L'Aquila, Cialente prima sbotta poi si dà una calmata: stimo il prefetto Alecci

Il sindaco dopo le sparate dei giorni scorsi prova a fare marcia indietro La riunione del comitato ordine pubblico si è svolto anche senza il Comune

L’AQUILA. Il prefetto Francesco Alecci non si è turbato più di tanto davanti alle sparate di Cialente. Ieri mattina ha regolarmente tenuto il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. C’erano tutti i rappresentanti delle forze dell’ordine meno che il comandante dei vigili urbani costretto a obbedire alle direttive del “capo”. Il prefetto ha ricevuto anche la rappresentante di un gruppo di donne che ieri mattina si è riunito sotto la prefettura per chiedere che non vengano avviati gli sfratti ai danni di chi anche volendo non è in grado di pagare. Fra di loro Italia Di Fabio, 52 anni, disoccupata con due figli a carico. Domiciliata nel quartiere antisismico di Cese di Preturo, deve pagare una cartella di quasi tremila euro, relativa alle cosiddette maxi-bollette comprensive di canone d'affitto, consumi e condominio. «Il governo non ci butti fuori casa, come ha già fatto il sisma» ha detto «sono mesi che ci tormentano per affitti e bollette non pagate, ma noi davvero non abbiamo i soldi e non dormiamo al pensiero di ritrovarci in mezzo a una strada. E poi» ha aggiunto «dove vado se ci buttano fuori?». Chiede un lavoro anche Sabrina, che ha portato con sé le bollette, tra cui quella da 2. 800 euro che sta cercando di pagare a rate: «Ma è dura, sono disoccupata» racconta «dopo 33 anni di lavoro mi ritrovo a non avere un reddito sufficiente a fare fronte a questi pagamenti. Vogliamo sapere che fine facciamo. Chiediamo al governo di aiutarci, dateci un lavoro».

Intanto il sindaco dal suo camper in giro per l’Italia ha diffuso una nota attraverso Facebook in cui di fatto fa marcia indietro dopo aver letto «brutti titoli, interpretazioni liberissime da parte di alcuni organi di stampa, espressioni della città e quindi dei suoi interessi, che descrivono un mio scontro istituzionale fatto di delegittimazioni di figure istituzionali e in primis del Prefetto. Non è certo alla stampa che mi rivolgo, ma ai cittadini, che credo, in scienza e coscienza, di stare difendendo tutti, insieme a questa povera città martoriata. Le letture di ogni evento come scontro tra guelfi e ghibellini sono categorie ormai superate che dovrebbero essere lasciate forse solo, in modo non violento, sugli spalti degli stadi. Il sindaco dell'Aquila non ce l'ha né col Prefetto, al quale riconosce anzi il difficilissimo lavoro che sta conducendo e ribadisce sinceri attestati di stima, né con la Guardia di Finanza o con la Polizia, o con i Carabinieri o con la Corte dei conti. Come del resto sono convinto che la Procura della Corte dei Conti, o la Guardia di Finanza, e tutte le altre istituzioni non mi stiano delegittimando o ce l'abbiano con me. Al contrario, la mia battaglia è su due versanti. Il primo, difendere comunque questa città ed il cratere come ho sempre fatto, anche con scelte ridicolizzate dalla stampa come la vicenda della fascia restituita al Presidente Napolitano. Tutti sanno, perché ufficialmente detto dallo stesso Enrico Letta, che senza quell'atto non sarebbe stato erogato il famoso miliardo e duecento milioni di euro con il quale si stanno ricostruendo i comuni del cratere e la ricostruzione si sarebbe fermata già dal settembre dello scorso anno. La seconda battaglia, e su questo mi sento in sintonia con il nuovo Governo, è quella di farsi carico del dovere, che dovrebbe essere proprio di ogni cittadino, di mettere in evidenza tutte le contraddizioni ed incoerenze normative, legislative o burocratiche dello Stato che proprio a L'Aquila, area di assoluta emergenza e crisi, si appalesano con maggiore evidenza e con effetti devastanti. Il terremoto dell'Aquila ed i numerosi ed importanti problemi ed esso legati, hanno evidenziato con la massima intensità tutti i punti nevralgici del paese che non funzionano, come in un'automobile si evidenziano problemi meccanici e di carburazione solo quando è al massimo dei giri. Un mese fa, il garante per la privacy mi ha condannato ad una multa di 12.000 euro perché, in sede di censimento dei residenti dei progetti C.a.s.e. e M.a.p. avremmo osato chiedere, per coloro che l'avessero voluto, di presentare l'Isee vale a dire il modello reddituale con il quale qualsiasi amministrazione stabilisce se un nucleo familiare ha diritto o meno a prestazioni di aiuto di natura sociale. Cosa deve fare un'amministrazione comunale? Se prova ad acquisire elementi scatta il garante della privacy, se non lo fa scatta la Procura della Corte dei Conti. Ha un futuro in Europa un Paese così?». (red.aq.)