“Le mie canzoni altrui”: il viaggio di Marcorè con la chitarra in spalla 

Il concerto questa sera all’auditorium Sirena di Francavilla L’artista porta sul palcoscenico la sua play list del cuore  

FRANCAVILLA AL MARE. Tutto ha avuto inizio con la musica: sì perché Neri Marcorè prima di diventare l’artista poliedrico che è – e legare il suo nome alla comicità, anche con impareggiabili imitazioni, tra teatro e televisione, al cinema con interpretazioni divertenti e altre sublimi e commoventi – ha mosso i sui primi passi sul palcoscenico cantando.
Una passione mai spenta che negli ultimi anni ha ripreso linfa e corpo. Niente teatro musicale, solo una sequenza di canzoni. Talvolta commentate, più spesso no. È la sintesi estrema di “Le mie canzoni altrui”, lo spettacolo che l’attore e non solo di Porto Sant’Elpidio porta questa sera, ore 21, all’auditorium Sirena di Francavilla al Mare, ospite della stagione teatrale diretta dal maestro Davide Cavuti. Sul palco Marcorè porta la play list della sta vita, compilata secondo gusti e simpatie e «affetto» personali. Insomma una selezione elaborata seguendo assai più il cuore che la mente. Un repertorio ondivago e vasto che spazia nel mondo dei cantautori italiani e stranieri, dal folk al pop, inanellando pezzi noti e meno noti che in qualche modo rappresentano la sua formazione musicale, legata a esperienze di vita personali o semplicemente al piacere di coinvolgere il pubblico nella condivisione di un patrimonio musicale comune. Così, senza far mancare la sua ironia, che filtra già dal titolo dello spettacolo, “Le mie canzoni altrui”, con lui alla chitarra acustica accompagnato da Domenico Mariorenzi alla chitarra, bouzouki e pianoforte ecco brani di Fabrizio De Andrè (su tutti), Lucio Battisti, Giorgio Gaber, Gianmaria Testa, Lucio Dalla, Ivano Fossati Francesco De Gregori e ancora e ancora. Le prime canzoni paiono legate al tema del viaggio, della strada percorsa: si parte dalla toccante “Anche per te” – omaggio all'immortale Battisti, solo chitarra e voce – si va poi in giro pedalando con la vorticosa “Girardengo” di De Gregori, passando per Dalla, Ligabue ed altri, facendo tappa sulla bella cartolina in bianco e nero di “Italiani d’Argentina”del grande Fossati.
Poi il filo del concerto porta lontano, con balzi da gigante trasporta nella Cuba dei Buena Vista Social Club (Y tú qué has hecho), a un assaggio di James Taylor e nella sterminata prateria americana del “Fiume Sand Creek”, nel tragico sterminio di nativi raccontato con parole amare e ritmi incalzanti da De André. Faber è su tutti, si accennava. Il grande cantautore genovese ritorna spesso in scena nello spettacolo, si sente che è molto amato da Marcorè: e forse le rivisitazioni di due capolavori quali “Crêuza demä” e “Mègu Megùn” risultano probabilmente – insieme al nostalgico Fossati – i momenti più alti della serata. Versione personalissima e curiosa per “Monna Lisa”, del mai abbastanza compianto Ivan Graziani. Nel mezzo, una divertente rilettura di “Call me”, classico Anni '80 di Giorgio Moroder, inserito nella colonna sonora di “American Gigolò”. Tolta l’elettronica, messa da parte la destinazione disco, Marcoré gli imprime un elastico ritmo country western: ne nasce una divertente ballata. Si fatica a stere fermi sulla poltrocina poi con “Il ballo di San Vito”, l’infiammata taranta di Vinicio Capossela.