L’aquilano Ferrari reinventò la Polizia 

Fu a capo della Pubblica sicurezza nazionale dal 1944, nell’Italia difficile divisa tra occupazione nazista e Sud liberato

L’AQUILA. Tra i protagonisti del periodo compreso fra il 1944 e l'immediato secondo dopoguerra ci fu un aquilano, Luigi Ferrari, personaggio che nel capoluogo è stato quasi dimenticato, ma che ebbe un ruolo importante nella riorganizzazione delle forze di Polizia.
CHI ERA. «Nato all'Aquila nel 1888, Luigi Ferrari entrò in magistratura nel 1912 e, dopo aver prestato servizio come sostituto procuratore a Bergamo, Brescia e Milano, ebbe nel 1934 la nomina a sostituto procuratore generale della Corte d'Appello di Roma. Nel 1940 fu nominato sostituto procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione. Come consigliere di Cassazione esercitò le funzioni di presidente della Corte di Assise di Roma e poi di procuratore generale nella stessa città». Così è scritto nel volume “I Capi della Polizia. La storia della sicurezza pubblica attraverso le strategie del Viminale”, a cura di Annibale Paloscia e Maurizio Salticchioli.
GOVERNO BONOMI. Ferrari fu nominato Capo della polizia dal governo Bonomi, su indicazione del Re, il primo agosto del 1944, in uno dei momenti più difficili: metà dell'Italia era ancora occupata dai nazisti; si manifestavano fenomeni di banditismo in alcune province del Sud; nell'Italia liberata la mancanza di generi alimentari e di lavoro provocava proteste che, spesso, assumevano forma di rivolta.
GUERRA AL BANDITISMO.
Nei primi giorni di lavoro, Ferrari si dedicò a riorganizzare i servizi di polizia nella capitale, dove, in alcuni quartieri periferici, operavano bande di criminali. I servizi statali e municipali di polizia furono unificati e messi alle dipendenze del questore per fronteggiare le emergenze. Ferrari richiamò i principi rifondativi della Pubblica sicurezza in una circolare trasmessa il 21 novembre del 1944 «agli alti commissari per la Sicilia e Sardegna e ai prefetti dell'Italia liberata».
ASSICURARE L’ORDINE. Era un testo che sottolineava “i valori di democrazia, di dedizione alla patria e di libertà”, affidati in quel momento alla polizia: assicurare l'ordine e garantire l'incolumità e i beni di tutti i cittadini. «Nel 1945 il problema dell'ordine pubblico divenne drammatico», scrivono gli autori del libro, «il ripristino della sovranità dello Stato si scontrava con situazioni pericolose. Al Sud dalle rivolte dei contadini erano nate alcune Repubbliche separatiste. Nel Nord, dopo il 25 Aprile, che aveva liberato l'Italia dalla dominazione nazista, gli strascichi delle lotte tra i partigiani e le formazioni fasciste provocavano molti omicidi.
PREFETTI E QUESTORI. In quella situazione eccezionale l'ordine pubblico, la repressione del mercato nero e il ripristino dei servizi di vigilanza stradale, ferroviaria e portuale, furono assicurati, nell'Italia settentrionale, dai prefetti e dai questori nominati dai comandi della Resistenza, ma tutte le forze politiche che partecipavano al governo del Paese convenivano sulla necessità di restituire allo Stato pienamente e nel più breve tempo possibile, autorità e funzioni.
NUOVA PUBBLICA SICUREZZA. Ferrari riorganizzò la direzione generale della Pubblica sicurezza e i quadri direttivi delle questure con personale di carriera e fece degli aumenti di organico, arruolando ufficiali e partigiani provenienti dalla Resistenza, dall'esercito o da organismi disciolti della vecchia polizia come, la Pai (Polizia dell'Africa italiana) nella quale avevano operato uomini e reparti che si erano schierati con la lotta di liberazione. Sotto la guida di Ferrari, la direzione generale della Pubblica sicurezza (nel cui ambito fu introdotta la figura dell'ispettore generale capo, al quale poteva essere affidata una questura di particolare importanza) fu in grado di provvedere alla ricostituzione dei servizi di polizia nei settori strategici della sicurezza: l'ordine pubblico, il contrasto alla eversione e alla criminalità comune, la vigilanza sulla circolazione stradale e sulla rete ferroviaria.
NASCE IL SIS. Nel febbraio del 1946 Ferrari costituì, nell'ambito della direzione Affari generali e riservati, il Sis (Servizio informazioni speciali). Nel 1948 il Sis fu sciolto e le sue funzioni furono assunte dalla divisione Affari riservati, resa autonoma dagli Affari generali e messa alla diretta dipendenza del Capo della polizia.
LA CELERE E TOGLIATTI. La prima compagnia Celere, composta di cento uomini, fu costituita da Ferrari in vista del referendum del 2 giugno 1946 sulla forma istituzionale dello Stato.
Il 14 luglio 1948 il segretario del Partito Comunista, Palmiro Togliatti, mentre usciva dal Parlamento, subì un attentato. Ferrari, un mese dopo i fatti, inviò a Scelba un rapporto di nove pagine, in cui si ipotizzava «l'esistenza di un piano insurrezionale, preparato e diretto da un organismo che ha ben chiara la visione degli obiettivi che intende perseguire».
MINISTRO. Il 12 settembre 1948 Ferrari lasciò la guida della polizia e passò al ministero di Grazia e Giustizia, dove per cinque anni ebbe l'incarico di direttore dell'amministrazione degli istituti di Prevenzione e pena. Morì a Roma nel 1955.
NIPOTI ALL’AQUILA. All'Aquila – dove Ferrari tornava spesso dai genitori e alcuni fratelli – all'ex capo della polizia è stato intitolato il carcere minorile.
Oggi nel capoluogo vivono due suoi nipoti, Marcello Silvj, dipendente della Commissione tributaria regionale, e l'architetto Giuseppe Santoro.).
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