Macerie, altolà del prefetto

Gabrielli: se va avanti così smaltiamo in 50 anni.

L’AQUILA. «Se continuiamo così, le macerie le spostiamo in 50 anni». Il prefetto Franco Gabrielli, vicario della struttura commissariale per l’emergenza, non usa parafrasi. «Le macerie? Sono “il” problema», dice seduto al tavolo di lavoro nella sede del palazzo del governo alla Finanza di Coppito. «Va bene una legge speciale, ma dico no al rompete le righe. Finora le cose fatte sono del tutto inadeguate».

I sindaci sono allarmati per le visite di strani personaggi che vogliono le macerie. Come difendersi?
«Il mio richiamo a vigilare è stato lanciato nell’ambito di una più ampia ricognizione di problematiche che attenevano alla ricostruzione, alla presenza del commissario Bertolaso. Trattando della questione macerie ho ricordato loro che, per legge, ogni sindaco deve provvedere all’individuazione delle discariche. Ho detto pure che, stanti le complessità che erano emerse già nella vicenda aquilana, visto che i Comuni del cratere sono 57 e non tutti hanno la forza, la capacità, la disponibilità di personale che può avere un capoluogo, era doveroso consorziarsi. Ma prima di tutto che bisognava prestare particolare attenzione a queste problematiche, perché su queste ci si fa male, in tutti i sensi. Non solo e non tanto per la possibilità che ci siano infiltrazioni quanto perché, ormai, vige una normativa estremamente severa per cui certe cose non si possono fare aprendo buche nel terreno e riversando in maniera indiscriminata tutto quello che c’è da riversare. Le macerie sono rifiuti estremamente complessi».

Per quali motivi?
«Non sono solo inerti. Se così fosse, non ci sarebbero problemi. Ma dentro c’è tutto quello che si può recuperare in abitazioni, magari datate: amianto, materiali pericolosi, olii, sostanze chimiche. Esiste una problematica legata alla complessità della materia e una legata all’obbligo dei sindaci di essere loro i soggetti che devono trovare discariche nei singoli Comuni. Per le esperienze aquilane ho suggerito ai Comuni di prestare assoluta attenzione e di mettersi insieme, per la complessità e per i numeri delle macerie».

La previsione di tre milioni di metri cubi è esatta?
«Per il Comune capoluogo le quantità sono enormi, per i paesi un po’ meno. Ma i conti si faranno soltanto alla fine. Il punto è questo. Allo stato attuale quello delle macerie è “il” problema. Finora, nonostante gli sforzi e gli impegni da parte di tutti, le cose che sono state realizzate sono assolutamente inadeguate. Inadeguate per le dimensioni dei siti individuati, inadeguate con riferimento alle procedure che, in qualche modo, sono estremamente complesse e farraginose. Quindi, è necessario un intervento complessivo che veda i vari soggetti coinvolti, Regione, Provincia e i sindaci, che facciano sistema tutti quanti e diano una risposta rapida perché, così facendo, le macerie le smaltiremo in 50 anni».

È allarme?
«Non è questione di allarmismo. Sono cose che stanno sotto gli occhi di tutti, non ci vuole il prefetto per dirlo. C’è l’impegno di Bertolaso che sta vedendo di trovare strumenti normativi per rendere quanto più speditiva possibile la raccolta delle macerie. C’è la presenza, sul territorio, dei vigili del fuoco, che potrebbero essere impiegati per lo smaltimento. Ma anche per procedure complicate non sempre c’è una risposta adeguata. Ma non ci sto al gioco del crucifige. Il problema ha due corni: primo la vastità di macerie da smaltire. Secondo la complessità delle procedure imposte dalla vigente normativa. Parafrasando Marquez, “L’amore ai tempi del colera”, dico che questo è il terremoto ai tempi di Internet e della legislazione comunitaria. Internet perché tutti sono ingegneri strutturisti, sismologi e tutti discettano di tutto. Di converso, c’è la legislazione comunitaria particolarmente stringente nelle limitazioni sul versante ambientale. Il che, se da un lato, come cittadino, mi trova concorde, sta di fatto, tuttavia, che ci sono eventi che stravolgono quest’ordinarietà e se ne dovrebbe tenere conto».

Basterà semplificare le normative?
«Sì, sono d’accordo. Nella misura in cui questo non significhi un rompete le righe. Il problema è sempre quello. Da un lato rendere più flessibili, aderenti alla complessità delle situazioni determinate normative, come credo sia nella natura delle cose. Dall’altro conservo la preoccupazione che questo possa diventare un Cavallo di Troia per far entrare cose che col legittimo snellimento non hanno nulla a che vedere. Sì a norme più snelle ma anche alla salvaguardia di beni e interessi che quelle norme tutelano. Il commissario ha a cuore questa situazione e sta lavorando per dare risposte immediate. È anche vero che l’entità di quello che dovremo gestire non si esaurisce nella fase, comunque temporalmente definita, della struttura commissariale».

Il rischio mafie aumenta con le macerie?
«No. È una questione intorno alla quale ruotano una serie di altre problematiche. Se non si smaltiscono le macerie è complicato pensare a una tempestiva ed efficace ricostruzione. L’altra questione è pià complessiva ed è il business che ruota attorno all’evento terremoto. Ma al pari della ricostruzione edilizia e dello sviluppo che si andrà a realizzare sul territorio e ai flussi di denaro che, chi a titolo truffaldino, chi criminale, chi affaristico, ha interesse a intercettare. Ma è come dire che l’acqua sta al mare. Pericoli particolari non ce ne sono. E io, finora, dai sindaci non ho avuto segnalazioni che ci portino a dire che soggetti particolari stiano svolgendo attività volta a intercettare denaro pubblico sul versante macerie».

L’Aquila e l’Abruzzo oggi sono più a rischio di sbarchi indesiderati?
«Esistono due estremi. Chi dice che siamo circondati dalla mafia che ci toglie il respiro. Chi dice che tutto è normale e non succederà nulla. Ma c’è la terza via. Qui arriveranno fiumi di denaro pubblico. Non è escluso che chi li vuole intercettare abbia già cominciato a stendere le antenne. Ma chi governa le risorse e chi controlla i flussi deve impedirlo».