Morto Pharoah Sanders re del jazz spirituale e discepolo di Coltrane

ROMA. «Voglio portare il pubblico in un viaggio spirituale; voglio eccitarlo, eccitarlo. Poi lo riporto indietro con una sensazione calmante». In un’intervista al San Francisco Chronicle aveva...

ROMA. «Voglio portare il pubblico in un viaggio spirituale; voglio eccitarlo, eccitarlo. Poi lo riporto indietro con una sensazione calmante». In un’intervista al San Francisco Chronicle aveva descritto così la sua musica Pharoah Sanders, leggendario sassofonista jazz americano, morto ieri all’età di 81 anni. «Se n’è andato in pace, circondato dalla sua famiglia amorevole e dai suoi amici a Los Angeles questa mattina. Sempre e per sempre l'essere umano più bello, riposi in pace», ha scritto su Twitter la sua etichetta discografica, Luaka Bop.
Discepolo di John Coltrane, tra i padri del jazz spirituale, Farrell Sanders (questo il vero nome) era nato nel 1940 e cresciuto a Little Rock, in Arkansas, dove suonava il clarinetto in una band scolastica. Dopo il liceo il trasferimento a Oakland, in California, dove incrociò Coltrane. Spostatosi negli anni ’60 a New York, dove lavorò anche come cuoco, incontrò Sun Ra (che gli avrebbe dato il nome Pharoah) mentre cucinava in un club del Greenwich Village. Alla scoperta del suo talento musicale, Sun Ra e Coltrane lo arruolarono nella band, nella quale Sanders avrebbe suonato fino alla morte di John, nel 1967. Tra i suoi album più celebri, “Karma” e “Jewels of Thought” (1969) in cui apriva la sua musica alle influenze afro e orientali. Ma Sanders – caratteristico nei suoi ultimi anni per la sua lunga barba bianca e il fez sul capo – si è avvicinato anche al pop, come in “Thembi” del 1971, dal nome di sua moglie. Nello stesso anno si è esibito anche in “Journey in Satchidananda” di Alice Coltrane, altra pietra miliare del jazz d'avanguardia. Nel 2021 è uscito il suo ultimo disco, “Promises”, registrato due anni prima con la London Symphony Orchestra.