«Idee nuove per L’Aquila del futuro» 

La presidente dell’Urban center (casa della città) lancia l’appello: «I cittadini tornino protagonisti» 

È giovane, brillante, con tante idee sulla città e sul suo futuro. Da qualche settimana è presidente dell’Urban center, organismo che negli anni scorsi ha avuto un percorso accidentato e, anche a causa della morte prematura dell’ex presidente Maurizio Sbaffo, non ha mai preso veramente piede. Giulia Tomassi (nelle foto di Gianni Di Girolamo) vuol provare a farlo diventare uno dei motori della rinascita della città.
Presidente Tomassi, qual è la sua storia personale e il suo percorso di formazione?
«Sono nata all’Aquila il 31 marzo 1984. Sono figlia di Paolo, aquilano, impiegato, oggi in pensione e di Francesca, napoletana, che è stata titolare di una boutique di abbigliamento e accessori in centro storico che si chiamava “Il Bagaglio”. Ho una sorella e un fratello maggiori, Isabella e Odoardo. La mia vita si è svolta da sempre nel centro storico della città, tra la scuola, la pallavolo, le lezioni di canto e pianoforte, i corsi di cinematografia, i giochi con i ragazzi di quartiere a Santa Maria Paganica, le amiche di sempre al vicolo del Rex. Una vita semplice ma che mi ha dato molto».
Come nasce la sua passione per la “comunità” e soprattutto il suo impegno civile che l’ha portata fino alla presidenza dell’Urban center?
«Non si tratta di passione, che c’è indubbiamente soprattutto nella mia indole, ma di un naturale passaggio, almeno per me, avvenuto nel momento stesso in cui ho deciso di lasciare la Francia – dove ho trascorso un periodo per motivi di studio con il progetto Erasmus – per ritornare all’Aquila pensando e sperando che ci sarebbe voluto l’aiuto e il contributo di tutti, soprattutto di noi giovani, per far ripartire la città. Abitare qui è dura, è spossante e davvero dei giorni mi bruciano le vene, soprattutto perché da anni vivo gravissimi problemi legati alla ricostruzione della mia casa e mi scontro con un sistema di ricostruzione che manca evidentemente di trasparenza. Insomma per poter continuare a vivere qui, vivere qui “bene”, insieme alle persone che amo, che stimo, ho deciso di partecipare al disegno della città che vivremo, insieme ai miei concittadini. L’Urban center si è rivelato il luogo più adatto per agire concretamente».
Lei che valutazione dà su quanto è avvenuto dal 6 aprile 2009 in poi in termini di ricostruzione materiale e sociale?
«Premesso che non è mia intenzione pontificare, le indico le mie semplici osservazioni da cittadina, che però non si sono innescate con il “senno del poi”, ma che mi erano già chiare mentre vivevo negli anni addietro le trasformazioni che hanno investito ciascuno di noi. La situazione che si è presentata all’indomani del sisma, come sappiamo bene, era catastrofica, una città distrutta da ricostruire, ma soprattutto da ripensare e riorganizzare e credo che l’impresa, titanica, sarebbe stata difficile per chiunque e non si può pensare irrealisticamente che ogni errore commesso poteva non essere fatto. Tuttavia era possibile pensare a scelte e decisioni a lungo termine più “felici” per tutti noi e il territorio. Le emergenze e le necessità della popolazione hanno attivato dei processi che incidono ancora oggi sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Credo che questo aspetto abbia prevalso impedendo visioni politiche di lunga gittata. L’idea di città che si è imposta non è stata condivisa e di questo paghiamo ancora oggi le conseguenze soprattutto in termini di frammentazione sociale, politica e territoriale. Di conseguenza si è proceduto a una ricostruzione a “macchia di leopardo” che ha reso, e rende tutt’oggi, il rientro in città per le attività e per gli abitanti ancora più complesso e per niente agevole. Molto è stato fatto sicuramente, le lotte e gli ostacoli sono stati non di facile lettura né di facile soluzione. Il Progetto Case è stata una risposta immediata, anche se non esaustiva, per l’alto numero di sfollati, ma è innegabile che la realizzazione di queste new town ha modificato in maniera definitiva l’assetto territoriale, urbano e sociale della città. Così come è innegabile che a distanza di dieci anni questi nuovi insediamenti siano ancora scollati dalla città stessa e che non si ha alcuna idea di come inglobarli e che destino avranno. Sono rammaricata e preoccupata per il destino delle scuole, così come per la sicurezza delle nostre case, della trasparenza e della legalità».
Ci sono state questioni non affrontate oppure affrontate male?
