Il professor Marinelli: «Cultura sul territorio con donne e giovani» 

Il programma dell’avvocato e docente universitario eletto alla presidenza della Deputazione di Storia Patria

L’AQUILA. L’avvocato aquilano Fabrizio Marinelli, docente universitario e storico del diritto, è stato eletto all’unanimità presidente della Deputazione Abruzzese di Storia Patria. L’elezione è avvenuta nel corso dell’assemblea dei soci che si è svolta nel teatro comunale di Orsogna (Chieti). Il neo-presidente ha rilasciato al Centro l’intervista che segue.
Professor Fabrizio Marinelli, lei è stato da poco eletto presidente della Deputazione abruzzese di storia patria: molti pensano che si tratti di una associazione di vecchi “parrucconi” o, nel migliore dei casi, di “topi” d’archivio o di biblioteca. Che ruolo ha avuto e ha, invece, la Deputazione nel panorama culturale della nostra regione?
«La Deputazione di storia patria, fondata nel 1888, è stata presieduta da intellettuali del calibro di Gioacchino Volpe, Vincenzo Rivera, Francesco Sabatini. Essa nasce per permettere l’incontro tra la storiografia locale e quella accademica, allo scopo di favorire la riscoperta e la conservazione delle fonti documentarie. È l’unica istituzione – a parte, ovviamente, le Università abruzzesi e pochissime altre – dove si fa ricerca storica, si elaborano idee, si pubblicano libri, si diffonde la cultura, non solo storica. Per me è stato un grande onore essere chiamato a presiederla. Nel mio discorso inaugurale ho sintetizzato così il mio programma: più giovani, più donne, più territorio».
Ha già in mente iniziative, pandemia permettendo?
«Non appena possibile vorrei presentare il bel libro di un giovane storico, Alessio Rotellini, sulla transumanza e i beni demaniali delle comunità del Gran Sasso. In dicembre vorrei festeggiare a Sulmona il dottor Ezio Mattiocco, che compie novantaquattro anni. In primavera organizzeremo un convegno su Gioacchino Volpe, grande storico italiano nato a Paganica, a cinquant’anni dalla morte, mentre in autunno vorrei dare risalto al ruolo svolto da Raffaele Colapietra nella storiografia italiana e abruzzese, in occasione dei suoi novant’anni. Come vede, aprire la Deputazione ai giovani non vuol dire dimenticare gli anziani».
La biblioteca “Anton Ludovico Antinori” e Sismaq, il sito che “racconta” il terremoto del 2009, sono tra i fiori all’occhiello della Deputazione. Ci sono idee e proposte per potenziarli ancora di più?
«Credo che occorra insistere sulla digitalizzazione delle pubblicazioni, sia per ridurre i costi sia per favorirne la fruizione, e sulla multimedialità dell’approccio storico, nel senso che occorre non solo pubblicare libri, ma anche realizzare dei filmati a scopo didattico che permettano di collegare la produzione scientifica della Deputazione con la didattica delle scuole e nelle comunità locali, perché è sulla storia, testimoniata dalle pietre, dalle opere d’arte, dai libri, che si fonda la loro identità culturale».
Quando la sede potrà tornare in centro storico?
«Abbiamo un accordo con l’Archivio di Stato che dovrebbe permettere alla Deputazione di essere ospitata nel complesso a fianco della basilica di San Bernardino, dove si trovava il Distretto militare. Ovviamente quando sarà restaurato».
Presidente, una domanda finale più personale. Lei ha molti incarichi prestigiosi in città oltre che l’attività di docente universitario e avvocato. Come conta di conciliare i suoi tanti impegni con questo nuovo ruolo?
«Le premetto due considerazioni: la prima è che mi rendo disponibile a lavorare in una città dove, complice anche il terremoto, ma non solo, l’identità cittadina si va perdendo. La mancanza di visione strategica per L’Aquila e per l’Abruzzo alla lunga produce inevitabilmente effetti negativi. Tuttavia, sebbene manchino i luoghi dove comprendere e discutere, non ho perso fiducia nel cambiamento e nel progresso. La seconda è che tutti e tre gli incarichi che ricopro al momento sono assolutamente gratuiti, il che è peraltro frequente nelle istituzioni culturali, molto meno nelle altre. Ciò premesso, ho già comunicato al ministro Gaetano Manfredi le mie dimissioni da presidente dell’Accademia di belle arti, dove mi auguro che venga al più presto nominato un nuovo presidente in grado di guidare un’Accademia artistica che, insieme al teatro e alla musica, sappia ridare smalto alla cultura aquilana e abruzzese, e soprattutto sappia sprovincializzarla, mettendola al centro di un dibattito dove la dimensione locale accresce e rafforza quella nazionale. Nel Rinascimento l’Italia non era una nazione unita, ma era formata da tante città che primeggiavano per dimensioni culturali: ritengo che L’Aquila possa, ancora oggi, così come in passato, dare un suo contributo in tal senso».
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