Pietromarchi: il nostro museo intercetta un bisogno di arte 

Primo anno di attività per l’istituzione: felici dei risultati al di là dei 25mila visitatori Ora barra a dritta sull’idea di eccellenza, ricerca, sperimentazione, dinamismo

L’AQUILA . «Teniamo la barra dritta sull'idea di grande eccellenza di ricerca, sperimentazione, dinamismo. Con grande attenzione al territorio e alle sue eccellenze». Bartolomeo Pietromarchi, direttore del Maxxi L’Aquila, commenta il primo anno di attività della struttura culturale, prima sede distaccata del Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, ospitata nelle sale del settecentesco Palazzo Ardinghelli all’Aquila.
Direttore, il 28 maggio si soffierà sulla prima candelina della torta del Maxxi L’Aquila. Desiderio esaudito?
Siamo molto felici dei risultati raggiunti in questo primo anno al di là del numero dei visitatori che ci ha premiato davvero, oltre 25mila presenze in 12 mesi. Ci siamo proposti di sviluppare una serie di rapporti con le istituzioni di eccellenza del territorio, dall’Accademia di Belle Arti all’Università, al Munda al Gssi. Una sinergia più che riuscita, tutto è stato davvero molto naturale e immediato.
C’era attesa diffusa?
Evidentemente sì, abbiamo intercettato un bisogno. E da qui si continuerà nel lavoro da portare avanti. Un anno è nulla ma i risultati ci sono e molto incoraggianti, per festeggiare insieme accoglieremo gratuitamente i visitatori abruzzesi nella giornata di sabato 28 maggio.
Quanto funziona il connubio tra arte contemporanea e patrimonio storico culturale della città?
Si è rivelato un attrattore d’eccezione. Tutti gli artisti ai quali è stato richiesto un intervento site specific durante i sopralluoghi si sono detti sorpresi tanto dalla bellezza della città che dal livello della sua ricostruzione. Anche io che da circa 4 anni frequento L’Aquila assiduamente negli ultimi tempi ho assistito a un grande cambiamento, il centro ha ricominciato a vivere, si sente che tutto sta tornando alla normalità. Ovviamente c’è ancora da fare, ma i segnali della rinascita si colgono chiaramente, c'è energia, grande voglia di fare.
E ci sono molti giovani...
Proprio così, e con tanti giovani dell’Accademia, dell'Università, delle associazioni stiamo lavorando. Per noi è linfa vitale e su questo abbiamo impostato l’attività prossima e futura
Cosa c'è in programmazione?
Prossimo appuntamento sarà il 1° luglio con “Afterimage”, mostra internazionale di 27 artisti da tutto il mondo, molte opere sono realizzate appositamente per la mostra, altre arrivano dalla nostra collezione, sarà un momento importante di riflessione sull’arte contemporanea in città e sul rapporto tra Museo e territorio. Con la possibilità di intercettare un pubblico estivo molto attento. Un appuntamento che interessa già moltissimo è la seconda edizione del nostro festival “Performative” a settembre, che quest'anno si estenderà fuori dall'Aquila, a Fontecchio per un'intera giornata.
Perchè Fontecchio?
Lì abbiamo intrapreso una collaborazione con il progetto “Riabitare con l'arte” con residenze d'artista. Ospitano già una comunità di una quindicina di artisti che arrivano da diversi Paesi. Ci è piaciuta molto questa realtà e stiamo ragionando con loro su vari progetti. Come primo momento abbiamo previsto questa giornata del festival, in seguito ci saranno altre importanti novità.
Il Maxxi prende il Maxxi rende in uno scambio mutuo e fecondo con il territorio. Dove dirigere lo sguardo in futuro?
La strada è tracciata molto chiaramente. Ci vuole del tempo perché le cose devono radicarsi e diventare strutturali. In una prospettiva triennale o quadriennale spero vivamente che si possa parlare di bilancio. Per ora i segnali vanno in una direzione molto confortante per cui continueremo a impegnarci come fatto finora.
Il vostro è stato il primo museo italiano ad aver aperto una sede nel Metaverso nel pieno della rivoluzione digitale globale. Cosa rende originale ed esclusiva l'attività del Maxxi?
Proprio grazie al legame instauratosi con le istituzioni di ricerca e di formazione presenti sul territorio, il Museo si è posto sulla stessa lunghezza d’onda, più sperimentale e di ricerca come fosse un laboratorio parallelo e affine, ad esempio, a quello del Gran Sasso. Una dimensione che ci piace molto e che ci permette di realizzare cose che in una struttura più grande come quella romana sarebbero più complicate. Maxxi L’Aquila ha una forte identità propria e la sua presenza sul Metaverso ne è un esempio calzante: è qualcosa nato all'interno della sede dell’Aquila, struttura snella e flessibile, dove abbiamo la possibilità di testare esperimenti come in un laboratorio. Esperimenti che poi possono essere trasferiti anche altrove. Infatti dopo la sperimentazione all’Aquila porteremo anche il Maxxi Roma sul Metaverso .