«Credo che la tematica davvero totalmente assente sia stata il lavoro, che non poteva e non doveva essere inteso solo come edilizia e ricostruzione. Questo tema, cruciale in tutto il Paese, nel nostro territorio aveva una valenza maggiore, perché avrebbe evitato l’emigrazione soprattutto di tanti giovani talentuosi. L’enorme afflusso di denaro per la ricostruzione, invece di dare un nuovo slancio a un territorio già in difficoltà, ha creato un divario ormai quasi insanabile tra i cittadini, arricchendo alcune categorie con conseguente concentrazione di capitale e impoverendone altre allo stremo. Questo non ha nulla a che vedere con il fenomeno naturale del terremoto, ma nasce dall’assenza di politiche al riguardo. In generale penso che l’amministrazione avrebbe potuto dare più voce ai cittadini per prendere spunti e aggiustare il tiro nel tempo, si sarebbe potuto innescare un processo virtuoso di ricostruzione e partecipazione che avrebbe fatto la vera differenza sia politica che sociale in una situazione tanto amara».
L’Urban center ha avuto un avvio travagliato e lo scorso anno ha perso all’improvviso il suo presidente. Come siete riusciti a ripartire?
«Nonostante l’Urban center non stesse affrontando da tempo un periodo sereno al suo interno, la prematura scomparsa del presidente Sbaffo ci ha lasciati attoniti e con la sensazione che ormai questa straordinaria opportunità per la città fosse persa definitivamente. Tuttavia molti di noi coltivavano ancora la speranza e la volontà di partecipare alla “nostra” ricostruzione. Perciò i soggetti più attivi hanno dato avvio, con una procedura di autoconvocazione, al nuovo percorso che ha portato in tempi brevi, all’elezione della sottoscritta, del Comitato scientifico e di tutti gli organismi statutari. L’intento di quest’ampia componente civica di matrice culturale che ingloba realtà associative, sindacali, professionali e imprenditoriali è quello di dotare la nostra comunità di una vera e propria “Casa della città”».
Può indicare tre o quattro ipotesi progettuali relative al ridisegno della città che possono essere messe in campo subito?
«Non è una domanda dalla risposta facile. Mi sono confrontata a lungo col Comitato scientifico per cercare una visione più condivisa possibile delle nostre azioni future. Veniamo da un percorso che non è ancora consolidato e non vogliamo fare grandi proclami, come si è soliti fare, che potrebbero venire disattesi e cadere in banali strumentalizzazioni. Lavoreremo con entusiasmo, ma con i piedi per terra perché questa fase di avvio resta ancora delicata e cruciale. Sono molti i progetti, i percorsi e le iniziative già avviate da singole realtà che seguiremo, così come tanti associati hanno iniziato a porre internamente una serie di tematiche delle quali l’Urban center si farà sostenitore, approfondendole, per poi condividerle con la cittadinanza nei prossimi mesi. Di altri progetti saremo promotori senza entrare nelle polemiche di breve corso in una visione politica da social network che non ci appartiene, ritenendo che la partecipazione vada realizzata concretamente e incontrandosi. Cercheremo nuovi modi per coinvolgere e informare la cittadinanza. Stiamo portando avanti il nostro impegno all’interno del Festival della partecipazione che si terrà a ottobre e contestualmente, un passo alla volta, consolideremo la metodologia necessaria e più adatta per il nostro contesto di riferimento, magari incontrando e prendendo ad esempio altri Urban center su tutto il territorio nazionale per mettere a confronto le rispettive esperienze. Sarà un percorso faticoso, ma stimolante, perché sarà attraverso il lavoro concreto che daremo e troveremo il vero senso di questo Urban center. Lo faremo insieme, andando oltre le teorie, le ipotesi e le visioni utopistiche che hanno rischiato di farci impantanare, lo faremo con il supporto e l’energia di tutti coloro che vorranno sentirsi parte di questa esperienza unica».
Quali sono oggi i rapporti con l’amministrazione comunale?
«Ci tengo a ricordare che il Comune, per statuto, è presente nel Comitato scientifico ed è rappresentato nella persona del sindaco pro tempore o di un suo delegato. La sua presenza, quindi, non è discrezionale ma fondamentale. L’assemblea ha da subito chiesto che venissero ripresi e rafforzati i rapporti con la nuova amministrazione. Perciò, in sinergia con il Comitato scientifico, abbiamo intrapreso un proficuo dialogo con l’assessore comunale alla partecipazione Francesco Cristiano Bignotti per concretizzare questa collaborazione».
©RIPRODUZIONE RISERVATA