Affresco nei bagni: appello per salvare l’opera di Damini 

Lo scrittore Giustizia narra la storia dell’ex sede del Liceo: «Nel riassetto dei locali si tenga presente questa priorità»

L’AQUILA. «Salvate l’affresco di Vincenzo Damini nell’ex sede del Liceo Classico». L’appello, alla vigilia dell’assegnazione dell’appalto per la ristrutturazione del Quarto Cantone (dove c’era anche il Classico) arriva dal docente, storico e scrittore Fulvio Giustizia.
L’APPELLO. «Il mio appello», scrive, «scaturisce sia dal piacevole ricordo della mia attività d’insegnante del Liceo negli anni Novanta del secolo scorso e sia dal ricordo non piacevole di una situazione, che oggi vorrei denunciare, con il suggerimento – a quanti interverranno per la ristrutturazione – di voler recuperare la dignità di un locale, con affresco sulla volta, forse di Vincenzo Damini veneziano, che rappresenta San Francesco che riceve le stimmate. Questo locale, da non credere, è stato fino a oggi adibito come sede dei bagni degli alunni, uno sfregio quasi sicuramente di stampo massonico, che auspico sia finalmente eliminato. Il locale era in origine una stanza del soppresso Convento di San Francesco e si trova al di sopra della cameretta dove morì San Bernardino. Indagando si potrà forse stabilire se non sia addirittura la continuazione in altezza della stessa stanza».
«MISFATTO MASSONICO». «E ancora», aggiunge Giustizia, «non posso qui non ricordare il grande misfatto socio-culturale-religioso che si perpetrò nel cuore stesso della Città, quando le autorità locali, in pieno fanatismo massonico, che superava, secondo lo storico don Mario Morelli, persino le stesse leggi eversive di laicizzazione dell’Italia unita, decisero, mediante decreto del Consiglio provinciale del 12 settembre 1876, di abbattere la chiesa del Convento di San Francesco. Il motivo addotto fu la necessità di dover modernizzare la città mediante la costruzione dei Portici del Liceo. A nulla valse il disappunto dei cattolici. Neppure fu presa in considerazione la proposta di un progetto alternativo, dovuto forse a Luigi Filippi, che prevedeva la costruzione del portico «dalla parte di mezzogiorno e non da quella del settentrione, il che, in un paese freddissimo siccome il nostro, era da tenersi in considerazione». L’arcivescovo si rivolse invano persino al Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti, per cui nel maggio-giugno 1878 la chiesa fu abbattuta senza pietà e le pietre della demolizione furono gettate in gran parte nel fosso di Collemaggio, salvo alcune della facciata della chiesa che furono recuperate per ornare, nel 1881, la Fontana di Nettuno a Piazza Regina Margherita».
I LAVORI. «Con l’abbattimento», prosegue Giustizia, «oltre alla costruzione dei portici, si ebbero l’ingrandimento del Convitto, la creazione della Biblioteca provinciale e l’ampliamento del Liceo, dotato di un importante Gabinetto di storia naturale, ricco di campioni di minerali, di rocce e di fossili, di un ben provvisto Gabinetto di fisica e chimica e di una Biblioteca con 1122 volumi, senza contare 200 opuscoli, riuniti e classificati per materia. Tuttavia, nel 1910 il rettore Achille Dina non è del tutto soddisfatto degli spazi toccati alla Scuola e afferma che “il numero delle aule che fiancheggiano il corridoio, buio in uno dei tre rami, è insufficiente alle esigenze degli sdoppiamenti delle classi, per effetto dell’aumentata popolazione scolastica, e qualcuna di esse non è igienica; un bugigattolo è la segreteria; il corridoio del Liceo è comune al contiguo Convitto, cui serve di passaggio alle scuole da ballo e di disegno”. Tornando a oggi», conclude Giustizia, «se si decide, come mi auguro, per il ritorno del Cotugno nella sede storica, la situazione degli spazi vi andrebbe certamente migliorata, magari utilizzando qualche locale del Convitto, la cui funzione come tale non sembra essere più attuale come negli anni passati».
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