Acqua non potabile in 7 frazioni e 15 paesi 

I sindaci hanno emanato le ordinanze in vista delle analisi. Ajraldi (Gsa): forse il guasto causato dal sisma in Valle Roveto

L’AQUILA. Il sindaco Pierluigi Biondi ha emesso un’ordinanza con cui viene disposto il divieto di uso dell’acqua a fini potabili per le frazioni di Pianola, Sant’Elia, San Giacomo alta, Colle Sapone, Gignano, Bagno, Bazzano e Nucleo industriale di Bazzano. Il provvedimento è stato adottato in via precauzionale a seguito della rottura riportata dall’acquedotto del Gran Sasso a Tempera che ha portato all’interruzione dell’erogazione idrica nella zona Est della città e in 15 paesi limitrofi.
Un danno che, teoricamente, potrebbe essere stato causato dal sisma che ha colpito nei giorni scorsi la Valle Roveto. Lo ipotizza il presidente della Gsa, Fabrizio Ajraldi. «Si tratta di tubature», dice, «che hanno ormai una certa età, ma oltre alla loro vetustà, fa riflettere la coincidenza della rottura con quella della scossa di Balsorano, che potrebbe aver provocato la torsione del tubo e, di conseguenza, quel tipo di lesione. Non abbiamo alcuna certezza che sia stato il terremoto, ma la concomitanza dei due episodi ci fa riflettere». Un danno gestito benissimo dagli operai, dai tecnici con il supporto amministrativo della Gsa». Nel momento in cui i tempi delle analisi, affidate a un laboratorio di Teramo, dovessero dilatarsi per l’utilizzo alimentare dell’acqua, la Protezione civile ha predisposto dei presìdi per andare incontro a situazioni di emergenza. Posizione scomoda e difficile per le operazioni di ripristino quella in cui è avvenuta la lesione: «Si tratta di una delle adduttrici principali proveniente dal Gran Sasso, con un diametro di 600 millimetri, quindi un tubo importante, all’interno del quale l’acqua scorre con una pressione di 40 atmosfere. La rottura è avvenuta a ridosso di un’abitazione nella frazione di Tempera, e gli operai e i tecnici sono dovuti intervenire in un terreno intriso di acqua. Infatti», ha spiegato il presidente della Gsa, «tra le prime difficoltà c’è stata quella di non far affondare gli automezzi perché il terreno non reggeva più. È stata effettuata, poi, una saldatura della parte sottostante del tubo, l’operaio si è letteralmente dovuto distendere al di sotto. I tempi sono stati lunghi per accedervi, perché si è dovuto chiudere a monte l’acquedotto e si è dovuto far “scaricare” la porzione del tubo sino al punto interessato, infine la messa in sicurezza e il deflusso dell’acqua in canali di scolo». Gli altri paesi interessati, a fronte di 23mila utenti, sono Barisciano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castelvecchio Calvisio, Collepietro, Fagnano Alto, Fontecchio, Navelli, Ocre (parzialmente), Ofena, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Benedetto in Perillis, San Pio delle Camere e Santo Stefano di Sessanio.
(ha collaborato
Marianna Gianforte)
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