«Io in mezzo ai colpi della Uno bianca»

Il carabiniere Tocci racconta l’agguato di 24 anni fa e la sua battaglia per le vittime della banda che seminò terrore e morte

L’AQUILA. Il 30 aprile 1991 rimase gravemente ferito, insieme ad altri due colleghi, in un agguato della banda della Uno bianca, il gruppo di fuoco dei fratelli Savi che dal 1987 al 1994 seminò terrore e morte in Emilia Romagna. Ieri Vito Tocci, appuntato dei carabinieri in congedo, tornato già da diversi anni a vivere a Campo di Giove, è stato insignito dell’onorificenza di «vittima del terrorismo». Il riconoscimento a Tocci, crivellato quella notte di 24 anni fa con sette colpi sparati da fucili calibro 12, porta la data del 27 giugno dello scorso anno. Ieri, nel giorno della Festa della Repubblica, la cerimonia ufficiale con la lettura alla Villa comunale delle motivazioni e la consegna della medaglia d’oro. Una cerimonia breve, ma carica di emozione.

«Sono orgoglioso di aver fatto parte dell’Arma dei carabinieri», dice con un filo di voce Tocci subito dopo aver ricevuto dal prefetto Francesco Alecci l’onorificenza del presidente della Repubblica, a lungo attesa. «Dedico questa giornata a una persona che non è più con noi, all’avvocato Luciano Palmerio, che molto si è speso, e con grande umanità, per le vittime della banda della Uno bianca».

«Quella notte», racconta Tocci, «eravamo di pattuglia io Mino De Nittis e Marco Madama in una zona periferica di Rimini. Siamo rimasti vittime di un agguato così come era accaduto alcuni mesi prima al Pilastro di Bologna. Noi siamo stati più fortunati di quei tre nostri colleghi uccisi senza pietà sotto una gragnuola di colpi, ma la nostra vita da quel momento è cambiata per sempre». Vito Tocci fa fatica a parlare del suo calvario in ospedale, di quei quattro proiettili che non è stato possibile rimuovere e che sono ancora conficcati nella sua schiena. Un anno trascorso tra un ricovero e l’altro. Poi la lunga riabilitazione, il trasferimento a Popoli e il suo impegno come promotore dell’associazione vittime della Uno bianca di cui è stato anche presidente. «Sono stati anni tremendi», aggiunge, «e la cosa peggiore è stata scoprire che quei criminali che hanno teso agguati, seminato il terrore, ucciso 24 persone e lasciato sul campo 101 feriti, erano persone in divisa». Tocci scuote la testa, quasi a voler scacciare via i brutti ricordi e l’amarezza. «Da anni vivo a Campo di Giove in tranquillità. Ho una moglie e una figlia di 24 anni che ho rischiato di non conoscere», dice finalmente sorridente prima di lasciare la Villa comunale, mentre il prefetto stringe altre mani e consegna le medaglie d’onore ai familiari di cittadini deportati e internati nei lager nazisti e le onorificenze dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. ©RIPRODUZIONE RISERVATA