«La mafia scuote come il terremoto L’Aquila mi tocca» 

Mostra, film e incontri con la grande fotografa  al Festival del Reportage e del Documentario 

L’AQUILA. Risponde da Lubiana dove è impegnata a presentare la sua retrospettiva fotografica “Mafia. Passion... love”. La voce è affaticata dal lungo viaggio, da Palermo all’alba, verso la capitale slovena. Eppure, a Maria Letizia Battaglia la voglia di raccontare del suo lavoro e del suo impegno contro la criminalità organizzata non manca.
Protagonista di un'intera giornata del Festival del Reportage e del Documentario dell’Aquila, costola dell'’Aquila Film Festival, l'84enne siciliana diventò fotoreporter trovando il coraggio di puntare la propria macchina fotografica anche sulle vittime di brutali omicidi. Si ritrovò così in prima linea durante uno dei capitoli più sanguinosi della recente storia italiana.
Arresti, politici, criminali, parenti delle vittime di mafia, ma anche bambini che vivono la quotidianità di Palermo: tutto questo raccontano i suoi scatti. Non solo, del suo bagaglio fanno parte volti, paesaggi, dettagli raccolti ovunque il suo lavoro e la sua passione la portasse, anche in Abruzzo e all’Aquila che la attende giovedì, 24 ottobre, con ben tre appuntamenti dedicati. Per l’occasione, alcuni scatti di “Mafia, passion… Love” arriveranno alla Sharky Art Gallery – sul Corso nei pressi della Fontana Luminosa – per allestire una mostra che verrà inaugurata dalla stessa Battaglia alle 17.30. Saranno esposte anche alcune fotografie del suo compagno di vita, il fotografo Roberto Timperi.
«I nostri stili sono completamente diversi, ciò che li accomuna sono l’empatia e la provocazione», dicono da tempo i due autori che insieme dirigono il Centro internazionale di Fotografia di Palermo. Alle 18.30, al Palazzetto dei Nobili saranno proiettati due film dei quali la fotografa è stata protagonista: il film in anteprima “Letizia Battaglia – Shooting the mafia” e il documentario di Franco Maresco premiato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, “La mafia non è più quella di una volta”. Tra le due proiezioni, intorno alle 20.45, è previsto anche un incontro che vede l'introduzione del giornalista Ansa Luca Prosperi e di Danilo Balducci, fotografo e docente all'Accademia delle Belle Arti. Insieme, saranno a colloquio con la Battaglia. «Per me è importante tornare all'Aquila», sottolinea, «ci sono stata poco dopo il terremoto e ho fatto delle fotografie in analogico nel centro storico che, in verità, non ho mai avuto modo di stampare. Mi sono spinta sino alla Casa dello Studente. Sono rimasta colpita da quelle ferite aperte, segni di un sisma che ha cambiato la vita a così tante persone. Per me che, a Palermo, ho vissuto un terremoto umano come la mafia, i giorni che ho vissuto all'Aquila sono stati particolarmente significativi».
Non è passato molto tempo dalla sua visita a Pescasseroli, su invito di Dacia Maraini. cosa vi accomuna, oltre al legame della scrittrice con la Sicilia?
Conobbi Dacia grazie all’artista Marilù Balsamo. Siamo rimaste in contatto per molti anni. A Roma, negli anni ’70 le proposi un lavoro da fare insieme, un libro di foto per raccontare la triste realtà delle donne bambine nei quartieri poveri, costrette a partorire anche a 12 anni e a sposarsi subito dopo. Sono stata felice dell'invito a partecipare alla sua rassegna Lib(e)ri in Scena e sono anche rimasta incantata e sorpresa dal fascino di questo piccolo centro, curato, ordinato e pieno di fiori. Ho scattato alcune foto dalla finestra del mio albergo.
Gran parte del suo lavoro è legato alle fotografie di denuncia, che ripropongono le tragedie nei particolari. Spesso ci si interroga sulla possibilità di divulgare o meno delle immagini esplicite, come quelle che in questi giorni ritraggono migranti morti in mare in seguito a naufragio. immagini che talvolta vengono utilizzate anche per speculare sulla vicenda. Qual è la sua opinione?
Bisogna fotografare, avere il coraggio di mostrare tragedie e ingiustizie. Questa è la nostra vocazione. Questo è il nostro lavoro, non possiamo fare altro anche nel rispetto delle persone colpite da questi terremoti, naturali e non.
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