Cessione della Edimo: lavoratori in subbuglio

Santella (Fillea-Cgil): «Troppo bassa la cifra del riacquisto della Temar» I timori legati soprattutto al fardello degli stipendi arretrati ai dipendenti

L’AQUILA. Non è un fitto di ramo d’azienda quello che si appresta a portare a termine la Temar srl, società del Gruppo Edimo costituita da persone di fiducia degli imprenditori del colosso specializzato nelle grandi realizzazioni edilizie civili e industriali sito a Poggio Picenze. Temar, costituita dopo il fallimento della Edimo spa, lo scorso 20 maggio ha presentato una «proposta irrevocabile di acquisto della “prefabbricati” di proprietà della società fallita». Il termine ultimo per presentare offerte migliorative è oggi alle 12, mentre l’asta fallimentare si terrà lunedì alle 18. È quanto si legge nel disciplinare individuato sul sito del tribunale fallimentare di Roma (che lo scorso 19 febbraio ha dichiarato fallita la Edimo spa) da alcuni lavoratori del Gruppo Edimo. Un’operazione normale la vendita della ditta fallita. Tuttavia, a preoccupare i lavoratori e il sindacato Fillea-Cgil, è «l’irrisorietà» della cifra con cui la Temar intende acquistare: 332mila euro per “beni mobili e attrezzature costituenti il ramo d’azienda e già di proprietà della società Edimo, oggetto di stima da parte di Pbg srl”. Sarebbe stato meglio affittare, dicono. «Una cifra troppo bassa per sostenere, come ci aveva invece promesso il patron Taddei al momento in cui ci parlò del fitto di ramo d’azienda, l’ingente debito accumulato dal Gruppo nei confronti dei lavoratori che aspettano mesi di stipendi arretrati», spiega la sindacalista Cristina Santella. Una cifra, quest’ultima, molto alta: basti pensare che soltanto per ciascuno dei 35 lavoratori della Holding, il Gruppo deve pagare circa 15mila euro. E a essi vanno aggiunti quelli della Edimo spa, della Taddei spa, della Em969 e di Dava, licenziati, in cassa integrazione o in mobilità. Insomma, circa 120 persone senza più lavoro né stipendi e coi sogni interrotti da una vertenza che li costringe in una scomoda posizione.

Mentre i lavoratori aspettano sperando di riprendere a lavorare (il Gruppo ha numerose commesse nell’ambito della ricostruzione, tra cui i sottoservizi nel centro storico dell’Aquila), la burocrazia della vertenza procede. Sul disciplinare fallimentare si legge anche «l’impegno» per l’impresa aggiudicataria «ad assumere almeno 35 unità lavorative tra quelle appartenenti alla divisione prefabbricati». Ciascun partecipante «all’esperimento d’asta» potrà essere italiano o straniero e potrà presentare «un’offerta migliorativa». Nel momento in cui l’aggiudicatario sarà entrato in possesso del ramo d’azienda, «saranno a suo carico tutti gli oneri e tutte le spese».

Marianna Gianforte

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