L'Aquila, Biasini ai giudici: mai stato vicino alla mafia

L'imprenditore si difende: se fossi stato con le cosche non avrei rinunciato ai contratti

L'AQUILA. «Ho dovuto rinunciare a 2 contratti in quanto non avevo i soldi per le anticipazioni. Se fossi stato in combutta con la mafia quei soldi li avrei avuti». E' quanto ha detto ieri al tribunale del riesame l'imprenditore Stefano Biasini che chiede di essere scarcerato. L'imprenditore, infatti, assistito dagli avvocati Attilio Cecchini e Vincenzo Salvi è stato ascoltato ieri mattina dai tre giudici del tribunale del riesame, presieduto da Giovanni Novelli.

Il giovane imprenditore, indagato per concorso esterno in associazione malavitosa insieme ad altre tre persone, ha esibito anche delle documentazioni che attestano le sue affermazioni. I legali chiedono una rilettura della considerevole documentazione probatoria creata da polizia e finanza. Finora il giudice per le indagini preliminari del tribunale Marco Billi, che ha firmato gli arresti, non ha condiviso le loro tesi difensive ma ora sono altri i giudici a valutare le carte. Di questo avviso non sono certo Cecchini e Salvi i quali tengono a ribadire che il loro assistito non aveva alcuna consapevolezza di avere a che fare con malavita organizzata anche perchè i contatti con costoro erano presi a Roma e non in Calabria. E gli incontri per motivi di lavoro si svolgevano, per l'appunto, nella Capitale. Inoltre, sempre secondo la tesi della difesa, Biasini, una volta appreso degli arresti di alcune persone in qualche modo legate a coloro con cui aveva avuto contatti, aveva sospeso qualsiasi rapporto essendosi reso conto, (ma solo allora) di avere avuto a che fare con soggetti dalla reputazione perlomeno dubbia.

Gli avvocati hanno chiesto la scarcerazione e in subordine gli arresti domiciliari sulla scorta delle valutazioni anzidette. La decisione dovrebbe essere comunicata questa mattina alle parti. All'udienza non ha partecipato la procura della Repubblica che ha ribadito, «per tabulas» ovvero con degli atti, il no alla scarcerazione sulla quale deciderà il riesame.

Una decisione certamente difficile da adottare ma le precedenti pronunce non sono confortanti. Infatti tre giorni fa lo stesso collegio ha respinto le richieste di scarcerazione di due indagati calabresi. Si tratta dei fratelli Antonino Vincenzo Valenti e Massimo Maria Valenti assistiti dall'avvocato Amedeo Ciuffetelli e da un legale calabrese. Secondo le prospettazioni della difesa gli indizi nei loro confronti era stati valutati come labili e indefiniti e di certo non inequivocabili come si prevede per il grave reato in questione. Inoltre viene contestato dai legali che gli arresti sono scattati dopo un anno dai fatti. E, pertanto, secondo la difesa, non ha alcun senso mettere in cella chi, al di là del merito, comunque da lungo tempo non sta svolgendo alcuna attività criminale.

Viene evidenziato, al tal riguardo, che Massino Maria Valenti da circa un anno è in precarie condizioni fisiche dopo un grave incidente. Per questo è ai domiciliari ma comunque, secondo la difesa, una misura cautelare nei suoi riguardi non ha alcun senso. Argomentazioni che sono state respinte da parte dei giudici. Considerazione che non lascia spazio a previsioni ottimistiche per Biasini anche se le ragioni forse le motivazioni della reclusione si sono affievolite.

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