Intervista a Togni: «I miei successi mi ricordano un’Italia in cui si parlava di più»

23 Ottobre 2025

In arrivo un remix dell’album cult del 1980 con “Maggie”: «Da Napoli le prime copie vendute. Il provino Rai? In tuta»

A 45 anni dalla sua pubblicazione, esce per la Warner Music una speciale edizione celebrativa restaurata dell’intero album che ha consegnato Gianni Togni al grande pubblico, dal titolo …e in quel momento, entrando in un teatro vuoto, un pomeriggio vestito di bianco, mi tolgo la giacca, accendo le luci e sul palco m’invento. Questa nuova versione Remix 2025 contiene i brani remixati e rimasterizzati dai nastri originali: Maggie, Luna, Una mia canzone, Chissà se mi ritroverai, È bello capirci (senza essere uguali), Giardini in una tazza di tè, Pomeriggio maledetto e Voglia di cantare. Era il 1980 quando in primavera le radio cominciarono a passare Luna, dopo poche settimane il giovanissimo Gianni Togni vide quel brano scalare tutte le classifiche, per poi divenire la hit dell’estate nonché poi nel tempo una delle canzoni più celebrate (e cantate) della storia della musica italiana. «Cercavamo di descrivere la società che ci circondava, sia musicalmente che nelle liriche», racconta Gianni Togni, «Ragazze figlie dei figli dei fiori, da cui è nata Maggie, il ritratto onirico di un clochard che viveva tra i sotterranei della metropolitana, con Luna, la rappresentazione dei miei inizi da cantautore in Una mia canzone, il primo amore giovanile ormai finito di Chissà se mi ritroverai”, le notti a parlare tra amici nelle quali È bello capirsi (senza essere uguali), i ricordi d’infanzia dentro Giardini in una tazza di tè (che era anche il primo titolo che Proust aveva in mente per Alla ricerca del tempo perduto), le difficoltà interpersonali che s’incontrano quando ci rendiamo conto che stiamo diventando adulti in un Pomeriggio maledetto, il viaggio spensierato tra le strade nelle sere della prima estate romana in Voglia di cantare. Sì, perché quelli erano gli anni delle fantastiche estati romane inventate da Renato Nicolini e a Roma si respirava un’aria incredibile con mille concerti e mille iniziative artistiche ovunque. Così nacque il mio secondo album, che ebbe un successo superiore a ogni aspettativa. Ricordo che organizzammo un vero e proprio tour radiofonico, che durò 45 giorni. Attraverso gli agenti discografici della Cgd, che operavano nelle diverse regioni, facemmo quattro/cinque radio al giorno, ovunque, da Bolzano alla Sicilia. E questo lavoro molto intenso portò degli ottimi frutti. Alla fine tutte le radio passavano Luna». E in tv? «Avevo fatto solo Discoring. Oggi invece non si possono più cantare le canzoni nuove in televisione. Tra l’altro in quegli anni per esibirti sui canali Rai dovevi sostenere una sorta di provino “estetico” nell’auditorium del Foro Italico. A me poi, figurarsi, proprio non interessava avere un look, ma mi chiedevano di evitare i jeans e indossare qualcosa di originale, e allora scelsi di mettere delle tute, ne utilizzai prima una rossa, poi una bianca».

