Casacchia: un comitato per i quartieri post-sisma 

Lo psichiatra lancia una serie di proposte per rendere vivibili le new town: dall’agricoltura sociale alla creazione di centri di aggregazione per i giovani

L’AQUILA. Un decalogo per riscrivere le dinamiche all’interno dei quartieri antisismici del Progetto Case, così come in tutte le periferie del capoluogo. Questa la proposta del professor Massimo Casacchia, già ordinario di Psichiatria all’Ateneo dell’Aquila.
«Ho abitato nel Progetto Case di Pagliare di Sassa dal marzo 2010 al marzo 2014», ricorda, «dopo essere vissuto nell’immediato post-sisma in una roulotte nei pressi dell’ospedale San Salvatore e poi all’hotel Porta Rivera, ubicato davanti alla stazione ferroviaria». Un’esperienza sufficiente a cogliere delle indicazioni utili per azioni concrete, volte a rendere la periferia «un luogo di potenzialità nuove ed inedite. Sarebbe necessario», sottolinea Casacchia, «cercare di riqualificare questa periferia con investimenti, energie, nuove idee e soprattutto cambiare prospettiva di visuale: vedere cioè la periferia non come subordinata a un centro ma come una zona che potrebbe avere degli sviluppi non a danno del centro ma in senso integrativo». Di qui i suggerimenti che il professore si sente di dare: «Sarebbe opportuno creare una sorta di comitato delle 19 new town. Inoltre, bisognerebbe nominare un rappresentante per ciascuna new town che tenga rapporti con il Comune». Altrettanto importante sarebbe «indire un concorso per i giovani sollecitandoli a dare idee e proposte per valorizzare, dal loro punto di vista, tali zone periferiche per esempio creando centri sportivi e via dicendo».
Casacchia suggerisce anche di «valorizzare quelle new town vicine a paesi di fatto dimenticati con tradizioni culturali in modo tale che i turisti possano vedere tali new town come monumenti del terremoto passato ed andare a visitare i paesini vicini “dimenticati”, per esempio l’insediamento delle new town di Pagliare di Sassa vicini al paese ancora vivente ma sconosciuto». Si suggerisce anche di prevedere l’arrivo di mercati mobili settimanali negli insediamenti, oppure di organizzare manifestazioni folcloristiche in modo da unire popolazioni di new town vicine. Altro consiglio è quello di «valorizzare le zone verdi in cui sono immerse le new town per organizzare un’agricoltura sociale in cui possono anche lavorare persone con disabilità creando quindi comunità veramente inclusive». È indispensabile, secondo Casacchia, «un’indagine aggiornata sulla popolazione per aver un’idea di chi abita queste strutture e indagare con colloqui e appositi questionari il grado di benessere, il senso di solitudine e soprattutto conoscere i servizi essenziali di cui hanno veramente bisogno per evitare che tali posti diventino dei dormitori».
Infine, viene evidenziata la necessità di potenziare i collegamenti dalla periferia alla città con particolare attenzione alle persone anziane desiderose di rivedere periodicamente il loro vecchio centro storico. (fab.i.)
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