Bertolaso e il mancato allarme: io sereno

Il capo della Protezione civile bacchetta gli enti locali e ammicca al popolo delle carriole

L’AQUILA. «Abbiamo fatto tanto, ora tocca agli altri. Ma non ci tiriamo indietro. E, se serve, torniamo». Guido Bertolaso è un guerriero ferito dall’inchiesta su appalti e corruzione, che lo vede indagato, e pure dalle intercettazioni telefoniche. Ma all’Aquila, dove prima della bufera giudiziaria era un mito assoluto, sembra ritrovare la forza dei giorni migliori. Qui glissa sulle indagini («Pronto a dare, se richieste, tutte le spiegazioni»), richiama gli enti locali a un maggiore impegno, corregge il tiro sulle carriole, promette soluzioni rapide per le famiglie ancora sulla costa e parla anche del mancato allarme. «Gli esperti qui convocati non hanno evidenziato segnali di pericolo tali da poter programmare piani di evacuazione».

Delle cose fatte all’Aquila, quale racconta per prima?
«Valga per tutte il lavoro sulle scuole. Senza l’avvio dell’anno scolastico, nello scorso settembre, non vi sarebbe stata nessuna possibilità di dare speranza all’Aquila e agli aquilani perché, ovviamente, c’era il rischio che vi fosse una diaspora delle famiglie verso altri centri dove fosse garantita l’educazione dei propri figli. Per noi è stato un investimento, una sfida, un traguardo che a tutti i costi dovevamo raggiungere e l’aver fatto rientrare a scuola, tra fine settembre e primi di ottobre, circa 17mila studenti all’Aquila e nei Comuni del cratere credo sia stato il vero forte segnale che si poteva investire sull’Aquila. Successivamente, le iscrizioni all’Università, che dovevano essere limitatissime, hanno conosciuto, invece, sviluppi e numeri al di là di ogni previsione».

Emergenza casa. Altra Pasqua da esiliati per migliaia di aquilani. Quali soluzioni ci sono?
«Vi siamo sempre vicini e seguiamo con attenzione tutta la problematica dell’assegnazione di alloggi e sistemazioni di quelli che ancora attendono un luogo sicuro. Ci sono sempre i tecnici del Dipartimento insieme a Comune e Regione. Continua quel gioco di squadra che ci consente di poter affermare che, nell’arco delle prossime settimane, anche quei single e quelle coppie in attesa di una sistemazione troveranno un’accoglienza degna in qualche struttura dell’Aquila».

Prima e dopo. È cambiato il vostro impegno qui?
«Piuttosto è cambiato il clima, la situazione. C’è una seconda fase altrettanto complessa e difficile da portare avanti ma, comunque, con la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli aquilani si trovano in condizioni confortevoli, dalle quali possono programmare e pianificare l’attività di ricostruzione».

Mancato allarme. È rimasta appesa la sua frase al forum del Centro: “Prima di andare via dirò cosa penso di queste cose”. Che risposte per quei genitori rimasti senza figli?
«Riservatamente e privatamente, a quelli che si sono rivolti a me direttamente, ho risposto in modo articolato, dettagliato, puntuale senza sfuggire di fronte a domande e problemi posti. In questo momento bisogna ancora attendere le attività che sta portando avanti la magistratura. Apprendo dai giornali di un’indagine in corso. Quando ve ne sarà l’occasione e l’opportunità, magari, si parlerà di questo anche in modo più ufficiale e più pubblico».

Davvero non c’erano attività di prevenzione da attuare dopo la commissione Grandi rischi del 31 marzo?
«Quella riunione del 31 marzo mi convinse molto: quella è la nostra struttura tecnico-scientifica nazionale di riferimento. Le indicazioni della commissione le abbiamo seguite. Si parlava soprattutto di cercare di avere un sistema di risposta all’eventuale emergenza che fosse il più efficace possibile. E mi pare che il mondo abbia riconosciuto che questa gestione sia stata indiscutibile. Scienziati di tutto il mondo venuti qui hanno sottolineato che i segnali non erano tali da poter indurre decisioni che comportassero piani di evacuazione o altro. L’informativa della polizia? Non ne so nulla. La documentazione l’abbiamo consegnata da tempo. Se c’è da dare ulteriori chiarimenti siamo a disposizione».

Prima, nell’emergenza, s’è detto: bravo Bertolaso. Oggi, per le magagne, si dice: colpa di Cialente. Gli avete lasciato il cerino in mano?
«Bisogna mettersi d’accordo. Per mesi qualcuno si lamentava che Bertolaso aveva sottratto alle realtà locali e agli amministratori la responsabilità degli interventi e della ricostruzione. Dopodiché, passato il testimone, com’era giusto che fosse, si comincia a temere che le realtà locali non siano messe nelle condizioni di poter svolgere il loro mestiere. Delle due l’una: o era corretto il lavoro che si stava svolgendo prima, oppure bisogna decidere ora chi è che deve portare avanti questa responsabilità. Noi non abbiamo mai, neppure per un istante, sottratto compiti e responsabilità al cosiddetto territorio. Quando c’era il momento delle decisioni rapide, tempestive, urgenti, difficili per dare risposte agli abitanti ci siamo caricati questo genere di compito. Oggi che la situazione può essere portata avanti con maggiore condivisione approfondendo le problematiche e individuando le soluzioni nel lungo periodo lo devono fare le autorità locali. Se poi loro hanno bisogno di una mano, non v’è il minimo dubbio sulla nostra assoluta totale disponibilità».

Ricostruzione e soldi. Ci sono risorse? E quante di queste sono certe?
«Dal punto di vista economico i soldi ci sono. C’è anche una buona e sostanziale somma di un paio di miliardi di euro stanziati dal decreto legge. Invece di continuare a dire “ce la facciamo da soli” o no, “ci abbandonano” o meno, bisogna pensare a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti con lo stesso impegno che noi abbiamo garantito nei passati mesi».

Ricostruzione lenta, poche idee. La pensa così?
«Vi erano normative per una ricostruzione e progettazione molto rapide, assicurate nelle mani di proprietari e cittadini, cercando di evitare la burocrazia. Purtroppo non è stato così. Domande con lentezza, parte tecnica oberata di lavoro, imprese con numerosissime richieste. Tutto questo non ha facilitato il compito».

Perché le carriole non le sono simpatiche?
«Non è vero. Le ho usate quand’ero più giovane e in tante altre situazioni. Non vedo nessuna polemica strumentale. Lo interpreto come un segnale di volontà di ricostruire quel centro storico al quale tutti guardiamo con grande speranza».

Bertolaso via senza aver realizzato...
«Da settembre avevamo un progetto per la zona rossa. Se non ricordo male vi fu una certa levata di scudi di alcune autorità locali. Facemmo marcia indietro. Con quella proposta oggi saremmo più avanti...».