffice delle piume e dal rosso vivo della cresta», spiega l’artista.
«Morbidezza ed esplosione di vita, un mondo che racchiude una sensazione di confine, limite sospeso tra il possedere ali e l’incapacità di volare. Esseri in mutazione che, tra le insidie quotidiane, trasmettono comunque l’orgoglio di essere dominatori. Partendo dall’uovo e dalla capacità di generarlo».
Da qui riflessioni sulle suggestioni dalla vita quotidiana che, partendo proprio da un occasionale pollaio, si allungano verso i temi universali della vita e della morte, del dominio e della prigionia, tra voglia di libertà e distruttività umana.
Contesti sicuramente particolari come la presenza, in molte opere, di corpi non ben definiti, quasi asessuati, ma sempre caratterizzati da grandi polpacci.
«Manifestazione di una forza fisica, del movimento e dell’allenamento alla vita , immagini di un racconto ciclico che si allunga come all’interno di un fumetto».
Dalle tele alla scultura. L’opera di Ester Crocetta “Voyage” è stata destinata, l’estate scorsa, ai vincitori del “Premio Antonio Recanati”, ancora una sua scultura, nelle ultime due edizioni del “Premio Giuseppe Prisco”, a sintetizzare l’annuale riconoscimento da parte del gruppo abruzzese dei giornalisti sportivi. Si tratta di “Games-13”, riflessione sugli equilibri con tre elementi che si allungano assumendo una forma morbida e fluente, assecondando il movimento di una palla.
Curve plastiche e serpeggianti, l’ultimo elemento pronto a diventare una gamba che si allunga proprio verso la palla mentre il 13, numero di maglia di Davide Astori, rappresenta un omaggio al capitano della Fiorentina, scomparso lo scorso anno. Comunque un percorso artistico denso di emozioni.
«Indimenticabile», racconta l’artista abruzzese, «l’esperienza vissuta a Pechino. Non in una galleria, ma in un luogo prestigioso, caratterizzato da una ricerca permanente sui linguaggi artistici di diversa provenienza. Fu importante anche sotto il profilo personale, trovandomi impegnata a superare diversi problemi organizzativi, considerando anche che il mio “Surreal Dream” era composto da ben quattordici tele, con una determinazione che forse nemmeno mi riconoscevo.
Poi, più di recente, San Francisco, in occasione di un appuntamento eno-culturale, impostato sulla ricerca di affinità tra vari vini e la collezione di opere. Stimolante come tutta l’attenzione che, negli Stati Uniti, si avverte nei confronti dell’arte contemporanea».
Un artista verso il quale Ester Crocetta si sente maggiormente orientata ?
«Lavoro d’istinto», risponde Ester Crocetta, «partendo da bozze che prendono corpo nel tempo e, nelle opere di Francis Bacon, c’è sempre stato un qualcosa che mi ha attratto in maniera particolare. La fluidità del tratto, le figure distorte e in evoluzione sulla tela inducono a percezioni di vita attraverso un intimo percorso introspettivo. Magari ancora tutto da comprendere».
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