L’ex patron Corrado Chiodi

Ex L’Aquila calcio, arriva il fallimento 

Dichiarazione del tribunale dopo le istanze di ex calciatori e sponsor non pagati per 220mila euro: tutti gli scenari

L’AQUILA. Fallimento. Se quello sportivo era stato già sancito – e, per certi versi, già metabolizzato dall’ambiente – adesso arriva anche quello decretato con sentenza. Il tribunale – presidente Stefano Iannaccone; giudici Emanuele Petronio e Giovanni Spagnoli (relatore) – ha dichiarato il fallimento dell’Aquila calcio 1927 con sede legale in viale della Croce Rossa 18A. Si tratta della vecchia gestione – che, dunque, nulla ha a che fare con quella attuale, di diversa denominazione – riconducibile all’ex patron Corrado Chiodi e ai suoi soci.

I RICORRENTI. Il collegio ha accolto l’istanza presentata da Ognivia company International spa; David Miani (ex amministratore unico); Berardino Turilli (consulente del lavoro); e dagli ex calciatori Michele Boldrini, Claudio Cafiero, Andrea De Iulis, Alessandro Farroni, Chinaecherem Ibe, Ettore Padovani, Niccolò Pupeschi, Lorenzo Ranelli, Alessio Ruci, Alessandro Steri, Alfonso Pepe, Giorgio La Vista, Leonardo Brenci, Maurizio Peluso e Nicolas Zane.
Dieci dei calciatori non pagati sono assistiti dall’avvocato Guido Alfonsi, del Foro dell’Aquila.

L’ex capitano Alessandro Steri

LE CIFRE. Il tribunale ha dichiarato lo stato di decozione della società (che non è stata cancellata dal registro delle imprese da oltre un anno), ricorrendo la sussistenza di debiti scaduti e non pagati superiori a 30mila euro. Infatti, il credito vantato dai ricorrenti (portato da decreti ingiuntivi o da decisioni emesse dalla Commissione accordi economici della Lega nazionale dilettanti-Figc), ammonta complessivamente a 219.587,17 euro. La società resistente, nell’ambito della procedura prefallimentare, non ha contestato nessuno dei crediti posti a fondamento delle svariate istanze di fallimento proposte, ma si è limitata a dedurre di aver proposto istanza di concordato preventivo in bianco. Ipotesi, questa, dichiarata inammissibile nella stessa giornata di ieri, con decreto.

LE MOTIVAZIONI. Secondo quanto si legge nella sentenza, lo stato di insolvenza, cioè l’incapacità della società di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni, è desumibile da una serie di elementi: «omesso deposito dei bilanci successivi all’anno 2016; perdurante inadempimento della società resistente dai crediti vantati dai ricorrenti; inattività della società resistente, espressamente riconosciuta nell’istanza di concordato in bianco, con conseguente incapacità, da parte della stessa, di produrre nel breve periodo utili tali da consentire il pagamento dell’ingente ammontare di debiti scaduti; elevato ammontare di debiti tributari inadempiuti che, nel bilancio relativo all’anno 2016, ammontavano a 1.722.226 euro». La vecchia società rossoblù ha cercato la strada del concordato in bianco quantificando il passivo in 2,289 milioni e l’attivo patrimoniale in 2,144 milioni. Tuttavia, secondo il tribunale, «anche a voler ritenere, per mera ipotesi, che l’intero attivo sia di immediata liquidazione (circostanza, peraltro, del tutto inverosimile), detto attivo non sarebbe in ogni caso sufficiente a ripianare l’ingente esposizione debitoria attualmente gravante sulla società esistente».

Il tribunale ha nominato giudice delegato Stefano Iannaccone e curatore Andrea Mantini, ordinando alla società di depositare entro 3 giorni bilanci, scritture contabili e fiscali obbligatorie ed elenco dei creditori, la cui adunanza è fissata alle 12,30 del 16 settembre, per la verifica dello stato passivo. Se è vero che il fallimento della srl non investe personalmente i soci, ma riguarda la società col suo patrimonio, non è escluso che emergano profili di responsabilità penale a carico di soci, ex soci e amministratori. La partita è solo all’inizio.
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