Carte truccate, truffa milionaria

Trenta imprenditori raggirati, banda di bari all'opera con mazzi segnati

CELANO. Intorno al tavolo verde va in onda la truffa con le carte truccate. Piccoli, impercettibili segni di riconosimento dietro i mazzi nuovi di zecca, almeno all'apparenza, e via con il raggiro milionario. In tre-quattro anni - tra il 1996 e il 1999 - almeno una trentina di imprenditori e professionisti di Celano e di altri centri della Marsica ha perso complessivamente oltre due miliardi di lire (si era nel periodo pre-euro). La gang della truffa era composta da cinque compagni di giocate, tutti di Celano, insospettabili almeno all'inizio, un guru del raggiro, di fuori regione, e forse si avvaleva della complicità di un esterno al tavolo verde.

LA RABBIA DELLE MOGLI. Tutto nasce da un'intercettazione telefonica da parte della polizia giudiziaria della Procura dell'Aquila nell'ambito di una grossa truffa perpetrata nell'ambito del gioco d'azzardo nell'Aquilano. Sono sotto indagine persone provenienti da Abruzzo, Lazio, Calabria, Campania e anche alcuni stranieri. I reati contestati: associazione per delinquere, gioco d'azzardo e truffa. L'inchiesta era partita dopo gli esposti, le lamentele telefoniche ed epistolari delle mogli dei giocatori della provincia che non ce la facevano più a vivere avendo i propri mariti fuori di casa quasi tutte le notti e con i conti correnti nel migliore dei casi alleggeriti, in altri addirittura prosciugati o in rosso.

L'INTERCETTAZIONE. È il 3 giugno 2004. Alle 21.02 la polizia giudiziaria, mentre ascolta una telefonata tra un 65enne di Monterotondo, il guru, e un suo complice, apprende che una truffa analoga era stata messa in atto alcuni anni prima a Celano.

L'ANTEFATTO. Stando alle intercettazioni, nella città marsicana ha operato «un'associazione a delinquere finalizzata alla truffa nel gioco d'azzardo». Gli artefici sono alcuni giocatori che hanno appreso la tecnica della riconoscibilità delle carte attraverso il tatto con i polpastrelli. Carte segnate e poi bagnate con un liquido invisibile che solo a chi ne era a conoscenza permetteva di scoprire il segno della carta stessa anche senza alzarla. Il guru ha organizzato vere e proprie lezioni a Camporotondo (Roma), dove risiedeva, grazie ai rapporti di conoscenza con tre dei cinque celanesi. Subito dopo ecco entrare in scena un professionista molto conosciuto. Seguono alcune «sedute» di allenamento in un locale di Celano dove la tecnica truffaldina viene perfezionata nei minimi dettagli. Il nuovo entrato ne apprende rapidamente i rudimenti e diventa in poco tempo il leader incontrastato, affinando a tal punto la manualità che i quattro decidono di non servirsi più dei servigi del guru. Il leader di Celano, a quel punto, tira dentro anche un altro professionista, suo amico, il quale completa il quintetto di truffatori. Nel giro di alcuni anni e numerosissime partite la banda riesce a incamerare somme ingentissime. A farne le spese i vari compagni di tavolo - circa 30 - che perdono somme pesanti e per un certo periodo se la prendono con la sfortuna. Qualcuno si insospettisce, ma ciò che manca sono le prove. Così le partite vanno avanti e si accumulano, da un lato, vincite consistenti intervallate da strategiche piccole perdite; dall'altro un gruppo di giocatori con le tasche sistematicamente vuote. Questo andazzo dura anni e chi perde maledice la sfortuna.

L'ESTORSIONE. Si arriva al 2004. Il guru scopre di essere stato gabbato a sua volta dagli ex complici e passa al contrattacco. Chiede alla banda dei quattro di restituirgli ciò che gli è stato negato, anche se in misura ridotta: una specie di condono. Chiede 30mila euro di arretrati e in caso di rifiuto minaccia di autodenunciarsi ai carabinieri di Celano oltre che a divulgare la notizia della truffa tramite volantini. Aggiunge di essere pronto a picchiare il nuovo capo perché tanto «sono appena uscito dal carcere e non ho nulla da perdere». Il destinatario principale delle minacce è un professionista di Celano, intorno ai 50 anni, che in quel periodo è anche impegnato in politica. La banda tenta di zittire il guru con un assegno da 5mila euro più mille euro in contanti. Tutta l'attività viene monitorata dalla Procura di Avezzano che continua le intercettazioni. Nei confronti dei cinque di Celano e del guru prosegue l'indagine per truffa, gioco d'azzardo e associazione per delinquere. Solo a carico del laziale, inoltre, si aggiunge la contestazione dell'estorsione per i 30mila euro richiesti. Poiché il reato di truffa è perseguibile solo su querela di parte e i truffati, ignari della realtà, non hanno presentato querela, non si è proceduto per tale reato. Gli altri reati minori sono andati prescritti. Rimane in piedi l'estorsione soltanto perché perseguibile d'ufficio.

LE REAZIONI. La notizia, tenuta nascosta per anni, trapela a Celano e per i quattro - nel frattempo uno è morto - inizia uno stillicidio di critiche da più parti. Viene loro imputato di aver approfittato della buona fede dei compagni di giocate e in alcuni casi anche di parenti stretti per l'ingordigia della vincita. Al di là dell'aspetto giudiziario, che non li tocca se non marginalmente, per loro la sentenza più pesante è quella della riprovazione pubblica.

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