Riccardo Milani a Montesilvano con il cast di “La vita va così”: «Nei miei film un linguaggio semplice per storie autentiche»

28 Ottobre 2025

Appuntamento domani al The Space con il noto regista. L’anno scorso il record al box office con “Un mondo a parte”, interpretato da Antonio Albanese e Virginia Raffaele

PESCARA. Non ci sono formule segrete dietro il trionfo come regista di Riccardo Milani. O almeno, lui nega che esistano. Il successo del suo ultimo film, La vita va così, lo spiega piuttosto con la «semplicità del linguaggio», la «verità delle storie». Con questa formula, lo scorso anno, la coppia Virginia Raffaele-Antonio Albanese da lui diretta aveva trionfato al botteghino con una commedia tra le gelide montagne abruzzesi, Un mondo a parte. Oggi Raffaele torna affiancata da Aldo Baglio – con cui domani sera alle 20 presenterà, insieme a Milani, il film al cinema The Space di Montesilvano – Diego Abatantuono e l’attore non professionista Giuseppe Ignazio Loi. Ed è di nuovo record al box office. Il viaggio questa volta è nella Sardegna rurale dove un anziano pastore lotta contro il colosso immobiliare che sulla sua terra immacolata vuole costruire, cementificare. È una commedia di buoni sentimenti, che fa felici pubblico e produttori. E lancia un messaggio di pace e dialogo in tempi «troppo votati allo scontro, alla lite», dice Milani al Centro con il tono serafico e l’aurea mediocritas a pesare ogni parola.

Milani, qual è la ricetta per una commedia campione d’incassi?

«Non ci sono ricette, solo una grande passione per questo lavoro».

Però di appassionati ce ne sono tanti, non sempre fortunati.

«Io cerco ancora il confronto, racconto le mie idee a chi non la pensa come me».

Quali sono le sue idee?

«Mi attraggono le comunità molto piccole, mi piace ascoltare le storie di chi non conosco e imparare realtà diverse dalla mia».

In Abruzzo prima che in Sardegna.

«Sì, frequento da sempre l’Abruzzo. E conosco la Sardegna da cinquant’anni».

Ma si somigliano?

«Qualche punto in comune c’è. Coesistono la grande appartenenza culturale e la necessità di creare lavoro, sviluppo. Sa, in questi mesi ultimi mesi mi è capitato di citare spesso l’Abruzzo».

Perché?

«Perché i milioni di visitatori dei parchi nazionali sono uno specchio di questo discorso».

Ci spieghi.

«C’è il territorio da proteggere, da valorizzare. Ma anche il lavoro che questo territorio crea. L’Abruzzo ha un suo motore etico, culturale, ma è anche un motore economico».

Nel suo nuovo film territorio e progresso si scontrano.

«È una dialettica da cui dobbiamo uscire. Serve dialogo, non scontro».

Il film fa da arbitro tra le parti?

«Ci interessava raccontare questa contraddizione ancora irrisolta nel nostro Paese e prova a tracciare una strada percorribile, senza conflitti».

Per farlo, ha esplorato a lungo la Sardegna.

«L’ho frequentata per mezzo secolo ma questa volta mi sono addentrato meglio nelle comunità e tra le persone».

Cos’ha scoperto di nuovo?

«Storie e drammi personali di chi vive una terra in cui lavoro latita. Così l’idea per il film è fermentata molto lentamente, cambiando anche nel corso del tempo».

Dalle comunità il film riprende anche una certa semplicità nel linguaggio.

«Mi piace raccontare le cose in modo chiaro, diretto. Perché arrivino a tutti».

Per questo ha preso un attore – Giuseppe Ignazio Loi – non professionista?

«È una scelta che c’è sempre nel mio cinema. Mi piace mettere insieme grandi attori del nostro cinema con i non professionisti, mi piace lo spirito che si crea sul set».

Che spirito?

«Quello della spontaneità. Quando chiedi a qualcuno di interpretare sé stesso, il suo modo di essere, il film diventa più sincero. Lo volevo così».

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