Falciatori fai da te per ripulire il rione dalle erbacce

Borgo Pineta, la protesta dei residenti: «Rischi per i bimbi Anche via Silone è piena di buche, il Comune è assente»

AVEZZANO. Si muniscono di falciatrice e rastrello e ripuliscono alcune aree del quartiere dove le erbacce arrivano fino a un metro d’altezza.

«Nei ritagli di tempo stiamo tagliando noi l’erba», commentano Lucio Testa e Fabio Riposo che polemizzano con il Comune e i costruttori delle palazzine, «perché abbiamo i bambini piccoli e abbiamo timore anche a farli scendere sotto casa. Il quartiere è in totale abbandono e ci abita una trentina di famiglie, le donne incinte sono costrette a scendere dall’auto, tanto sono alte le buche». Questo è quello che accade in una traversa di via Ignazio Silone, cui non è stato assegnato ancora un nome, che non è stata ancora asfaltata e che oltre a erbacce alte anche più di un metro, presenta buche profonde anche 20 centimetri. «Abbiamo sollecitato innumerevoli volte l’ufficio tecnico del Comune», continuano i due residenti, «e ci sono stati dei sopralluoghi da parte della Polizia locale. A febbraio dell’anno scorso è arrivato anche l’assessore Roberto Verdecchia, il quale ci aveva assicurato che sarebbe stata priorità dell’amministrazione comunale intervenire al più presto per chiarire la confusione che regnava in passato tra strade pubbliche, private e di pubblico transito». E, invece, nulla è stato fatto e tutto rimane fermo. Da un lato c’è il Comune che non prende in carico la strada perché non sono state concluse le opere di urbanizzazione, dall’altro ci sono i costruttori delle palazzine che litigano tra di loro. «Giorni fa un vicino ha chiamato i vigili del fuoco perché usciva acqua dai tombini e si è allagato il piazzale», continuano Testa e Riposo, «manca l’illuminazione in tutto il quartiere, siamo stati presi di mira dai ladri e la sera siamo costretti a uscire con le auto. Intanto, però, noi giovani che abbiamo acquistato casa qui, continuiamo a pagare mutui trentennali e tasse al Comune per servizi che non abbiamo».

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