Togni era reduce da ben tre anni sui palchi dei Pooh, dove apriva i loro concerti con un set di 7 brani. «Ho davvero imparato a stare sul palco», prosegue, «con quella lunga esperienza live con loro, che fu preziosa». Ma per quel suo secondo album il budget era limitato. Così fu costretto a incidere l’intero disco in un solo giorno. Ma perché restaurare quell’album, oggi? «È una cosa che non avevo mai fatto. A me piace sempre guardare avanti. Ma mi piace anche imparare. E allora abbiamo ripreso i 24 tracce, i nastri originali di quel tempo. Nastri che abbiamo dovuto pulire, poi mettere in un forno ad hoc a 45 gradi. E poi è cominciato il lavoro sul banco, con le tracce separate. Pensavo fosse un lavoro di una settimana». E invece? «E invece con Massimiliano Rosati abbiamo trovato molte difficoltà: rullanti distorti, alcuni strumenti in controfase. E poi c’era da risolvere il problema delle frequenze, ci sono casi in cui uno strumento rischia di “mangiare” l’altro». Per esempio? «In Luna siamo riusciti a far riapparire i flauti. Sulla voce non abbiamo avuto problemi, perché avendo inciso tutto in un giorno, la voce nelle canzoni era sempre più o meno la stessa. Ma è stato davvero un lavoro molto complesso. Allora avevamo un fonico alle prime armi, al suo primo album. Era una produzione davvero povera. Per incidere l’album seguente, per intendersi, abbiamo avuto due mesi di tempo». Togni ci fa ascoltare la nuova versione dell’album in uno studio di registrazione romano, mettendo in rilievo tutti i passaggi con cui si è arrivati a migliorare la qualità di ogni pezzo e a rendere giustizia ad ogni strumento. E lo fa in modo minuzioso e appassionato. Spiega che «il lavoro di restauro sonoro è avvenuto mediante l’uso combinato di tecniche analogiche e digitali, per dare nuova vita alle dinamiche originali senza alterarle. E così abbiamo consegnato l’album a una nuova vita, consentendo a chi ascolta di scoprire nuovi particolari. Insomma, alla fine abbiamo realizzato un album fedele all’originale ma migliorato dalle tecnologie che abbiamo a disposizione oggi». E il 45 giri? «In copertina non era specificato se il brano di lancio fosse Luna o Chissà se mi ritroverai, non era chiaro quale fosse il lato A e il lato B. Alla fine per fortuna la scelta cadde su Luna, le radio passarono quella, e io sono assolutamente d’accordo, per me era Luna il lato A. Anche se il mio produttore, Giancarlo Lucariello, un tipo romantico, avrebbe preferito l’altro brano». Ma come accolsero in Cgd un titolo così lungo? «Nacque tutto in modo davvero singolare, ero in auto col mio produttore, che voleva chiamare l’album Debutto. Per carità. Stavamo andando negli uffici della mia casa discografica di allora, la Cgd, a Viale Mazzini, e mi frullavano in testa diversi titoli possibili: “In quel momento”, oppure “in un teatro vuoto” e così via, e alla fine decidemmo di cucire tutte le frasi insieme, e in Cgd non si opposero, forse perché non credevano davvero fino in fondo in quell’album». E invece? «Arrivò un primo ordine di 30mila copie da Napoli. Le foto per l’album furono scattate da mio fratello Piero in un piccolo teatro dietro piazza Navona, gestito da un irlandese. Piero ha lavorato con Venditti, Bowie, Rino Gaetano, Rolling Stones e tanti altri». Ma al di là della sfida tecnologica nel remixare il disco, tornare a lavorare su quei brani l’ha emozionata? «Sì. Mi sono emozionato. Sono tornato a ripensare a quegli anni, e a quel che accadeva. Erano anni di grande contrapposizione politica, ma si parlava di più, ci si incontrava, si condividevano tante cose. Non c’era questa corsa all’io, alla “autoreferenzialità”. Era tutto più semplice. Io e Guido Morra, compagni di liceo, ci vedevamo tutti i giorni per scrivere insieme. Ma vivevamo tutto con grande libertà, scrivevamo e poi facevamo una pausa giocando a ping-pong, e poi la domenica pomeriggio andavamo al FolkStudio, di pomeriggio perché eravamo minorenni. Non avevamo grandi sogni, solo la voglia di condividere le nostre passioni musicali e letterarie». E ancora una volta per un suo album la parola d’ordine è la qualità. «Io amo fare le cose bene. La gente che compra gli album merita qualità. Perché devono spendere per un vinile che suona male? I dischi vanno incisi e stampati bene! Sempre! Prima di dare il via libera a questo album mi son fatto mandare la copia del transfert. Il mio ultimo album Edizione Straordinaria l’ho rifatto quattro volte. Se vogliamo continuare a far vivere la musica, questi aspetti sono fondamentali. Io sono contento del lavoro che abbiamo fatto, che in Inghilterra e in Usa è frequente, qui da noi meno. Perché unire l’analogico al digitale oggi è importante, tenendo conto sempre degli equilibri. Le due cose insieme creano un mondo. Se tu incidi su un nastro 24 e sul digitale le stesse canzoni, in modo identico, quando le vai a risentire trovi una differenza enorme. La stessa che passa tra una immagine piatta e una scultura. Qui in questo disco remixato gli strumenti vengono fuori tutti, non son “spiaccicati”. È tutto più costoso come procedimento, ma cambia la vita dei brani». Il cofanetto è composto da un Lp, che include le otto tracce dell’album, e da un CD che - oltre alle stesse tracce - contiene anche Luna in spagnolo e le versioni alternative di quattro brani realizzate per l’occasione. In totale, tredici brani. Il cofanetto è arricchito da un booklet di 20 pagine con i testi dei brani e con foto dell’epoca, immagini inedite, digitalizzate dalle diapositive, che raccontano non solo l’inizio della carriera di Gianni Togni, ma fanno respirare l'aria di quegli anni. Un album tutto da ascoltare, e riascoltare, per chi già possiede la prima edizione, e che troverà molte sorprese, assaporando l'alta qualità di questa edizione restaurata. E per chi non conoscesse quel disco che consegnò Togni al grande pubblico, l’occasione è ghiotta per un viaggio sonoro nei suoi racconti-canzone. Un artista speciale che preserva, da anni, la sua coerenza, alimenta costantemente il suo amore per la musica, ha grande rispetto del suo pubblico, e custodisce con rigore e con piacere la propria libertà. Difficilmente lo si vede in tv in quelle trasmissioni “rievocative” dei vecchi successi di tanti cantanti. Lui custodisce con scrupolo il passato, vive nel presente, guarda verso il futuro. Un po’ come fa la musica.