Veronica Pivetti all’Aquila, l’intervista: «In scena smonto le bugie sull’inferiorità femminile»

L’attrice apre la stagione al Ridotto oggi e domani: «Il trattato di Mobius sulle donne? Soltanto concetti aberranti»
L’AQUILA. «L’ironia è un’arma potentissima. Ti permette di dire qualsiasi cosa, anche la più indigesta». Da questa premessa nasce L’inferiorità mentale della donna, il nuovo spettacolo di Veronica Pivetti che inaugura la Stagione teatrale aquilana 2025/2026 del Teatro Stabile d’Abruzzo, in scena al Ridotto del teatro comunale dell’Aquila oggi alle 21 e domani alle 17.30 e alle 21. Liberamente ispirato al trattato del neurologo Paul Julius Mobius (1900), lo spettacolo attraversa – tra musica dal vivo, battute taglienti e un sarcasmo lucidissimo – le teorie pseudo-scientifiche che per decenni hanno sostenuto la presunta inferiorità naturale delle donne.
Pivetti, affiancata sul palco da Cristian Ruiz, dà voce ai passaggi più assurdi e discriminatori di quel testo, restituendoli al pubblico per ciò che sono: pregiudizi travestiti da scienza, perfetti da far esplodere con l’ironia. Sul palco la risata non addolcisce, affila: smonta stereotipi, mette a nudo le radici culturali del sessismo e mostra quanto di quelle convinzioni sopravviva ancora oggi nei comportamenti quotidiani. Produzione ArtistiAssociati – Centro di produzione teatrale, in collaborazione con Pigra srl.
Pivetti, la comicità in questo spettacolo è un’arma per smontare teorie sessiste vecchie di un secolo. Secondo lei, oggi l’ironia è ancora uno strumento efficace contro i pregiudizi?
«L’ironia è sempre un’arma efficacissima. Ti permette di dire qualsiasi cosa, anche la più indigesta. È uno straordinario veicolo di comunicazione. E in questo spettacolo ne faccio grande uso».
Nel trattato di Mobius si sostiene che le donne siano inferiori “per natura”. Qual è stato il punto che più l’ha colpita leggendo questo testo e cosa ha provato nel portarlo in scena?
«Il testo di Mobius è talmente incredibile e paradossale che non c’è un concetto più grave dell’altro: sono tutti gravissimi. È il motivo per cui ho accettato immediatamente di portarlo in scena: per far conoscere a più gente possibile contro cosa le donne hanno dovuto combattere (e lottano tuttora) per trovare il loro posto nel mondo. La nostra battaglia continua, perché l’universo è pieno di “Mobius”, più o meno dichiarati, che ci vogliono limitare in tutti i modi. Con il mio spettacolo hanno pane per i loro denti».
Il testo nasce da scritti pseudo-scientifici. Se dovesse individuare una “pseudo-scienza” sessista del 2025, quale prenderebbe di mira?
«Senza scomodare le scienze, mi basta notare il comportamento troppo spesso discriminatorio che le donne subiscono dal mondo esterno. O, al contrario, l’odiosa condiscendenza, che è un’altra forma di sessismo ancora più viscida».
Mobius e Lombroso parlavano di “donne che diventano stupide con il matrimonio”. Oggi l’idea si è trasformata o è solo cambiato il modo di raccontarla?
«I concetti aberranti che Mobius e Lombroso hanno scritto nei loro libri esistono ancora, solo che hanno vestito una forma apparentemente più civile. Ma il maschilismo esiste ovunque ed è, purtroppo, più vivo che mai».
La differenza salariale, il tetto di cristallo, la difficoltà per le donne in politica e nei ruoli apicali: stiamo parlando di retaggi culturali o di una resistenza contemporanea ancora attiva?
«Attivissima. La parte di umanità che vanta i privilegi non ha nessuna intenzione di rinunciarvi, e nemmeno di condividerli con la parte che ne è priva. Perciò, per le donne, conquistare ciò che spetterebbe loro di diritto è ancora un’impresa difficilissima».
I social amplificano tutto, anche il sessismo. Ha mai avuto la sensazione che oggi l’odio online sia la nuova versione dei trattati reazionari di Mobius?
«Sì. Con la differenza che, almeno, Mobius ci metteva la faccia. Diceva delle aberrazioni, ma si firmava con nome e cognome. Oggi le aggressioni sui social nascondono chi le commette: chiunque può dire le cose peggiori e farlo nell’anonimato. È il trionfo della vigliaccheria».
Che impressione ha del pubblico abruzzese?
«È un pubblico attento e con una gran voglia di partecipare. Per chi sta sul palco è il regalo più bello».
Se potesse riscrivere una frase del trattato di Mobius per aggiornarla al 2025, quale sarebbe?
«Aggiungerei un paio di parole al titolo: L’inferiorità mentale della donna non esiste...».
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