Boschi: il controllo dei terremoti

Il presidente dell'Istituto di Geofisica accusa chi utilizza i dati per fare catastrofismi

L'AQUILA. Il professor Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nei giorni scorsi ha ipotizzato il blocco delle notizie sugli eventi sismici che ogni giorno vengono pubblicate sul sito dell'Ingv. Una «minaccia» che ha sollevato un vespaio di polemiche, ma che ha trovato anche autorevoli consensi, come quello del geologo Mauro Rosi, ordinario di Fisica del vulcanismo all'Università di Pisa. Con l'intervento che segue Boschi spiega con chiarezza la sua posizione.

di Enzo Boschi*

Ventiquattro ore su ventiquattro, per tutti i giorni dell'anno, tecnici e ricercatori dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) mantengono in piena funzionalità la rete sismica nazionale e forniscono informazioni dettagliate estremamente precise sull'attività sismica di tutto il territorio nazionale.

L'Ingv è l'unico ente di ricerca al mondo a svolgere volontariamente questa attività. Negli ultimi dieci anni la rete sismica nazionale ha raggiunto una densità elevatissima (oltre 300 stazioni) e quindi una estrema sensibilità. Solo nell'ultima settimana abbiamo localizzato accuratamente 327 terremoti in tutta Italia, pochissimi dei quali abbastanza forti da essere percepiti dalla popolazione, e moltissimi altri ancora più piccoli sono stati solo registrati. Appena qualche anno fa, con la rete ad un livello tecnologico ben diverso da quello di oggi, solo 8 di queste 327 scosse sarebbero state localizzate, e quindi solo 8 scosse sarebbero apparse sul nostro sito. L'aumento della sensibilità della rete porta dunque ad un aumento della sismicità che è solo apparente, e che quindi non deve comportare allarmismi o interpretazioni catastrofiste. La situazione è resa più complessa dal fatto che - come è normale che sia - molte sequenze di terremoti degli ultimi mesi hanno scosso zone già identificate "ad alta pericolosità" dagli studi dell'Ingv e come tali percepite dalla popolazione, o almeno da una parte di essa.

Contrariamente a quello che si è sentito dire in questi ultimi giorni, l'Ingv vuole continuare ad informare con sistematicità la popolazione, gli amministratori e i ricercatori sull'attività sismica in atto, proseguendo una missione che dura ormai dal 1983, quando all'indomani del terremoto dell'Irpinia del 1980 nacque la Rete Sismica Nazionale: ma vuole farlo in maniera veramente utile e cioè con completezza, tempestività e imparzialità, ma soprattutto senza prestare il fianco a chi usa in modo distorto la grande facilità di accesso alle informazioni tipica dei nostri giorni per mettersi in evidenza o lanciare messaggi di stampo catastrofista, facendo leva sulle naturali paure della gente. Vogliamo infine sottolineare ancora una volta l'importanza di avere regolamenti edilizi stringenti, e soprattutto di farli rispettare.

L'occasione ci è offerta dal terremoto di magnitudo 7.1 - esattamente la magnitudo stimata per il catastrofico terremoto del 1908 a Reggio e Messina - che pochi giorni fa ha colpito la Nuova Zelanda. Indubbiamente si sono registrati danni alle infrastrutture, come era prevedibile visto che il terremoto, molto forte e superficiale, è stato localizzato a soli 40 chilometri da Christchurch (380.000 abitanti), la terza città della Nuova Zelanda. Ci sono stati anche dei feriti - qualche decina - ma nessuna vittima. Lo scorso 12 gennaio un terremoto di dimensioni analoghe, quello di Haiti, ha giustamente dominato su stampa e televisioni per settimane. Invece, e con la sola eccezione del Sole 24 Ore e di qualche passaggio sul web, il terremoto della Nuova Zelanda non ha ricevuto alcuna attenzione mediatica: a tutti gli effetti una "non-notizia".

Ovviamente non sta a noi stabilire o criticare le regole delle comunicazione mediatica, in virtù delle quali il terremoto fa notizia solo se e in quanto produce vittime e devastazioni. Ma come persone che hanno a cuore il futuro dell'Italia e il benessere degli italiani non possiamo non rimarcare come, con questo terremoto della Nuova Zelanda, si sia persa l'ennesima occasione per far arrivare alla popolazione un messaggio semplice e comprensibile a chiunque lo voglia comprendere: se un terremoto di un ordine di grandezza superiore al terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009, che ha rilasciato un energia pari a circa trenta volte quella che ha scosso l'Abruzzo, non ha causato neppure una vittima, la spiegazione non può essere cercata solo nella buona sorte dei neozelandesi o nella bassa densità abitativa della Nuova Zelanda. E' chiaro che solo enormi differenze di stili costruttivi, e quindi di vulnerabilità, possono spiegare le differenze tra Italia e Nuova Zelanda: perché è passato ormai un secolo da quando l'imperatore del Giappone mandò il sismologo Fusakici Omori a Messina e Reggio Calabria per capire come mai un terremoto molto più piccolo di quelli che colpivano perodicamente Tokyo avesse causato tanto sfacelo. Il problema evidentemente è sempre lo stesso.

Soltanto costruzioni adeguate risolveranno il problema del rischio sismico in Italia, e questo è un compito che deve affrontare la politica locale. L'Ingv, con la collaborazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha prodotto la «Mappa di Pericolosità Sismica» del territorio nazionale, nella quale sono indicate le zone che possono essere soggette a forti accelerazioni del suolo e quindi a rischio per gli edifici. Purtroppo questa mappa viene - spesso o talvolta - ignorata. I media potrebbero fare molto per cambiare questo stato di cose.

*(presidente dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia)